Sicilia, L’isola che c’è di Gaetano Basile è l’ultimo, in ordine di tempo, dei tanti libri dedicati all’incomparabile triangolo lambito dall’azzurro del Mediterraneo. Terra du suli, du mari e du ventu, terra di contraddizioni infinite, terra bella e maledetta che mai smette di stupire chi la visita e finanche chi qui nasce e cresce. Terra fonte di ispirazione per poeti, scrittori, saggisti, giornalisti, terra che racchiude cultura, bellezza, ricchezze naturalistiche ed artistiche come poche.
Non è una questione di puro campanilismo la mia: in questa terra sono nata e vivo è vero e non potrei immaginare di vivere altrove, è il suo fascino, invece, le sue incommensurabili bellezze che non smettono di ammaliare chi si trova a visitarla e qui ritorna, catturato dal suo potere di attrazione. Un connubio perfetto di mari e monti, di sole e cielo, di tradizioni antiche e cultura, di grandi ricchezze ed estreme povertà ne caratterizzano l’essenza e finiscono per influenzare il modo di essere e di vivere dei suoi figli.
Figli nati da incroci di razze, popoli e culture, figli che portano nel DNA i colori e le caratteristiche dei popoli nordici mescolati a quelli arabi, figli che hanno nei cromosomi il culto del bello e l’antica sapienza, l’indolenza e l’operosità, le aperture e le chiusure ereditati dai popoli che in questa terra hanno stabilito i loro domini e lasciato indelebili tracce.
Tutto questo sa chi, come Gaetano Basile autore di Sicilia. L’isola che c’è, è nato in terra sicula e di lei scrive
Gaetano Basile, giornalista, scrittore, autore televisivo, appassionato di enogastronomia è palermitano: nato il 16 novembre 1937 ha al suo attivo numerose collaborazioni con alcune delle maggiori testate giornalistiche siciliane e non. Autore di vari libri e di testi teatrali, ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti. Fra le sue pubblicazioni diverse sono edite da Flaccovio Editore e fra esse Sicilia, L’isola che c’è.
Scrivere mi piace da morire, mi aiuta a coltivare l’esercizio della memoria e mi rilassa dalle tensioni
Come dare torto a Gaetano Basile quando afferma quanto riportato sopra? E come non essere d’accordo con lui quando scrive della sua terra affrontando argomenti che spaziano dalla cultura, alla storia, agli aneddoti, alle ricette di questa Sicilia che definisce “isola che c’è” malgrado sia spesso dimenticata o considerata un’appendice dello Stivale che potrebbe anche non esserci?
Sicilia, L’isola che c’è di Gaetano Basile non è un libro recente, la prima edizione risale a vent’anni fa. Da allora il libro è stato riedito ben sette volte: l’ultima edizione arriva in libreria proprio in questi primissimi giorni di luglio 2021 ed è curata dalle edizioni Flaccovio. Utilizzato e copiato da diversi autori in altre pubblicazioni, il titolo è giocato sulla base della storia che riguarda la famosa isola Ferdinandea: in pratica un isola di origine vulcanica situata nel Canale di Sicilia, fra Sciacca e Pantelleria che nel corso dei secoli ha avuto molti altri nomi: Giulia, Nerita, Corrao, Hotham, Graham, Sciacca.
Coperta dai flutti del mare siciliano, è nascosta agli occhi dei naviganti: l’ultima emersione è avvenuta nel 1831, quando facendo capolino tra le acque, suscitò l’interesse internazionale. Il minuscolo lembo di terra vulcanica fu considerato un eccezionale punto strategico, sia per scopi commerciali che militari. La natura però se ne frega delle strategie umane e il mare si è appropriato della piccola isola vulcanica facendole regalare l’appellativo di “isola che non c’è”.
Una piccola curiosità questa che non c’entra nulla con il libro di Gaetano Basile ma che ho voluto raccontarti per riallacciarmi alla scelta del titolo del titolo, Sicilia, L’isola che c’è. Il nostro autore invece, racconta la Sicilia che c’è e vuole esserci a pieno titolo perché possiede tutti gli attributi necessari per esserci… Eccome!
Sicilia. L’isola che c’è di Gaetano Basile
Nelle intenzioni dell’autore, questo libro insolito sulla Sicilia meno nota è un reportage per chi ci è nato e non vede l’ora di andarsene; per chi l’ama o la detesta. Ci si potranno trovare altre buone ragioni: conoscerla meglio o parlarne male, oppure venirci o tenersene lontano. Anche se racconta solo una fetta della Sicilia che c’è. In realtà, è come un grappolo di zibibbo: ha il sapore dolce e persistente della Sicilia di un tempo e di quella che ancora resiste alla globalizzazione.
Quelli in Sicilia. L’isola che c’è sono racconti che emozionano, come quegli acini dolcissimi. Se poi, a distanza di tempo, venisse voglia di rileggerlo ci si troverebbe un gusto come di uva passa, quel sapore più maturo, ancora più dolce, perché si potranno apprezzare sfumature forse sfuggite alla prima lettura. Spesso frettolosa. Come lo zibibbo, è unico e irripetibile. Come quello matura nell’isola di Pantelleria, questo non poteva che nascere dell’anima di un siciliano vero e viaggiatore attento che prescinde dai luoghi comuni e dagli stereotipi.
Un viaggiatore capace di trasferire le proprie emozioni dagli ultimi paradisi come Linosa e Marettimo, a quello dei miti incarnati nella religiosità di oggi. Non trascurando i piaceri della cucina ricca di mille incanti.