Per la nostra rubrica dedicati ai grandi Classici della letteratura, oggi vi parlerò del De Profundis opera di Oscar Wilde. L’autore inglese scrisse l’opera nel 1897, mentre era in carcere, perché condannato di omosessualità. L’opera è una sorta di lettera dedicata al suo presunto compagno Alfred Douglas.
Nessuno, piccolo o grande, non si può rovinare che con le sue proprie mani.
Il De Profundis di Oscar Wilde
Il titolo dell’opera preannuncia che lo scrittore scaverà profondamente nella sua anima per esternare pensieri, rimembranze, ossessioni ed evoluzioni intellettuali che caratterizzarono ed accompagnarono la sua permanenza in carcere. Attraverso l’accuratezza e l’erudizione dei periodi wildeiani, è inevitabile tra l’altro, nella lettura della lettera, ripercorrere passo passo gli avvenimenti della vita dello scrittore, dall’incipit della sua amicizia con il narciso Alfred Douglas, passando per le sue esperienze processuali durante lo scandalo che lo fece condannare per omosessualità.
De Profundis è il titolo attribuito dopo la prima pubblicazione (censurata) nel 1905. La versione integrale del manoscritto originale è stata pubblicata dopo il 1960. Wilde mostra la propria evoluzione spirituale avvenuta in carcere e dalla quale emerge come tema principale quello dell’auto-realizzazione. Questa lettera divenne una sorta di autobiografia che Oscar Wilde scrisse in tre mesi. Si tratta di 20 fogli scritti a mano, per un totale di 50.000 parole, in forma di lettera.
Apologia del dolore
Oscar Wilde fu denunciato dal padre di un suo amato, ovvero Lord Alfred Douglas, che l’aveva pubblicamente additato come corruttore del giovane figlio.
Questo libro è davvero il passaggio finale della vita di Wilde, la sua ultima opera, in un certo senso il suo testamento spirituale, affidato al giovane Alfred. Ma il De Profundis fa anche chiarezza su questo rapporto, che in molti hanno voluto idealizzare o mistificare. Non è vero, infatti, che quella tra i due fosse una storia d’amore idilliaca, spezzata dal clima sessuofobo ed intollerante dell’Inghilterra vittoriana: è vero, al contrario, che Oscar Wilde fosse totalmente soffocato dal giovane Alfred, ragazzo dissoluto, superficiale ed opportunista, di cui però il grande scrittore irlandese era divenuto letteralmente succube.
Ogni più piccola azione quotidiana forma o deforma il carattere e, per conseguenza, ciò che si è compiuto nel segreto della propria intimità si sarà poi costretti a proclamarlo al mondo intero.
Nella lettera l’autore descrive, con una tensione emotiva veramente drammatica, la volgarità di Alfred, il modo in cui il ragazzo si serviva di lui solo per ottenere soldi, vino e feste; il suo penoso narcisismo e la sua rabbiosa rivendicazione di ogni capriccio. Perfino la colpa della sua condanna alla prigione, per Wilde non è da attribuire alla società o al padre del ragazzo, ma allo stesso Alfred.
Dallo scritto si capisce che non fu Wilde a plagiare il ragazzo, ma che in realtà fu proprio il giovane e spregiudicato Alfred a sottomettere, gettandolo in uno stato di soffocante sudditanza, il più grande scrittore dell’Inghilterra vittoriana. Wilde quando parla di lui non mostra alcun rancore e nessuna rabbia, ma solo una amara delusione.
Chi addita Oscar Wilde come libertino e come precursore dell’orgoglio gay si sorprenderebbe di leggere le righe in cui confessa il proprio amore per la moglie ed il rammarico per averla delusa, ed in cui rimpiange che il rapporto con Alfred non si sia mantenuto casto, solamente spirituale:
Mi biasimo di aver lasciato che un’amicizia non intellettuale, un’amicizia il cui primo scopo non era la creazione o la contemplazione di cose belle, dominasse interamente la mia esistenza.