Della paternità si parla, ma forse mai abbastanza, forse non nei termini giusti, forse ne parlano più le mamme dei padri, più i professionisti che i padri stessi. A volte, all’improvviso, qualcuno di loro esce allo scoperto.
Dario Benedetto ha deciso di farlo perché è un papà di 40 anni.
Dario Benedetto lo ha dichiarato apertamente quando ha debuttato nel 2018 con lo spettacolo Walking Dad-Nato Sotto il Segno dei Gamberi, e in un secondo momento, precisamente il 28 marzo 2019, riesce a pubblicare il romanzo omonimo con la casa editrice BookaBook.
Ti sei definito un tuttofare, sperimentatore di mille attività, che ti hanno portato a presentarle in scena in forma di monologo; un po’ come si usa fare negli States, in tanti locali dove al costo di una birra e un panino ciascuno può raccontare, su un palco improvvisato, quello che gli pare.
E di questi monologhi hai creato spettacoli che continuano ad essere particolari, soprattutto nel titolo.
Com’è nato lo spettacolo di teatro e poi la decisione di farne un libro?
A dirla tutta, è stato il contrario. Prima è nato un diario personale legato ai sentimenti e non agli eventi legati alla paternità.
Poi mi sono accorto che sarebbe stato bello condividerlo, quindi ho progettato la storia per il libro.
Lo spettacolo è nato dopo, una sorta di riassunto con il vantaggio di usare il corpo e il ritmo oltre al testo.
Un libro e uno spettacolo sulla paternità. Ti rivolgi solo ai padri? Cosa vuoi dire loro e cosa pensi che loro vogliano sentirsi dire da te?
Questa domanda torna spesso. No, mi rivolgo a tutti.
La storia è di un uomo che impara ad andare in bicicletta a quarant’anni.
Per un malinteso con la polizia viene portato in questura mentre pedala, pensa alla vita da padre novello, usando l’equilibrio come metafora nella vita e sulle ruote.
Ovviamente i padri sentiranno un coinvolgimento maggiore, come quando leggi di una storia d’amore simile a quella che stai vivendo in quel momento.
Vorrei dire che non sono i soli ad essere confusi e felici come diceva Carmen Consoli.
Nel libro vengono raccontati questi piccoli Fight Club dove i padri si ritrovano per definire una nuova Grammatica della Tenerezza, si chiamano i Breaking Dads.
Cerco di esprimere empatia, perché non è facile parlare di sentimenti per un maschio.
..e alle mamme cosa dici?
Le mamme sono le vere lettrici, quando lo finiscono lo passano al marito.
La maternità ha una letteratura sterminata, quindi leggere un punto di vista diverso e molto intimo le incuriosisce.
Dico di vedere un padre come se fosse diesel, acceleriamo piano ma poi ci arriviamo.
Perché, secondo te, si continua ad usare il termine Mammo pur in presenza di papà che svolgono bene il loro lavoro? Siamo ancora molto lontani dalla parità nel lavoro di cura?
Mammo è una parola da abolire.
Ma è normale, siamo le prime generazioni di padri che si confrontano con l’idea di parità.
I miei nonni, i miei zii non hanno mai cambiato un pannolino, ma non c’è nulla di male in questo.
Si occupavano del lavoro e non veniva richiesto altro a livello sociale.
Quello era il contesto e andava bene così.
Oggi è cambiata la percezione, ma siamo ancora nella fase dell’entusiasmo.
Se vediamo un papà al parco che cambia un pannolino e spinge sull’altalena i figli lo elogiamo, diciamo che è un bravissimo papà. Ma è la quotidianità, non serve esaltarci, serve logistica.
Ad ogni modo le cose stanno cambiando, anche a livello legislativo. Un passo per volta, ma la direzione è giusta.
Leggendo qualche notizia sulla tua carriera ho notato “un grande avvenire dietro le spalle” (come un noto attore ebbe a dire di se stesso).
Lo scrivere fa parte della tua vita da diverso tempo? Che tipo di esigenza o bisogno riempie nella tua vita?
Che frase magnifica di Gassman, grazie.
Scrivere per un pubblico è una cosa abbastanza recente. Scrivevo i diari da ragazzino per averne memoria, poi rileggendoli trovavo utile la narrazione di un evento, il suo punto di vista che con il tempo si dimentica.
Quando ho scritto il primo spettacolo (Non c’è Musica In Finlandia), l’ho fatto per confrontarmi, per capire cosa poteva funzionare. E andò bene, avevo capito che quel tipo di narrazione poteva essere coltivata e studiata meglio per trasformarsi in lavoro.
Non è una vera esigenza, ci sono periodi in cui non scrivo nulla e non ne sento la mancanza.
Diciamo che la scrittura aiuta perché é comoda, è ferma. Se voglio comunicare qualcosa lo faccio sempre con la scrittura, perché rimane.
La cosa che più mi ha colpito leggendo, brevi note di biografia colte qua e là, si avverte forte un trascorso di una grande sensibilità.
Dolori, cadute, delusioni, mancanza di stima, è questo che ti ha spinto a diventare ciò che sei?
Ho vissuto e vivo una vita abbastanza comune. Momenti più felici e altri meno.
Credo che l’ironia, che avevo anche da bambino, serva ad alleggerire la personale narrazione della propria esistenza.
Ricordo mio nonno Rosario, che visse guerre e povertà, come un uomo incredibilmente spiritoso.
Illuminava tutti con poche cose, quella è la mia ambizione.
Se li condivido è perché trovo controproducente lamentarmi di qualcosa o di qualcuno.
E perché te ne liberi con il sorriso, sperando sia lo stesso per gli altri.
In teatro mi piace essere ascoltato, ma fuori adoro ascoltare.
Credo sia tutto qui.
Non è importante ciò che siamo diventati quanto lo scoprire ciò che siamo dentro, è questo quello che vuoi trasmettere con i tuoi libri?
Ricordo ai nostri lettori che oltre a Walking Dad-Nato sotto il segno dei gamberi, c’è un altro tuo libro Piglia l’uovo che ti sbatto.
In buona sostanza mi piace suscitare una bella emozione, che sia ridere o commuovere.
In Piglia Un Uovo che Ti Sbatto il contesto è diverso, qui c’è una confessione semiseria davanti ad uno psicoanalista poco prima di fare quarant’anni.
Un testo che è nato dalla noia di quel periodo, molto schietto, “brutalmente comico” come lo definì un giornale.
Ho una Laurea in Psicologia Clinica, mi piace sviscerare come siamo fatti per metterci sempre in gioco.
Ed ora una domanda ovvia, chi è Dario Benedetto?
Un uomo che cerca di esplorare, sia in bicicletta che in famiglia.
Siamo alla fine della nostra intervista ma non posso chiudere senza un’ultima domanda!
Progetti per il futuro?
La pandemia, inutile dirlo, ha bloccato tutti i progetti quindi questo è il momento di capire come costruire un piano B.
Sto scrivendo un testo su un tema estremamente comico, che è la depressione.
Ho una rubrica che si chiama Radio Ulna su E45 Radio.
Un libro di ricette di Gregory Speck, il mio alter ego.
Formazione e didattica on-line.
Aspettiamo, tutti, la luce in fondo al tunnel.
Speriamo non sia un camion.
Nel ringraziare infinitamente l’autore per questa bellissima chiacchierata gli chiedo:
Un piccolo messaggio da parte tua ai lettori e alle lettrici di iCrewplay
Ciao a tutti.
Non smettete mai di leggere e condividere le vostre opinioni sui libri.
Perché come diceva Woody Allen “Leggo per legittima difesa”.
Dario Benedetto Gregor