Della storia di Santo Rullo e della sua squadra di calcio avevo sentito parlare ma in modo superficiale.
L’ho compresa meglio dopo aver visto Crazy for Football il film andato in onda ieri sera su Rai I e, ammetto le emozioni provate sono state reali e forti quanto quelle create dalla storia stessa.
Crazy For Football, matti per il calcio, dalla realtà alla fiction
Al di là della capacità interpretativa di Sergio Castellitto, come sempre immenso, e degli attori che hanno recitato i ruoli nella fiction, sono rimasta decisamente colpita dall’esperienza emotiva e terapeutica della storia in sé. E non potrebbe essere diversamente.
Se non hai avuto l’opportunità di sintonizzarti ti spiego brevemente di cosa sto parlando. Crazy for football si rifà ad una storia realmente accaduta nel 2004 quando Francesco Trento e Volfango De Blasi insieme allo psichiatra Santo Rullo realizzarono un documentario dal titolo “Matti per il calcio” basato sulla storia di Gabbiano, squadra di calcio a 5 composta solo da pazienti psichiatrici.
Un’esperienza che all’epoca dei fatti attirò l’attenzione di alcuni psichiatri giapponesi incuriositi dal progetto. Tornati in Giappone decisero di organizzare un Mondiale di calcio a 5 per persone con patologie psichiatriche prendendo spunto dal progetto dello psichiatra romano.
Successivamente lo stesso Di Biase ha voluto portare il documentario sul piccolo schermo. Saverio Lulli che nel film viene interpretato da Castellitto nella realtà si chiama Santo Rullo, laureato in Medicina e specializzato in psichiatria. Oggi è medico responsabile Amministrazione di Roma Capitale.
E’ stato il primario Psichiatra presso una Casa di Cura Neuropsichiatrica di Roma e Coordinatore di un Centro Collaboratore con l’Oms. Un medico in ogni caso fuori dagli schemi che ha scelto di vivere la sua vita nello stesso modo,
“Interista, psichiatra, curioso delle vite degli altri, incurante della propria, due figli, ma una sola moglie”.
In effetti al di là dei personaggi non vi è nessuna differenza tra la fiction e la realtà. Per lo psichiatra romano, lo sport sembra essere, insieme alla terapia medica, lo strumento giusto per aiutare i pazienti a socializzare e a stare meglio.
“lo sport è facilmente accessibile, stimola l’autostima e l’autoconsapevolezza, incoraggia la socializzazione, l’appartenenza al gruppo e la coesione sociale, in particolare in situazioni di vulnerabilità e fragilità”.
Da qui parte l’idea di creare una squadra di calcio formata dagli stessi pazienti facendoli partecipare al campionato di calcio a cinque. Un progetto ambizioso che chiaramente non incontra il favore del sistema sanitario che rifiuta di sostenerlo economicamente.
Il sogno si realizza con la complicità dell’allenatore Enrico Zanchini e il preparatore atletico Vincenzo Cantatore, ex pugile campione europeo e mondiale dei pesi massimi leggeri e assistente tecnico fino a un anno fa nel team di Mihajlovic al Bologna.
Crazy For Football, lo sport per sognare ancora
Un team a tutti gli effetti che in poco tempo crea il Gabbiano, formazione di calcio a 5 composta da pazienti psichiatrici, una esperienza che ha coinvolto a livello globale grazie alla nascita dell’International football committee on mental health, di cui Santo Rullo è presidente.
Anche la FGC (Federazione gioco calcio) collabora e sostiene lo psichiatra nell’organizzazione concedendo l’uso delle divise ufficiali. Per i ragazzi vestire la maglia azzurra è diventata la speranza di un futuro migliore, la possibilità di rivelarsi nelle loro fragilità, quanto quella di sbagliare, la libertà di essere finalmente se stessi.
Prima di essere riadattato per il piccolo schermo, la storia è stata raccontata in un documentario che si chiama Crazy for football, vincitore del David di Donatello nel 2017. Successivamente, edito da Longanesi è uscito anche il libro Crazy For Football, Storia di una sfida davvero pazzesca edita da Longanesi scritto da Volfango De Biasi, regista del documentario e dell’edizione televisiva in collaborazione con lo sceneggiatore Francesco Trento.
Davanti a noi, ora, non ci sono più due schizofrenici, uno psicotico, tre depressi, un ansioso eccetera. C’è un gruppo di giocatori, di amici, che si prepara a un Mondiale. Sono finiti, trascorsi, i mucchi di giorni incolori, le settimane scomparse, sacrificate al nulla.
Al loro posto, adesso, c’è questa corsa di gruppo da un lato all’altro del campo, c’è il dribbling tra i conetti, il tiro in porta, la finta venuta male, il tiro sparato alle stelle, la risata.
C’è smettere di avere la propria età per qualche giorno, tornare all’età calcio, a quell’adolescenza di ritorno che cancella ogni dato anagrafico e rende tutti bambini.
Mentre tra invasioni di campo, scontri tra ultras e polemiche il resto del mondo è ammalato di calcio, da qualche parte c’è anche chi di calcio guarisce. Succede a Osaka, in Giappone, nel primo Mondiale per persone con problemi di salute mentale.
De Biasi e Trento raccontano la rocambolesca formazione della Nazionale italiana, tra i provini, gli allenamenti con un pugile campione del mondo, le mille difficoltà e il nascere di un’amicizia che sancisce, per i componenti della squadra, la fine della solitudine
. Un’avventura abitata da personaggi così perfetti da sembrare inventati. Come Sandrone, il super poliziotto che scortava il presidente della Repubblica finché non ha iniziato a sentire le voci, e si è dovuto dimettere.
Come Luis, il portiere che (forse) ha giocato in serie B. Come Stefano, che mentre racconta i suoi tentativi di suicidio alza la testa, guarda i suoi compagni vestiti con le tute degli Azzurri e sospira, incredulo: “Che mi sarei perso”. Personaggi che cambieranno per sempre la vostra idea di cosa vuol dire essere “pazzi”.
Santo Rullo non si è certo fermato, continua a credere fermamente nel suo progetto…
È un sogno che si è realizzato e che continua. Ho accettato l’idea di un collega giapponese che suggeriva di fare un mondiale. Abbiamo quindi cominciato a vedere come rappresentazione della società civile un fenomeno sociale come il calcio”.
Chapeau Mister Rullo!