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Lettura: Spazio ai Classici: Il pianeta irritabile di Paolo Volponi
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RubricheSpazio ai Classici

Spazio ai Classici: Il pianeta irritabile di Paolo Volponi

Giuseppe Fumarola 1 anno fa Commenta! 7
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C’erano una volta una scimmia, un elefante, un’oca e un nano…
Potrebbe benissimo iniziare in questo modo l’opera protagonista dell’appuntamento odierno con Spazio ai Classici.
Sto parlando de Il pianeta irritabile di Paolo Volponi, uno degli intellettuali più eclettici di fine Novecento.

Contenuti
Il pianeta irritabile: la tramaIl pianeta irritabile: messaggio di speranza o disincanto?

Per certi versi si tratta di una favola moderna che, tuttavia, mette da parte i mondi fiabeschi e i simpatici personaggi che popolano le fiabe più conosciute dei nostri tempi.
Il pianeta irritabile, infatti, è ambientato in un mondo post-apocalittico devastato da guerre i cui attori sono eccentrici e stravaganti animali parlanti, mostri, macchine spietate e uomini deformi.

Ti ho incuriosito almeno un po’? Bene! Allora preparati a scoprire nel dettaglio i segreti di questo classico straordinario!

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Il pianeta irritabile: la trama

Il pianeta irritabile, Paolo Volponi, EinaudiRiassumere la trama de Il pianeta irritabile non è un’impresa semplice. Partiamo dai suoi protagonisti.
L’elefante Roboamo è l’intellettuale del gruppo, integro e saggio e profondo conoscitore di Leopardi e della Commedia dantesca.
L’oca Plan Calcule è una sorta di “operaio” subalterno del gruppo, sempre pronto ad aiutare i suoi compagni e, allo stesso tempo, a fare da bersaglio per i loro scherzi.
La scimmia Epistola è il leader geniale e coraggioso ma anche tirannico e prepotente. È un comandante severo che guida il gruppo e li esorta a combattere ad ogni occasione utile.
E infine c’è il nano Mamerte, l’unico essere umano della comitiva a cui, però, di umano è rimasto ben poco. Deforme nell’aspetto quanto nel temperamento, dimostra un insolito attaccamento al passato che mal si sposa con la sua indole riottosa e animalesca.

Questo gruppo grottesco si ritrova a dover fronteggiare le avversità di un mondo devastato dalle guerre e dalla follia umana. Siamo infatti nel 2293 e i nostri protagonisti lavorano in un circo degli orrori, almeno fino a che quest’ultimo non viene fatto saltare in aria da una delle tante bombe che piovono dal cielo, molto più frequentemente dell’acqua. A questo punto decidono di intraprendere un nuovo viaggio alla ricerca di una nuova casa ma si tratta di un cammino confuso, insicuro, «senza interrogativo e senza una sola speranza sulla durata e sulla meta».

E così, uno dopo l’altro, ci troviamo catapultati in scenari sempre più strani e improbabili: pianure di cenere, prati erbosi e selvaggi, paludi di laghi mefitici, rovine di civiltà antiche e ruderi di villaggi ipertecnologici… E tra un luogo e l’altro non mancano esplosioni, terremoti e diverse lune che fanno capolino in un cielo spento e artificiale da cui piove di tutto tranne che l’agognata pioggia.

Soltanto verso la fine del romanzo si scopre chi è il nemico dei nostri irriverenti protagonisti, il “villain” di questo romanzo apparentemente avventuroso e fantascientifico: il Governatore, un cyborg che si professa un uomo e che dall’alto della sua lussuosa dimora sembra controllare quel mondo dimenticato. Un Generale a cui i quattro danno il singolare nome di Moneta.
E così, dopo accesi scontri con mostri di ogni sorta e macchine ribelli, i quattro riusciranno a sconfiggere il generale Moneta e si preparano a ricostituire un nuovo ordine sociale all’insegna del bene comune.

Il pianeta irritabile: messaggio di speranza o disincanto?

Questo romanzo è stato pubblicato nel 1978, in un periodo di grande fermento culturale e sociale: l’avvento del capitalismo sfrenato, il progredire delle attività industriali, il fascino delle nuove tecnologie come cinema, radio e televisione…
Il mondo sembrava stesse cambiando in meglio e invece…
Del resto Paolo Volponi il mondo lo conosceva bene. Non era solo un intellettuale era anche un operaio e un grande lavoratore. Per tanti aveva collaborato con la società Olivetti e in seguito anche con la Fiat da cui era stato cacciato per le sue idee politiche.
Volponi conosceva bene la vita di fabbrica e non perse tempo a denunciare un’industria che, ormai da tempo, non guardava più al benessere collettivo ma unicamente ai profitti privati.

Paolo VolponiIl pianeta irritabile, proprio come il mondo degli anni Ottanta. si presenta come una favola, ma della favola ha ben poco. Non ci sono castelli e prati in fiore ma paludi e deserti di cenere; al posto di eroi e principesse da salvare ci sono quattro personaggi animaleschi, feroci e sboccati sempre intenti a sbudellamenti e a lanciarsi feci tra loro. E su tutti grandeggia il “villain” del romanzo: il generale Moneta, un cyborg che incarna tutti i mali dell’epoca: la modernità, il denaro e l’arrivismo.

Volponi riflette su quanto il progresso, il desiderio di una vita semplice e il fascino di un mondo sempre più tecnologico, abbia finito per danneggiare il pianeta in cui viviamo ridotto ad un cumulo di macerie e disperazione. Ma la Natura, come diceva Leopardi, più volte citato nel romanzo, è tutt’altro che magnanima e generosa! È irritabile e sa essere vendicativa soprattutto quando l’uomo supera quei limiti che, in quanto ospite del pianeta che abita, non dovrebbe superare.

«Dio è con me. La storia è con me.» dice Moneta al nano, prima dello scontro finale. «Vuoi forse la fine della civiltà?».
«Tu non sei un uomo, né vero né finto; sei solo l’uomo alla fine dell’uomo» risponde il nano a Moneta. «L’uomo che ha snaturato e lasciato l’uomo, sei tu».

Certo Moneta, alla fine, viene eliminato e i protagonisti si accingono a ricostruire un mondo in rovina all’insegna del bene comune e della solidarietà reciproca. Volponi auspicava un mondo nuovo, il ritorno al rispetto del pianeta e l’abolizione di un capitalismo sfrenato in nome del progresso e dell’arricchimento personale.

Eppure, mentre l’ultima luna rimasta precipita in un deserto di polvere e cenere, il lettore odierno non può non chiedersi se sia rimasto ancora qualcosa da poter ricostruire o se, invece, sia ormai troppo tardi.

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