Caro Icrewer,
per il nostro appuntamento domenicale con la rubrica Filosofiamo ho deciso di portarti in Oriente, nella Cina di più di duemilacinquecento anni fa. È qui che è nato uno dei libri più iconici del nostro tempo: L’arte della guerra di Sun Tzu.
Sono tantissime le cose che si sono dette su questo libro che è diventato un vero e proprio classico della filosofia. C’è chi lo ha letto come un trattato di guerra, spietato e utilitaristico come Il Principe di Macchiavelli; altri ne hanno parlato come un manuale d’economia, una lettura obbligatoria per tutti i futuri manager del marketing.
Ma qual è la verità? Cosa ci può dire questo trattato militare a distanza di così tanti anni? Scopriamolo insieme e quindi…filosofiamo!
L’arte della guerra: Sun Tzu e il suo libro
Sun Tzu, che significa “Maestro Sun” è un appellativo onorifico di Sun Wu, generale cinese vissuto tra il 544 e il 496 a.C. Non si sa molto altro su questa figura sospesa tra mito e storia. L’arte della guerra che noi leggiamo oggi, in realtà, probabilmente non è l’opera scritta dal generale ma il frutto di numerose revisioni da parte di uno o più autori. L’edizione definitiva dell’opera, infatti, risale al periodo dei “Regni combattenti” (453-221 a.C.) quando la Cina era devastata dalle lotte tra i sette regni in cui era diviso il regno.
L’arte della guerra (Bingfa in originale) è il trattato di strategia militare più antico, famoso e studiato. In tredici stringati capitoli, l’opera espone una dottrina bellica apparentemente improntata all’utilitarismo: fornisce preziose indicazioni sulle valutazioni e la gestione di un conflitto, sulle strategie e le manovre di attacco e ritirata, sui rapporti psicologici con le proprie truppe e col nemico.
E poi, la conformazione dei terreni e i fattori atmosferici, la peculiarità e la strutturazione di una rete spionistica. Dopo essere stato per oltre due millenni l’indispensabile guida delle alte gerarchie militari cinesi, il Bingfa adesso ispira strategie economico-aziendali e si trova sulla scrivania dei più importanti manager del mondo.
L’arte della guerra nella vita quotidiana
Il giornalista Bruno Ballardini nel suo libro L’arte della guerra nella vita quotidiana ci spiega nel dettaglio il valore di quest’opera antica e quanto possa essere utile ancora oggi: nel lavoro, nella vita di tutti i giorni, in amore e nel rapporto con gli altri ed infine anche per la nostra crescita personale.
A dispetto di quello che si potrebbe pensare, e che pure è stato detto, L’arte della guerra non è un semplice trattato di strategia militare come quasi tutti quelli che sono stati composti nell’Antichità in Occidente. Certo si parla di guerra, quella fra eserciti, ma la filosofia che attraversa tutto il libro è il taoismo che per prima cosa, impone di estendere il concetto di “guerra” al di là dell’ambito strettamente militare. Per questo motivo oggi possiamo leggere in quest’opera non tanto il modo migliore in cui un esercito può sopraffarne un altro, ma piuttosto come superare un momento di conflitto e di crisi per restaurare l’armonia e l’equilibrio perduti nella nostra vita.
Perché Sun Tzu parla sì di nemici e campi di battaglia e, indubbiamente, non c’è nemico peggiore di noi stessi. Ad esempio ci esorta ad essere generali saggi, severi, retti e coraggiosi quando scrive:
Abolisci la divinazione e le superstizioni e libera l’esercito dalle incertezze. Non avendo altri pensieri non temeranno nemmeno la morte.
Per poterci assicurare la vittoria sul campo di battaglia che è la nostra vita, dobbiamo cercare di liberarci delle preoccupazioni, delle incertezze e di tutte quelle paure irrazionali che condizionano la nostra esistenza tanto da rendere esitanti e insicure le nostre azioni quotidiane.
Ma se riusciremo a liberare il nostro animo da tutto questo allora potremmo renderlo «fluido come l’acqua», condizione essenziale per ogni esercito vittorioso.
Per raggiungere questo risultato, però, bisogna innanzitutto conoscere sé stessi e le proprie risorse così come accade in guerra. Un buon generale, infatti, scrive Sun Tzu deve scegliere accuratamente i propri uomini, conoscerli, per poter affidare loro i compiti che sono loro più congeniali. Allo stesso modo, anche noi dobbiamo essere in grado di affinare le nostre capacità, senza sottostimarci o sopravvalutarci. Errori, questi, che possono rivelarsi fatali sia per un samurai in guerra, che per noi nella vita di tutti i giorni.
È chiaro, dunque, che L’arte della guerra non è un “manuale per vincenti”, non insegna a vincere. Insegna, piuttosto, a prepararsi al meglio, a far sì che i conflitti possano essere evitati. Se si arriva al conflitto, alla crisi, vuol dire che qualcosa nella nostra “programmazione” non ha funzionato e, a quel punto, occorre ripristinare l’equilibrio compromesso nella maniera più efficace possibile, senza eccessivo dispendio di energie.
Ma attenzione! Sun Tzu ci spinge ad evitare i conflitti ma è altrettanto consapevole che la guerra, alle volte, è necessaria e ineludibile. Ed ecco che la guerra, allora, diventa occasione di crescita e di maturazione. Perché se la via del samurai è lastricata di battaglie, così anche la nostra, quella dei “guerrieri di oggi” è attraversata da conflitti. Lo scopo finale non è vincere ad ogni costo, ma superare il conflitto, anche con una sconfitta.
Perché solo in questo modo, superando una guerra dopo l’altra ci si avvicina a quell’armonia che è la meta ultima del taoismo che anima questo libro e la filosofia orientale. In fondo, come dice Sun Tzu:
Chi non ha conosciuto a fondo i mali di una guerra, non sarà mai in grado di valutare nemmeno i vantaggi che ne derivano.