1988.
Un anno caotico, segnato da profondi cambiamenti sociali e politici che affondano le radici nei decenni precedenti. Sai qual è la cosa migliore che poteva capitare a te, caro iCrewer? La nascita, nel 1988, di colei che ti racconterà in breve – molto in breve – questi dodici mesi.
Era un assolato 17 giugno e il medico di mia madre si rifiutò di portare a termine il parto fino alle 23.25. L’Italia non li vinse quegli Europei che lui si è ostinato a guardare fino all’ultima intervista post gara, ma quella partita, mentre io agognavo la libertà e mettevo in chiaro la mia avida sete di conoscenza, sì. Quel match lo vinse, contro la Danimarca e tra le urla di gioia per i due gol targati Altobelli e De Agostini sotto lo sguardo del mondo intero. Mentre, a qualche porta di distanza, in una piccola sala parto, finalmente venivo al mondo io.
Prima di me aveva visto la luce anche la nuova Fiat Tipo, quindi capirai, caro iCrewer, che io e la mia tutina gialla non fummo la novità assoluta per quell’anno. E poi era esploso lo scandalo delle carceri d’oro, con tangenti distribuite ai politici sugli appalti per la costruzione degli istituti di pena. A febbraio, come se non bastasse, Pietro De Negri, detto Er Canaro, aveva torturato e ucciso un pugile rinchiuso in una gabbia. E oggi, dopo oltre trent’anni, quell’episodio è diventato un pluripremiato film che ti consiglio di guardare.
A Sanremo poi, giunto solo alla trentottesima edizione, Massimo Ranieri trionfava con Perdere l’amore, mentre pochi giorni dopo le armi chimiche del regime iracheno sterminavano 5.000 curdi. Poesia e crudeltà, arte e morte. Un anno, il 1988, che ha fatto scorta di entrambi, mentre sullo sfondo si allargava l’indagine Pizza Connection, coordinata da FBI e polizia italiana tra New York, Napoli e Palermo.
Agli Oscar, invece, Bernardo Bertolucci e il suo L’ultimo imperatore conquistarono ben nove statuette. Venne approvata la legge sulla responsabilità civile dei giudici, le Brigate Rosse assassinarono il senatore Roberto Ruffili, in URSS venne riconosciuta la libertà di culto religioso.
In ambito editoriale, Carlo De Benedetti, appoggiato dalla Fininvest di Berlusconi, acquisì il controllo del CdA di Mondadori. Il 18 maggio, invece, a Torino nasceva una delle manifestazioni destinate a diventare punto di riferimento negli ambienti culturali italiani: il Salone del Libro.
E proprio ai libri arriviamo, iCrewer. A quelli sfogliati per la prima volta trentadue anni fa e che, ancora oggi, occupano gli scaffali delle librerie del mondo intero. Ne ho scelti tre, che secondo me racchiudono il senso di questi dodici mesi che ballano sulle note delle mitiche canzoni degli anni Ottanta e corrono verso un’era più moderna, portando con sé quella consapevolezza che tutto è mutato, che nulla è come prima ormai.
Così abbiamo Kitchen, il primo romanzo dell’autrice giapponese Banana Yoshimoto. Pubblicato per la prima volta nel 1988, viene tradotto in italiano solo nel 1991. La protagonista, una ragazza, perde l’unica persona che ha al mondo, la nonna. Allora si rifugia nel cuore della casa, la cucina, dove vegeta senza nutrirsi. Quando un suo compagno di scuola e sua madre la invitano a stare nella loro bella casa, dimostra ancora la sua passione per la cucina che rappresenta per lei il luogo dove si prepara il cibo, risorsa basilare della vita, e ci si riunisce per consumarlo. Questa stanza bella e funzionale rispecchia la serenità delle persone che la abitano. Così riprende a mangiare e a vivere. Banana tocca diversi temi: la solitudine, il cibo come risorsa e arte, la transessualità e la morte, quello che è a lei più caro. L’autrice condisce la storia con quello stile lucido e triste e quella sensibilità che rendono ogni suo libro unico.
C’è, poi, Il silenzio degli innocenti. Si tratta del terzo romanzo dello scrittore statunitense Thomas Harris, divenuto un celebre film che ha riscosso critiche positive al pari del romanzo. È il secondo libro, dopo Il delitto della terza luna, in cui compare il personaggio dello psichiatra serial killer Hannibal Lecter. Nel 1991 ne è stato tratto il film omonimo, interpretato da Anthony Hopkins e Jodie Foster, vincitore di 5 premi Oscar.
Infine, L’Alchimista, di Paulo Cohelo. Pubblicato in Brasile, è stato successivamente tradotto in cinquantasei lingue, tra cui l’italiano, e ha venduto oltre cento milioni di copie in più di centocinquanta nazioni. Il romanzo racconta la vicenda del giovane pastore Santiago sfruttando due temi sempreverdi della letteratura mondiale: il viaggio e il sogno. La fabula si snoda in un arco temporale di due anni: scopo apparente del viaggio è – per il giovane Santiago – l’inseguimento di un sogno ricorrente secondo il quale, ai piedi delle Piramidi, vi sarebbe un ricchissimo tesoro nascosto. In realtà l’avventura che lo porterà dall’Andalusia – sua terra natale – fino sotto le Grandi Piramidi d’Egitto finirà per rappresentare un insieme di durissimi banchi di prova, rappresentazione allegorica della sua crescita.
Tre romanzi, questi, che hanno visto la luce nello stesso anno ma che non potrebbero essere più diversi nello stile. E che incarnano alla perfezione l’animo rivoluzionario, ma instabile, di una decade che verrà ricordata per sempre.