I Frigoriferi Milanesi: non ti fare ingannare dal nome caro iCrewer perchè non c’entra niente con i famosi ed utilissimi elettrodomestici, almeno non più. I Frigoriferi hanno conservato il nome ma hanno totalmente cambiato nel tempo il loro uso, diciamo così. Ti starai chiedendo dove voglio arrivare? Calma, calma ti spiego subito. Il complesso Frigoriferi Milanesi, è un luogo di tradizione, cultura, arte e avanguardia, proprio così, uno spazio immenso del capoluogo lombardo, un centro culturale con uno strano nome, che ha un suo perchè.
Nati come fabbrica del ghiaccio e magazzini refrigeranti nel 1899 a Milano, nel 1923 vengono affiancati dal Palazzo del Ghiaccio, che diventa la più grande pista di pattinaggio coperta d’Europa: lo sappiamo, i milanesi quando agiscono, agiscono in grande. Progettato in stile Liberty, l’edificio presenta un’imponente copertura in ferro, legno e vetro […] Il binomio Palazzo dei Frigoriferi-Palazzo del Ghiaccio rappresenta una rivoluzione per i tempi, per le sue caratteristiche di integrazione polifunzionale.
Nella prima metà del Novecento, la struttura conserva le sue caratteristiche iniziali, con l’esplosione del boom economico, negli anni Sessanta, e l’avvento degli elettrodomestici, riconverte la propria attività trasformandosi e adattandosi alle esigenze dei tempi. Il salto di qualità avviene nella seconda metà del Novecento, quando il grande complesso industriale si trasforma a poco a poco, fino a diventare nei primi anni del nuovo millennio una Open Care-Servizi per l’arte. La prima realtà europea a integrare tutte le attività funzionali alla gestione delle collezioni: dai caveau alla logistica, al restauro, alla consulenza per stime, perizie, archiviazione e compravendita di opere d’arte. La struttura viene in seguito interamente restaurata, migliorata ed aggiornata e il Palazzo del Ghiaccio, adattato per ospitare sfilate, fiere ed eventi, diventa una delle location più prestigiose della città, animato anche dalla presenza di varie realtà e associazioni attive in ambito culturale e promotrici di eventi aperti alla città, quali festival letterari, incontri su temi legati alla filosofia, all’ambiente e all’alimentazione: della struttura originaria, come avrai certamente capito, oggi è rimasto solo il nome.
Ho voluto fare una breve storia dei Frigoriferi Milanesi, in primo luogo perchè il nome mi ha incuriosito e quindi ho voluto capire da dove venisse e spero di aver soddisfatto anche la tua curiosità, ammesso che già non ne conoscevi l’origine; in secondo luogo perchè proprio i Frigoriferi Milanesi ospiteranno dal 31 Gennaio fino al 3 Febbraio, WRITERS Gli scrittori (si) raccontano, ottava edizione di una rassegna letteraria che vede impegnati scrittori, poeti e artisti che raccontandosi, affrontano un tema preciso: E in questo chiaroscuro nascono i mostri. Gli organizzatori anche quest’anno hanno pensato di dedicare il festival ad un solo tema: raccontare e rappresentare non l’orrido ma il normale che cela l’orrido.
Per questo intendiamo chiedere a scrittori, poeti e artisti, di sforzarsi di guardare dietro il chiaroscuro della normalità quotidiana, dialogando con coloro che tutti i giorni sperimentano la nebbia e ne sono, come tutti noi, disorientati.
Il programma del Festival, a cura di Francesco M. Cataluccio, Isabella Di Nolfo, Paolo Marrone, Stefania Vaccari in collaborazione con Virginia Cabassi, Melina Mulas e Rossella Traversa, prevede tre giorni ricchi di presenze importanti che si confronteranno con gli argomenti e i temi un programma variegato ed interessante: dall’apertura alle ore 19.00 del 31 Gennaio, alla chiusura del 2 Febbraio alle 20.30, i visitatori potranno godere nelle due sale, Carroponte e Cubo, delle relazioni o delle performance di artisti famosi fra i quali spiccano alcuni nomi decisamente di richiamo, Stefano Bartezzaghi e Adriano Sofri, solo per fare un esempio.
E in questo chiaroscuro nascono i mostri
Il tema unico che il Festival Letterario propone quest’anno, riflette i tempi che stiamo vivendo e non a caso, penso. Una città come Milano, così ricca di fermenti culturali, politici, civili e sociali, non ignora le “nebbie” di prospettive in cui siamo immersi (anche se con la nebbia convive ogni giorno) e non soltanto dal punto di vista strettamente meteorologico.
Si ha sempre più l’impressione di trovarsi immersi in una nebbia, dove passato presente e futuro sono confusi e domini un chiaroscuro che, come suggeriva Antonio Gramsci in una celebre frase, genera mostri.
I mostri, vecchi e nuovi, a volte sembra di vederli benissimo, ma più spesso si intravedono soltanto delle strane sembianze. A volte, addirittura, i mostri hanno l’aspetto della normalità. Sarebbe troppo facile se, come sosteneva Goya, il sonno della Ragione generasse orribili e riconoscibili mostri. I mostri che ci circondano sono invece spesso molto normali. Al momento opportuno però gettano la maschera e urlano, incitano all’odio, disprezzano la cultura e la vita civile. Sono molto imprevedibili. E le porte del passato, che all’improvviso si spalancano e mostrano il baratro del dimenticato e sepolto, sembrano rigidamente sigillate e per sempre sorpassate. In questo corridoio nebbioso e poco illuminato, dove si agitano ombre e fantasmi non ben definiti, viviamo oggi.
Per questo intendiamo chiedere a scrittori, poeti e artisti, di sforzarsi di guardare dietro il chiaroscuro della normalità quotidiana, dialogando con coloro che tutti i giorni sperimentano la nebbia e ne sono, come tutti noi, disorientati. Raccontare, cantare, recitare non significa chiarire ma è il solo modo che conosciamo per dare luce ai dubbi, attraverso il piacere di ascoltare storie che ormai, anche i giornali, le televisoni e social media, sempre meno intendono e riescono a comunicare.
Ho voluto riportare quanto letto nel sito del Festival e non mi sembra ci sia niente altro da aggiungere se non che gli organizzatori o coloro che hanno scelto il tema di quest’anno, non potevano trovare argomento migliore per indurre a riflettere: viviamo tempi di chiaroscuro e, in queste condizioni, per passare al buio totale basta un attimo, basta un girare la testa dal lato dell’indifferenza, del qualunquismo, del non mi interessa, del non mi tange per precipitare in baratri che la nostra generazione, per fortuna, non conosce e spero non conosca mai.