Sebbene Libri dalla Storia sia una rubrica che tratta principalmente di avvenimenti, curiosità e volumi precedenti alla metà dell’Ottocento (più o meno, senza essere eccessivamente fiscali), oggi ho deciso di fare uno strappo alla regola e parlare di un libro pubblicato negli anni Venti del ‘900: Winnie the Pooh.
Esatto, perchè il tenero orsacchiotto di peluche, un po’ smemorino e goffo, alla perenne ricerca del suo amato miele allieta i bambini dal 1926, anno in cui il suo autore, Alan Alexander Milne, pubblicò la prima raccolta di racconti. Tuttavia, anche una fiaba che pare così gioiosa, nasconde qualche scheletro nell’armadio.
Winnie the Pooh, l’orsetto del Bosco dei Cento Acri
Winnie the Pooh non fu la prima opera pubblicata da Alan Alexander Milne, soltanto quella di più successo. L’autore, noto nei circoli letterari londinesi, doveva la sua nomea a una penna ironica e pungente. Tuttavia, anche a causa di alcuni scritti dal tono controverso riguardo la Prima guerra mondiale – in cui aveva combattuto – all’inizio degli anni Venti stava attraversando un momento di crisi artistica.
E proprio mentre vagava nella sua casa in campagna,alla ricerca d’ispirazione, ecco che la scintilla si accende in modo inaspettato: guardando il figlioletto giocare con i suoi animali di pezza, una storia iniziò a dipanarsi nitida davanti agli occhi di Milne.
L’inconsapevole Christopher Robin – che a casa tutti chiamavano Billy Moon – all’epoca della prima pubblicazione aveva circa sei anni – era nato nel 1920 – e amava trascorrere le sue giornate inventando mille avventure con i sui amici, un’allegra combriccola di animali di pezza. C’erano Tigro la tigre, l’asinello Ih-Oh, Cangu la mamma canguro, Pimpi, un maialino rosa, e Winnie the Pooh, un orsacchiotto che inizialmente si chiamava Edward, ma che il bambino aveva ribattezzato in onore dell’orsetta ospitata in quegli anni allo zoo di Londra (Winniepeg, per gli amici Winnie).
Milne prese spunto dalle loro dinamiche di gioco per dare vita a un universo fiabesco destinato a sopravvivergli a lungo (un caso in cui l’opera ha completamente divorato l’autore). Il primo racconto in cui compare l’orsetto venne pubblicato nel numero di Natale del London Evening News, a cui fecero seguito altri episodi narrati in radio. Il successo del personaggio fu tale, che lo scrittore venne caldamente esortato a raccogliere tutti i brani in un romanzo per ragazzi: Winnie the Pooh, uscito nel 1926.
Seguirono, poi, la raccolta di poesie Winnie the Pooh. Ora abbiamo sei anni del 1927 e La strada di Puh nel ’28 (un altro romanzo). Tutti i volumi furono illustrati da Ernest H. Shepard e il suo stile venne ripreso, seppur con semplificazioni, anche dai disegnatori Disney, quando la casa produttrice americana ne acquistò i diritti nel 1961. Questi tre sono gli unici volumi scritti da A. A. Milne; tutte le altre avventure vennero inventate in seguito. Ci sono dubbi sul motivo per cui l’autore non abbia proseguito con la serie: forse troppo successo, troppo velocemente, senza contare che Christopher Robin stava ormai diventando grande, e probabilmente i giocattoli di pezza non gli interessavano più così tanto.
Il prezzo della notorietà
Come prese Billy Moon l’improvvisa notorietà che avvolse lui e i suoi giocattoli? Non benissimo. Se inizialmente l’attenzione era quasi un gioco, alla lunga i curiosi che cercavano di appropriarsi di uno scorcio di quella vita di cui tanto avevano sentito parlare, finirono per turbare le giornate del bambino. Crescendo la situazione non migliorò poi molto, visto che i compagni di scuola lo prendevano di mira. Fu solo durante la Seconda guerra mondiale, combattendo al fronte, che Christopher Robin scoprì veramente se stesso.
Rimane il fatto che decise di non usufruire mai dei proventi derivanti dalle vendite di Winnie the Pooh e, anche se in età adulta aveva ormai imparato a convivere con i curiosi che entravano nella libreria che gestiva con la moglie, solo per vedere Christopher Robin, i suoi animali di pezza trovarono rifugio in una biblioteca di New York ben prima del 1996, anno della sua morte.
Nemmeno il rapporto con i genitori, sempre distanti e poco presenti, sopravvisse al tornado Winnie the Pooh. La madre, amante della vita mondana, risiedeva sporadicamente nella casa nelle campagne del Sussex; mentre il padre, introverso e schivo, tentava raramente di approcciare il bambino. Dopo l’epilogo della parentesi di giochi insieme che portarono alla creazione della compagnia del Bosco dei Cento Acri, è facile immaginare che anche il fragile ponte creatosi tra loro venne distrutto.
A raccontare splendidamente la vera storia di Christopher Robin e Winnie the Pooh è anche il film del 2017 Vi presento Christopher Robin di Simon Curtis.