Quando si deve fare un lungo viaggio in treno, di solito, non si ha voglia di letture impegnative; si entra in libreria, si pesca la cosa che sembra più trash e più economica, si compra e si parte. Questo libro sembrava possedere tutte le caratteristiche; un titolo perfetto, edizioni BUR, ossia la serie economica di Rizzoli, oltretutto scontato per chi ha la tessera Feltrinelli (quindi, alla fine, mi è costato meno di 10 euro), una quarta di copertina, fuorviante, ma quando la leggi non lo sai. Però, alla fine, mi ha meravigliato in positivo, tanto che, nonostante non sia una novità libraria, credo che sia giusto che il mondo conosca questo genere di opere.
La vita quotidiana ai tempi dei cavalieri della Tavola Rotonda
è un libro di storia, appartenete alla corrente che non studia le battaglie, le date, gli eventi, ma la vita di tutti i giorni. In Francia c’è una grande scuola di storici, soprattutto medievisti, George Duby e Jacques Le Goff primi fra tutti; Michel Pastoreau è uno di loro. Questo genere di studi è avvincente anche solo per come avviene la ricerca delle fonti. Siccome le cronache civili scritte riportano solo dati ritenuti importanti, quelle religiose, molto più diffuse, oltre ai testi canonici, al massimo possono indicare le date di battesimo e di matrimonio, gli storici del quotidiano si devono arrangiare con l’iconografia, coi reperti e, soprattutto, con la letteratura. Per fortuna, nel medioevo si comincia a scrivere in volgare e quindi entrano in scena anche scrittori laici. Ovviamente, siccome nel medioevo non esisteva il verismo, ma era soprattutto letteratura di pura evasione, lo storico deve prendere tutto con le pinze e verificare, confrontando con altre fonti, soprattutto iconografiche, cosa sia effettivamente vero.
Il risultato è un severo trattato di gossip storico dove si possono trovare notizie illuminanti. La prima fra tutte, visto che sono reduce da un esame di diritto civile: ho finalmente capito da dove nasce l’interdizione di matrimonio, non solo fra parenti, che avrebbe una logica, ma anche fra affini fino alla sesta generazione. Si tratta di una regola del diritto canonico, quindi ecco spiegata la sesta generazione: nella Bibbia le maledizioni si estendono, immancabilmente, “fino alla sesta e la settima generazione”; il resto è meno chiaro, ma credo di aver capito come mai questa regola sia rimasta quando, dal diritto canonico, si è passati al diritto civile. Nel medioevo cristiano era impossibile divorziare ma re e potentati vari, per motivi dinastici o politici, dovevano fare e disfare alleanze attraverso i matrimoni e siccome erano tutti, più o meno imparentati, quando avevano bisogno di divorziare invocavano una lontanissima parentela o affinità con la moglie, in tal caso il matrimonio era nullo, quindi era come se non fosse mai stato celebrato; anche se c’erano figli di mezzo nessuno si curava di loro. Vita dura per gli avvocati divorzisti medioevali. Ma nell’Italia degli anni ’50 era uguale:
https://www.youtube.com/watch?v=JXCgfykK7zs
Ecco, invece, finalmente la risposta a una domanda che tutti si saranno fatti: ma perché “mezzogiorno” in inglese si dice “noon”? Come tutti quelli che hanno letto Il nome della Rosa sanno, nel medioevo le campane suonavano, per chiamare alla preghiera in comune, secondo le ore canoniche, altrimenti dette “Ufficio Divino”, all’incirca ogni tre ore. La suddivisione era Mattutino o Mattinali all’incirca mezzanotte, Laudi alle 3, Prima alle 6, Terza alle 9, Sesta a mezzogiorno, Nona alle 15, Vespro alle 18, Compieta verso le nove di sera. Queste ore non erano battute allo stesso modo dappertutto; gli inglesi, che guidano a sinistra, non usano il sistema metrico decimale, non hanno l’euro e ora manco stanno in Europa, dovevano fare gli originali anche nel medioevo e battevano l’ora nona a mezzogiorno anziché alle tre del pomeriggio, da cui “noon”, che oggi pronunciamo “nun”, ma originariamente le due “o”
indicavano una o chiusa, quindi “nón”, come in barese.
Un’altra rivelazione riguarda le fiabe più famose
Vi siete mai chiesti perché Cenerentola avesse il piede così piccolo? Oppure perché Prezzemolina o Raperonzola avessero trecce così lunghe? Io ho sempre creduto che fosse per motivi di intreccio narrativo. In quale altro modo il granduca Monocolao avrebbe potuto trovare proprio quella ragazza fra le migliaia disponibili?
Mettetevi nei panni del povero scrittore: quanto ci avrà pensato e ripensato prima di trovare quello stupendo stratagemma della ragazza dal piede così piccolo da essere unico? Per Prezzemolina era più facile ma comunque ingegnoso: dal momento che nella torre non c’era un accidente di nulla per far salire il principe e che i carrelli elevatori non erano ancora stati inventati, perché non una lunga treccia annodata come una robusta fune? Ebbene, mi sbagliavo, non erano abili espedienti letterari, ma diffusi canoni della bellezza femminile medioevale.
Fra Riccardo Cuor di Leone e suo fratello minore Giovanni Senza Terra chi avreste detto che fosse gay?
Giovanni, vero? Anch’io; invece pare che lo fosse Riccardo o, almeno, bisessuale. D’altronde quando si passano anni in guerra, fra crociate, una cosa e un’altra, si finisce per non guardare tanto per il sottile. Può darsi che con le reliquie qualcuno abbia più dimestichezza di me; per me collimano più o meno con la penna dell’Agnolo Gabriello di fra Cipolla, di Boccaccesca memoria. Invece avevano un potere inimmaginabile. Non resisto alla tentazione di trascrivere un brano citato da Pastoreau a conferma dei prodigi che erano in grado di fare le reliquie:
“Il mese successivo, il 23 luglio [1191] Luigi, figlio del re di Francia, fu colto dalla grave malattia che i medici chiamano dissenteria. Il suo caso sembrava disperato e ecco a che rimedio fu fatto ricorso. Dopo avere lungamente pregato e digiunato, i monaci di Saint-Denis presero il chiodo e la corona di nostro Signore e il braccio di san Simeone e camminarono a piedi nudi in lacrime accompagnati da una immensa processione di chierici e di fedeli fino alla chiesa di Saint-Lazare che, alternando i canti e le lamentazioni, giunse fino al palazzo reale dove Luigi agonizzava. Si rivolse un sermone al popolo, che pregò a sua volta il Signore versando lacrime per ottenere la guarigione del giovane principe. Poi al fanciullo venne fatto toccare il chiodo, la corona di spine e il braccio di san Simeone, coi quali gli venne tracciata una croce sul ventre. Ben presto egli fu salvato dalla malattia che lo minacciava. Addirittura, nello stesso giorno e alla stessa ora, suo padre, il re Filippo che si trovava in quel tempo in Terrasanta, fu guarito dalla stessa malattia“. Due diarree guarite simultaneamente alla distanza di ben 4630 chilometri, altro che Lactobacillus Acidophilus .
Se fin qui il libro va alla grande, s’intoppa quando Pastoreau ci dà quello che aveva promesso: i cavalieri della Tavola Rotonda
Uno storico si trova a suo agio nella sua materia, quando comincia a parlare di letteratura diventa banale. Il paragrafo sul Graal è piuttosto debole. C’è anche un’appendice con brani di romanzi cavallereschi per dimostrare che attraverso le descrizioni che vi si trovano si può ricostruire a vita quotidiana del tempo. Mah. Peccato, perché era andato tutto così bene per 195 pagine. In ogni caso, la storia raccontata così diventa molto più gradevole, interessante e si ricorda meglio di quello sciocco elenco di date e battaglie dei manuali scolastici. Secondo me, sarebbe meglio attenersi al contesto, senza sconfinare in altri campi, a meno di non avere più di una competenza, cosa abbastanza difficile quando si lavora a quei livelli. Ma vabbè.
In conclusione,
La vita quotidiana ai tempi dei cavalieri della tavola rotonda fa venire voglia di leggere altri testi dello stesso tipo; soprattutto se il lettore possiede un rigore scientifico prossimo allo zero e una fantasia appena superiore a quella di un abituale consumatore di LSD.