Il 28 agosto è iniziata la 76esima edizione del festival del cinema di Venezia. Tanti i film in gara, ma vediamone nel particolare tre
Sono tanti i registi che nella loro carriera hanno preso ispirazione da un romanzo per fare un film. Se volessimo fare gli intellettuali citeremmo Dracula di Francis Ford Coppola, tratto dall’omonimo e famosissimo romanzo di Bram Stoker. Oppure, ci verrebbe in mente Psyco del geniale Alfred Hitchcock, tratto da un’opera di Robert Bloch che racconta le vicende dell’efferato serial killer Ed Gein. Se invece volessimo rimanere umili e più vicini ai film amati dal grande pubblico, sicuramente non potrebbero mancare i tantissimi film tratti dai libri di Stephen King (It, Stand by me, Carrie, Pet Sematary, Il miglio verde e la lista potrebbe andare avanti all’infinito), la celeberrima saga di Twilight della Meyer, l’acclamato Per colpa delle stelle o i tanti film tratti dai romanzi di Nicholas Sparks, come Dear John, Come un uragano, Le parole che non ti ho detto, il bellissimo Le pagine della nostra vita. Anche al festival di Venezia di quest’anno saranno presentati tre film tratti da tre grandi romanzi, vediamo quali sono.
Waiting for the Barbarians
Waiting for the Barbarians è l’attesissimo lavoro di Ciro Guerra che debutterà a Venezia il 6 settembre. Il film racconta la vicenda di un vecchio magistrato e amministratore (Mark Rylence) che vive isolato al confine di un impero senza nome. La sua vita procede monotona e tranquilla fino all’arrivo di uno spietato colonnello, un inquietante Johnny Depp. Il colonnello Joll, incaricato di indagare e riferire sulle attività dei barbari e sulla sicurezza dell’impero, conduce una serie di interrogatori, mettendo in atto comportamenti di inaudita brutalità. Le torture e le violenze a cui il magistrato si trova ad assistere quotidianamente lo convincono a reagire e, dopo tormentate riflessioni, a ribellarsi. Se la storia ti suona anche vagamente familiare è perché il film è tratto dall’omonimo romanzo del 1980 dello scrittore sudafricano J. M. Coetzee. Come per molti altri suoi libri, la storia è un pretesto per parlare della situazione del Sudafrica post-coloniale, in un periodo in cui vigeva ancora l’apartheid e i conflitti interrazziali erano all’ordine del giorno. Waiting for the Barbarians è una critica a tutta la società moderna, a un mondo in cui ci si ostina a combattere una presunta diversità e a farlo attraverso la violenza, sia fisica che psicologica, attraverso l’umiliazione e la degradazione. Il regista del film, Guerra, descrive con queste parole il suo lavoro: “Quando abbiamo cominciato a lavorare all’adattamento del romanzo di J. M. Coetzee, pensavo che la vicenda fosse ambientata in un mondo e in un’epoca lontani. Tuttavia, mentre le riprese del film procedevano, la distanza nel tempo e nello spazio si è ridotta sempre più. Ora che abbiamo concluso, la trama si è trasformata in una storia sulla contemporaneità“.
Martin Eden
Martin Eden è sicuramente uno dei film che attendo con più impazienza, un po’ per Luca Marinelli, uno dei più grandi attori italiani attuali, un po’ per la storia di Jack London, che con tanti suoi libri mi ha fatto emozionare. La pellicola è diretta da Pietro Marcello e sarà proiettata a Venezia il 2 settembre. Il romanzo del 1909 racconta la storia di Martin Eden, un giovane marinaio di origini modeste, affamato di sapere e affascinato dalla cultura, che sogna di diventare un giorno un famoso scrittore. E’ sostenuto in questo suo proposito dall’amore che prova per una bella ragazza borghese, Ruth, a cui però non può unirsi viste le sue umili origini. Altro personaggio rilevante nel libro è Russ Brissenden, nel film interpretato da Carlo Cecchi, un uomo misterioso e di grande cultura, che cerca di sostenere economicamente Martin e di stimolarlo intellettualmente. Il romanzo si conclude con il suicidio di Martin, disilluso e deluso dal mondo in cui vive, in cui conta più la classe sociale a cui si appartiene delle idee e della cultura. Pietro Marcello riprende la storia e ne fa alcune modifiche, ambientando la storia in una Napoli di inizio XX secolo e cambiando alcuni personaggi. Il regista commenta il film: “Martin Eden racconta la nostra storia, la storia di chi si è formato non nella famiglia o nella scuola, ma attraverso la cultura incontrata lungo la strada. È il romanzo degli autodidatti, di chi ha creduto nella cultura come strumento di emancipazione e ne è stato, in parte, deluso. Un libro di grande attualità politica, che rivela la capacità di Jack London di vedere le fosche tinte del futuro, le perversioni e i tormenti del ventesimo secolo. Abbiamo immaginato il nostro Martin attraversare il Novecento, o meglio una ‘crasi’, una trasposizione trasognata del secolo, libera da coordinate temporali, ambientata non più nella California del romanzo ma in una Napoli che potrebbe essere una qualsiasi città portuale (non solo) d’Italia“.
J’accuse
J’accuse è il nuovo attesissimo lavoro di Roman Polanski, che arriverà a Venezia il 30 agosto. Il film racconterà il caso del capitano Alfred Dreyfus, interpretato da Louis Garrel, un giovane ufficiale dell’esercito francese che viene ingiustamente accusato di tradimento e di essere un informatore dei tedeschi. A seguito di questa pesante accusa viene deportato nell’Isola del Diavolo nell’Oceano Atlantico e verrà scagionato soltanto dopo molti anni di processi, durati dal 1894 al 1906. Il film è tratto da L’ufficiale e la spia, romanzo del 2013 di Robert Harris, anche co-autore della sceneggiatura insieme a Polanski. Nel libro viene dato molto alla figura di Georges Picquart, un ufficiale a capo della sezione intelligence dell’esercito francese. Il giovane, dopo accurate e pericolose indagini, scopre che alcune prove sono state falsificate appositamente per condannare Dreyfus, probabilmente per via delle sue origini e perché ebreo. Picquart avrà un ruolo decisivo nel caso Dreyfus e lotterà tutta la vita per cercare di dimostrare la verità e scagionare un uomo condannato ingiustamente. Il regista ci parla così del suo film: “Il film è basato sull’affaire Dreyfus, argomento a cui penso da molti anni. In questo scandalo di vaste proporzioni, forse il più clamoroso del diciannovesimo secolo, si intrecciano l’errore giudiziario, il fallimento della giustizia e l’antisemitismo. Il caso Dreyfus divise la Francia per dodici anni, causando una vera e propria sollevazione in tutto il mondo, e rimane ancora oggi un simbolo dell’iniquità di cui sono capaci le autorità politiche, nel nome degli interessi nazionali”.