Valentina Petrillo è una atleta transgender. Si hai letto bene, nessun errore. Valentina, attualmente, è una delle atlete ipovedenti che non più tardi di qualche giorno fa ha stabilito il primato italiano sui 400 mt ai Campionati Europei di atletica paraolimpica.
Valentina Petrillo, il sogno di un atleta
Il sogno di Valentina? Quello che lega tutti quelli che, con impegno e forza mentale, si allenano per raggiungere uno dei traguardi più importanti per un atleta.
Sembra quasi scontato ma la sua non è una storia qualunque, per la sua particolarità sarà anche raccontata in un film documentario dal titolo 5 nanomoli – Il sogno olimpico di una donna trans.
Perché parlare di lei? E perché no! Avrei potuto parlarti del solito libro sportivo da segnalare, dell’Italia del basket che dopo 17 anni anni ha fatto fuori la Serbia staccando finalmente il pass per le Olimpiadi (con mio sommo piacere visto che ho sofferto con loro fino alla fine dell’incontro).
E che dire di Bebe Vio, finalmente portabandiera di un’Italia che merita, capace di superare tutti gli ostacoli o la speranza che, dopo 23 anni, l‘Italia del calcio possa battere la fantomatica Spagna ai quarti di finale in un Europeo dalle emozioni infinite.
Chissà di quanto avrei potuto parlare ma Valentina Petrillo merita la mia attenzione e probabilmente anche la tua.
Perché? La vita di ognuno di noi nasconde verità inspiegabili, realtà da conoscere e approfondire. Qualunque esse siano, spesso sono segnate da profonde lacerazioni interiori tali da compromettere le relazioni sociali, la capacità di integrarsi e di essere accettati per quelli che realmente si è.
Si è costantemente coinvolti in messaggi educativi di integrazione e solidarietà, ma li comprendiamo fino in fondo? Probabilmente no, perché lontani da noi. Essere costretti a vivere il problema per comprenderlo è un limite che regala troppi alibi a chi al problema non vuole nemmeno avvicinarsi.
Valentina Petrillo, la ricerca della vera identità
Certo, non è facile capire i tormenti di chi, in solitudine, trova la forza di spiegarsi una nuova identità, non sono esperienze comuni ma il segreto è sempre lo stesso, il più semplice: basterebbe sedersi ad ascoltare. Questo mi è capitato leggendo la storia di Valentina Petrillo.
Dopo le prime righe mi sono resa conto della sofferenza interiore, delle contraddizioni vissute quotidianamente, la consapevolezza di una identità per troppo tempo intrappolata in un corpo estraneo, un percorso di trasformazione che non ha mai fine.
Per oltre quarant’anni Valentina è stata Fabrizio, origini napoletane ma a tutti gli effetti bolognese dal 1994. La sensazione di essere nato in un corpo sbagliato fin da subito ma nasconderlo è sembrata la via più semplice.
A 14 anni le diagnosticano la Sindrome di Stargardt, una degenerazione maculare ereditaria, per la quale ancora oggi non c’è cura.
“Io in quel momento avevo dei dubbi, era la fase dell’adolescenza, dello sviluppo in tutti i sensi ma per forza di cose ho dovuto prima di tutto elaborare la malattia, accettarla”, ricorda Valentina. “Essere ipovedenti ed essere corridori significa non vedere bene la delimitazione della corsia e riuscire a vedere la linea d’arrivo in ritardo rispetto a tutti gli altri. Poi ci si abitua. Più o meno si sa com’è la curva.”
“Ma è molto dura, soprattutto quando le righe non sono ben tracciate e soprattutto nella pista indoor che è più stretta. Per me correre è molto bello ma farlo in strada è pericoloso. Ricordo che nel 2019 mi sono rotta la caviglia perché non ho visto un tombino rotto e ci sono finita dentro”.
Fabrizio fa fatica ad accettare la sua condizione fisica ma continua a lavorare, vive una vita a metà, si fidanza si sposa, diventa papà di un bel bambino e lo sport si trasforma nell’unica via per fuggire alle proprie paure. Si dedica al calcio per ipovedenti arrivando in nazionale, poi all’atletica tanto da conquistare, tra il 2016 e il 2018, 11 titoli italiani di categoria. L’ultima gara di Fabrizio, prima di rivelare la sua identità è a Jesolo nell’ottobre di due anni fa.
“Quando lei (n.d.r. la moglie) non c’era indossavo i suoi vestiti, mettevo lo smalto, mi truccavo. Ma stavo male. Vivere due vite, insomma, era uno strazio”.
È la stessa moglie ad accompagnarlo nel percorso di transizione e di adattamento ad una vita diversa. Rispetto al rapporto col figlio ancora piccolo, dice:
“Sta vedendo i miei cambiamenti, mi ha fa moltissime domande e continua a chiamarmi papi: non ha un padre maschio come tutti gli altri, ma sicuramente ha un padre che sarà sempre con lui”.
“Ovviamente anche un po’ spaventata da cosa potrà succedere quando sarà più grande. Vedremo col tempo, la mia è una cosa molto in evoluzione: ha visto trasformarsi il papi in una donna e per adesso lo vedo tranquillo”.
Nel gennaio del 2019 Fabrizio decide senza nessun rimpianto il difficile percorso di transizione, un momento che senza dubbio ha segnato un momento significativo nella storia dei diritti Lgbt in Italia.
Valentina Petrillo, prima atleta transgender al mondo
Ora a tutti gli effetti Valentina Petrillo, ha realizzato uno dei suoi sogni: è la prima atleta transgender al mondo ammessa a correre fra le donne per puntare a Tokyo 2021.
“Adoro la corsa perché mi fa sentire uguale agli altri. Ed in questo caso parlo della mia disabilità. Quando corro mi sento me stessa. Mi sento libera. Mi sento bene. Ma non sono una da lunghe distanze. Adoro la felicità di sentire il vento nei capelli.”
L’esordio assoluto di Valentina Petrillo è stato a Jesolo a inizio settembre, il secondo appuntamento in pista ci sarà invece ad Arezzo, dove sono in programma il prossimo weekend i campionati italiani organizzati stavolta dalla Fidal.
“Aver rotto certi schemi nel mondo dello sport è la cosa più forte che ho fatto” confida Valentina raccontando la sua storia, quella di una persona che ne ha dovute affrontare davvero tante. E come lei tanti altri alla ricerca della loro strada, a loro la campionessa ha un pensiero particolare,
“Non mollate. Il primo anno, anno e mezzo sono molto pesanti. Quello che posso consigliare è di non mollare. Fate sport, perché aiuta anche la transizione. Fate sport, perché il corpo reagirà meglio alla terapia ormonale”.
Noi siamo con Valentina!