Un’ordinaria giornata da madre, raccontata con autoironia da Giada Sundas, una vera “mamma ribelle“
Lei, Giada non è uno stereotipo, si è cucita addosso un profilo tutto suo, alternativo, tipico delle giovani mamme contemporanee, da social-media, adorata dalle mamme consolidate, dalle neo-mamme e dalle future mamme e altrettanto odiata da chi mamma non potrà mai esserlo. Nata dalla sua tastiera attraverso una pagina di Facebook, a lei riesce bene mettere insieme le parole, è una sua virtù come lo è la sua ironia, avvolte cinica, sarcastica. Il suo scrivere è un bel fluire una sorta di “panta rei” tra situazioni e aneddoti di vera vita vissuta quotidianamente, come un loop temporale. Rispecchia un po’ tutte noi censite nella stessa categoria, una sorta di “desperate housewife”. La sua, una dote innata, non rientra nel mettere insieme: soggetto, predicato e complemento, ma un saper raccontare, nella semplicità. Per questo alcuni scrittori ci piacciono e altri no!
Ma sintetizzando il suo “pensiero”, viene fuori “mal comune mezzo (“sti cazzi” parole sue) gaudio”. Perchè? A differenza di tutte coloro che affermano che l’essere madre sia una gioia incommensurabile, per lei altro non è che un istinto atavico tramandare i propri geni come gli animali fanno per la sopravvivenza della specie.
In un’intervista rilasciata nel 2016 intitolata: una donna, un mito! (mi pare esagerato il termine “mito”) andava messo un aggettivo che poteva andare senza enfatizzare più di tanto nella sacralità in quanto siamo più vicini al “profano”; comunque, la domanda era: chi è Giada Sundas? Lei risponde senza esitazione: “un giovane esemplare uteromunita di homo sapiens sapiens, a volte solo sapiens altre solo homo”. Quindi nel 2014 ha dato senso ai suoi capezzoli mettendo al mondo sua figlia Mya (da notare l’egocentrismo anche nel dare il nome alla figlia) regalando al mondo la continuità della genetica Sundas (come se a noi potesse importarcene più di tanto e volendo usare una sua citazione, presa a sua volta da una canzone di Lovazzi, è la (“magnificenza”) vastità (“del cazzo che ce ne frega”, parole loro, io non mi permetterei mai, non sono una persona scurrile, indi per cui a buon intenditore poche parole). Quindi ha cominciato a scrivere di se stessa anteponendosi al di sopra di tutti come se lei fosse l’unica mamma al mondo una sorta di super-partes, scoprendo di non essere lei la sola con problemi e difficoltà e che tutte le mamme si sono sentite accomunate dal suo “ideale”; affermando con questa logicità che le “super mamme” non esistono.
Il successo è attribuito dal fatto che, avendo smascherato l’omertà che aleggia intorno alla figura mitologica della mamma, lei suo malgrado è lo stereotipo stesso, un contraddittorio.
Tanto dipende dall’educazione ricevuta e dal contesto in cui si vive. Basti pensare che il femminismo inculcatole dalla madre, altro non è che: “in un mondo di principesse tu sii il pisello!” Non per questo la sua parola preferita è: “scroto!” Definendola sublime e meravigliosa perchè a parer suo fa le fusa sulla lingua.
Continua ad avere successo perchè beffarda, ironica, cinica, stravagante e volgare, non una qualunquista ma un’anticonformista sprezzante delle regole, una fuori dal “coro”.
Suo romanzo d’esordio edito da Garzanti nel 2017: “Le mamme ribelli non hanno paura”. Racconta la storia dal giorno in cui ha scoperto di aspettare Mya facendo il resoconto della vita che cresceva dentro di lei.
Nel 2018, ha pubblicato il suo secondo romanzo “Mamme coraggiose per figli ribelli”, in cui l’autrice continua a narrare dell’artificioso mestiere di madre.
Nel 2019 dopo l’evolversi, dal “concepire 2017, divenire 2018” siamo al “fare come mestiere”: “Un’ordinaria giornata da madre” nel quale descrive una giornata tipo, strapiena di imprevisti e colpi di scena, che come un gambero, fa un passo avanti e due indietro.