Chi non legge, avrà vissuto una sola vita…..
E’ proprio vero che il primo amore non si scorda mai, non parlo di amore classico, affettivo, ma l’amore per un libro o magari il libro che in qualche modo, ha decretato il successo letterario di uno scrittore e non solo. Un esempio da cui non si può prescindere è lo splendido libro “Il nome della rosa” il primo romanzo storico pubblicato da Umberto Eco nell’80 da cui, come sai, è stato tratto un film, uscito nelle sale cinematografiche sei anni più tardi. Doveroso soffermarmi sul suo straordinario autore, scomparso, purtroppo, nel febbraio del 2016.
Critico, saggista, scrittore, semiotico di fama internazionale, di Umberto Eco e della sua immensa conoscenza sono piene le pagine di libri, romanzi, documenti universitari, registrazioni, interviste, un patrimonio culturale sia letterario che filosofico enorme. Un uomo curioso, a volte dissacrante, diretto e senza troppi formalismi, capace di esprimersi e di avvicinarsi a qualsiasi tema culturale con una visione critica del mondo, ironica e mai scontata.
Le classiche biografie lo inquadrano, da subito, come un uomo dalla cultura poliedrica, attento osservatore delle culture, siano esse medioevali, a cui lo scrittore dedica gran parte della sua vita, che di altri temi legati alla comunicazione di massa. Un genere di ricerca che esplora, forte di competenze semiotiche e sociologiche, prima nella sua esperienza in Rai poi, alla fine degli anni 60, come Docente di Filosofia dell’università di Milano, all’università di Architettura a Firenze, per ultimo all’Università di Bologna nella cattedra di Semiotica.
Nel frattempo colleziona premi, titoli onorifici, lauree ad Honoris causa, tiene corsi di Semeiotica nelle università di tutto il mondo. Con la natura sempre aperta alle nuove tendenze, Eco non smette mai di contrapporsi a quel movimento letterario troppo conservatore. Ne denuncia i limiti nei suoi saggi (La struttura assente, Trattato di semeiotica) dove esprime chiaramente i criteri base per una analisi teorica e concreta dei testi. Passa dallo studio dei miti della modernità come Mike Buongiorno, a quelli più legati all’interpretazione dei testi narrativi o alle diverse possibilità di costruzione dei testi.
Scrive su Repubblica, l’Espresso, Il Corriere della Sera, traduce testi, e nell’80 esce “Il nome della rosa” il suo primo romanzo di ambientazione storica che lo consacra a livello letterario e con il quale Eco vince il Premio Strega nell’81. Gli faranno seguito Il pendolo di Foucault, Anno Zero, Il Cimitero di Praga uscito nel 2015, un anno prima della sua scomparsa.
Parlare di Eco è pensare al suo romanzo, il più celebre, non che gli altri non lo siano stati, assolutamente, ma “Il nome della rosa”, resta e rimarrà il suo primo impegno letterario con il quale, lo scrittore, lascia in eredità, un segno evidente di competenze linguistiche e letterarie.
Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita, la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni!” diceva…
Potrebbe sembrare un paradosso. In una delle ultime conferenze stampa sulla presentazione della nuova riedizione del libro, pubblicata nel 2012, lo stesso scrittore lo definii, con ironia, “il peggiore dei suoi libri”. I numeri parlano chiaro, il libro, tradotto in 47 lingue e conosciuto in tutto il mondo, è ancora oggi di grandissima attualità. La capacità di coniugare ol stile moderno del giallo ad una impostazione classica che spazia dal latino, alla lingua medioevale a quella più moderna.
Umberto Eco, Il nome della Rosa, la trama
Il romanzo è ambientato nel 1327 in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale. La voce narrante è di Adso da Melk, ai tempi giovane novizio che, ormai anziano, ,racconta le vicende accadute al monastero e le indagini condotte dal suo maestro Guglielmo da Baskerville frate francesco di origini inglesi, giunto nell’Abbazia come mediatore inviato dal Papa. I fatti narrati da Adso, si svolgono in sette giorni e suddivisi per ora liturgica; durante la settimana nell’Abbazia avvengono strani e misteriosi delitti, ma la causa delle morti verrà scoperta sollo all’ultimo giorno, dopo lunghe e difficili indagini da parte del francescano.
Una storia estremamente coinvolgente che lascia al lettore la facoltà d’interpretare, scavando tra gli aneddoti e le parole, le vicende e le ambientazioni. Ancora una volta Eco parte dal passato, per spiegare, in qualche modo, le contraddizioni del presente, ma le descrive in modo arguto, con l’occhio osservatore verso il lettore, quasi a percepire se il messaggio è stato raccolto.
Il mio romanzo è nato dalla immagine di un monaco che leggeva in una biblioteca di un chiostro benedettino, durante una mia piccola permanenza di meditazione, lì ho visto un libro grande e sacro, e mentre lo sfogliavo, tra le lame di luce, ho avuto un momento d’inquietudine…”
E ora mi rivolgo a te, caro iCrewer, se non hai ancora letto il libro, compralo, fai in modo di averlo e leggilo. Se non dovesse riuscirti, mi raccomando, non perdere l’occasione di vedere la prossima fiction dedicata al celebre romanzo, andrà in onda nella prossima primavera, ma per saperne di più, puoi visitare il nostro sito e leggere le anticipazioni!!!
Umberto Eco vi ringrazierà…
Umberto Eco, l’ultima produzione letteraria