Caro Lettore siamo arrivati ad Anahata, il quarto dei nostri chakra, conosciuto anche come chakra del cuore.
L’elemento che rappresenta questo chakra è l’aria ed il colore associato è il verde.
Quando il quarto chakra è aperto ed equilibrato siamo generosi, aperti verso gli altri ed empatici: il chakra Anahata è infatti connesso ai sentimenti più puri come l’altruismo, la fiducia, la compassione ed il perdono.
Al contrario, quando esso è bloccato, la nostra attitudine nei confronti del prossimo ne risente e tendiamo a diventare diffidenti, evitiamo il più possibile le manifestazioni di affetto, non sentendoci degni di ricevere amore e mostrandoci ansiosi nei rapporti con gli altri.
Per questo chakra ho scelto come sempre tre libri:
Il libro per curare è
Lezioni di fiducia per diffidenti di Olga Chiaia
Perché l’ho scelto?
Questo libro ci aiuta ad imparare ad abbandonare le zavorre inutili e lasciarci sedurre dalla leggerezza di una profonda fiducia nella vita e negli altri.
Tutto sotto controllo: la propria vita, e a volte anche quella degli altri. È faticoso, ma se ci si riesce, si prova un senso di padronanza che crea l’illusione di poter gestire davvero tutto.
Ma quando quest’idea viene smentita, e prima o poi accade a tutti, si scopre la propria umanità, fatta di fragilità, limiti e incertezze. In un momento storico in cui sembra impossibile potersi fidare del prossimo e in cui ci sentiamo sempre più soli, finiamo per lasciare che la diffidenza proietti ombre sinistre su tutto e tutti.
Non ci salva l’impressione di essere padroni del nostro micromondo. Il sollievo dalla faticosa battaglia per controllare tutto da soli, e il balsamo sulla ferita che la vita sovente infligge all’idea di sé come persone forti e indipendenti, è la resa a uno spazio più ampio e potente del nostro io.
Per arrenderci e non impantanarci, occorre uscire dall’angustia di noi stessi, accettare di aprirci agli altri e al mistero dell’essere vivi.
Bisogna poter immaginare che ci sia un oltre, e accoglierlo a occhi e cuore e braccia aperti. Occorre lasciar andare la paura, che ci costringe a un eccesso di controllo, e coltivare la fiducia nella vita, che ne sa più di noi come individui isolati.
Il libro per ispirare è
Almarina di Valeria Perrella
Perché l’ho scelto?
Questo romanzo racchiude una grande lezione sulla possibilità di non fermarsi, di espiare, dimenticare, ricominciare.
«Vederli andare via è la cosa più difficile, perché: dove andranno. Sono ancora così piccoli, e torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno qui».
Esiste un’isola nel Mediterraneo dove i ragazzi non scendono mai a mare. Ormeggiata come un vascello, Nisida è un carcere sull’acqua, ed è lì che Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti.
Ha cinquant’anni, vive sola, e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro.
Ma in classe un giorno arriva Almarina, allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte. Il labirinto inestricabile della burocrazia, i lutti inaspettati, le notti insonni, rivelano l’altra loro possibilità: essere un punto di partenza.
Nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze».
Il libro per viaggiare è
Il cammino dell’acqua. A piedi da Milano a Roma lungo il corso dimenticato dei fiumi di Riccardo Finelli
Perché l’ho scelto?
In questo libro l’autore ci invita a seguirlo e a ritrovare quell’istinto vagabondo e transumante che per millenni ha accompagnato l’umanità, per riscoprire la generosità della natura e degli uomini.
Cosa spinge un uomo a riempire uno zaino e percorrere a piedi quasi novecento chilometri da Milano a Roma? Sulle spalle l’essenziale, davanti nessun sentiero, nessun compagno, nessuna prenotazione, affidandosi all’antica leggerezza del viandante. Dopo anni di itinerari predefiniti, Riccardo Finelli ha deciso di uscire dalle strade battute e tracciare il proprio cammino, seguendo una via dimenticata: il corso dei fiumi, che un tempo muovevano uomini, merci e mulini, e oggi scorrono pigri e abbandonati.
Dal Naviglio Pavese al Tevere, passando per il Po, il Trebbia e l’Elsa riaffiora un’Italia di piccoli centri e borghi arroccati, malinconica, generosa e accogliente. Ne fanno parte Alessio, che tiene faticosamente in piedi l’oasi di Alviano; Lino, erede di una generazione di barcaioli che parla ancora la grammatica dell’acqua; o Francesca, che ogni giorno si muove sulle sponde che uniscono Lunigiana e Garfagnana.
Ma un viaggio è fatto soprattutto di osservazione lenta e minuziosa, lunghi silenzi, sospensione di giudizio. In questo spazio di solitudine e libertà, emerge la vera vocazione del camminatore: non raggiungere la meta ma esplorare la strada, riscoprire località cancellate dalle mappe, prendersi il piacere di deviare verso la bellezza insospettata dell’ordinario.
Come sempre buona lettura!