Tutti conoscono la teoria della selezione naturale elaborata da Darwin che descrive il meccanismo di sopravvivenza degli esseri viventi e della prosecuzione della specie, ma quanti conoscono la teoria del gene egoista?
In questo appuntamento con la rubrica dedicata al mondo della filosofia analizzeremo una delle teorie più intriganti ed originali degli ultimi tempi, formulata dal biologo Richard Dawkins. Scopriamo insieme di cosa parla!
Il gene egoista: perchè la biologia ci parla di noi stessi
Quando nel 1976 Richard Dawkins pubblicò Il gene egoista, probabilmente non immaginava quanto sarebbe diventato influente – e, per certi versi, controverso – il suo lavoro. Questa teoria, che ribalta in parte la visione darwiniana della selezione naturale, suggerisce che l’evoluzione non opera a livello di individui o gruppi, ma a livello genetico.
I geni, sostiene Dawkins, sono gli attori principali del processo evolutivo: entità “egoiste” che mirano a replicarsi il più possibile, utilizzando organismi come noi, piante o animali come veicoli temporanei. È una prospettiva che non solo ha cambiato il modo in cui vediamo la biologia, ma ha anche dato origine a riflessioni profonde sulla nostra condizione umana e sul nostro comportamento sociale. Sebbene molti studiosi abbiano da subito contestato questa teoria opponendogli quella, ben più famosa, della selezione naturale formulata da Darwin, lo stesso Dawkins ha specificato che quella del gene egoista non era una teoria opposta a quella della selezione naturale ma per certi versi complementare.
Secondo Darwin, infatti, una determinata specie si è evoluta grazie ad un meccanismo di adattamento all’ambiente in cui si trovava. Una giraffa, ad esempio, ha sviluppato un collo più lungo per raggiungere le foglie degli alberi più alti, le piante hanno sviluppato diversi meccanismi di difesa per sopravvivere e così anche numerose altre specie animali. La teoria del gene egoista, invece, sostiene un principio simile ma su scala più piccola: il meccanismo di conservazione parte direttamente dai geni, prima ancora che da un individuo o da un gruppo, che non è altro che un insieme di questi geni. In sostanza, spiega Dawkins, si tratta di una tesi simile ma analizzata da un punto di vista differente.
I geni sono davvero egoisti?
La teoria del gene egoista ha acceso un vivace dibattito nella comunità accademica. Da una parte, molti scienziati e filosofi hanno apprezzato l’eleganza del modello di Dawkins, che fornisce una chiave di lettura unitaria per spiegare fenomeni complessi come l’altruismo in natura. Perché, ad esempio, una formica operaia sacrifica se stessa per il bene della colonia? Secondo Dawkins, non si tratta di un altruismo genuino, ma del fatto che i geni condivisi tra i membri di una colonia “egoisticamente” favoriscono la sopravvivenza della famiglia genetica.
Dall’altra parte, c’è stato chi ha criticato la teoria per la sua apparente riduzione del comportamento umano e animale a meri calcoli genetici. Alcuni studiosi, come il biologo Stephen Jay Gould, hanno sottolineato che l’evoluzione è un processo molto più complesso e che concentrarsi esclusivamente sui geni potrebbe portare a conclusioni fuorvianti. Inoltre, l’idea di “egoismo” genetico è stata spesso fraintesa come un invito al cinismo sociale, anche se Dawkins stesso ha chiarito che la teoria descrive il funzionamento della natura, non una regola morale da seguire.
Nel tempo, la teoria del gene egoista è stata ampliata ed evoluta. Concetti come la “memetica“, sviluppata dallo stesso Dawkins, hanno esplorato come le idee, analoghe ai geni, si diffondano e si replicano nella cultura umana. Inoltre, studi più recenti hanno integrato la teoria con l’epigenetica, dimostrando che l’espressione genetica è influenzata dall’ambiente e dalle esperienze, aggiungendo ulteriori sfumature al quadro generale.
Il gene egoista nella vita quotidiana
Questa teoria può offrirci una lente interessante per guardare il mondo e, soprattutto, noi stessi. Innanzitutto, ci aiuta a capire che certi impulsi, emozioni o comportamenti che ci sembrano inspiegabili hanno spesso radici profonde nella nostra storia evolutiva. Per esempio, il nostro desiderio di proteggere la famiglia o di formarci in gruppi sociali solidi può essere visto come il risultato di strategie che i nostri geni hanno “preferito” perché aumentano le probabilità di sopravvivenza e riproduzione.
Questo non significa che dobbiamo accettare tutto passivamente. Al contrario, capire i meccanismi di base può renderci più consapevoli e capaci di scegliere come comportarci. Pensiamo all’altruismo: anche se la teoria suggerisce che, in fondo, il nostro “aiutare gli altri” potrebbe avere un’origine egoistica, non sminuisce il valore etico delle nostre azioni. Al contrario, ci aiuta a capire che essere altruisti non è solo una scelta moralmente lodevole ma anche utile ed efficace dal punto di vista sociale ed evolutivo.
La competizione tra individui, il desiderio di emergere, il conflitto, al contrario, sono comportamenti da evitare, poiché dannosi biologicamente e veicolati, piuttosto, da scelte culturali o individuali. Questo può essere particolarmente utile, ad esempio, per chi lavora in team, in ambito educativo o nella gestione dei conflitti: sapere che certe reazioni “istintive” hanno una base naturale può aiutare a trovare soluzioni più empatiche e mirate.
La teoria del gene egoista, sebbene possa sembrare inizialmente fredda e riduzionista, ha in realtà il potenziale di ispirare riflessioni profonde e pratiche. Ci insegna che, pur essendo in parte plasmati dai nostri geni, abbiamo la capacità unica, come esseri umani, di comprendere e trascendere le nostre radici biologiche, costruendo un mondo più consapevole e migliore per tutti. Forse, alla fine, il gene egoista ci invita proprio a essere meno egoisti come individui, abbracciando una visione più ampia e interconnessa della nostra esistenza.