Oggi, iCrewer, con Libri dalla Storia facciamo un salto nel Giappone tra fine X secolo e inizio XI secolo, per parlare di un genere letterario molto particolare, le cui autrici erano principalmente le dame di corte: i nikki.
Prima di addentrarci in una spiegazione più dettagliata di questo tipo di opere, vorrei soffermarmi un attimo proprio sulla loro denominazione (perchè sono estremamente nerd, quando si parla di caratteri cinesi). I semantogrammi cinesi, chiamati kanji in giapponese, usati per scrivere questa parola, ci danno già molte delle informazioni di cui abbiamo bisogno: 日記. Il primo (日) significa “giorno”; il secondo (記), invece, vuol dire “registrare, narrare”. Nikki, quindi, è letteralmente “registrazione giornaliera; narrazione [dei fatti] della giornata”.
Dopo questa presentazione, non sembra di trovarsi di fronte a opere troppo dissimili dalle nostre produzioni diaristiche, non trovi? Ma sarà proprio così?
I nikki tra 900 e 1000 d. C.
Il nikki è un particolare genere letterario che si è originato nel Giappone del periodo Heian (794-1185), quasi esclusivamente tra la fine del X secolo e l’XI secolo – non vi sono altri esempi di nikki di epoche successive. Si tratta di una forma letteraria completamente diversa rispetto alle altre già presenti all’epoca: in primis, era scritta interamente mediante l’alfabeto fonetico hiragana (ひらがな), senza utilizzare i caratteri cinesi. In secondo luogo, le autrici erano quasi esclusivamente donne – a loro, infatti, era proibito imparare a leggere e scrivere i kanji – soprattutto dame di corte.
In un ambiente tanto competitivo e rapido al mutamento (se cambiavano le preferenze dell’imperatore o dei nobili, anche le dame di compagnia di spose e concubine salivano di grado o venivano allontanate), i nikki rappresentavano forse una valvola di sfogo, un modo per dare voce a insicurezze, tensioni e, in generale ai sentimenti.
Quello del nikki, però, non è un genere letterario che si conforma alle nostre aspettative, anzi. I diari del Giappone Heian sono opere composite: hanno alcune caratteristiche in comune con i monogatari – che potremmo definire come dei racconti epici in prosa – e delle raccolte di poesie. I componimenti poetici, infatti, spesso sono i brani più importanti e racchiudono più significato della prosa, usata per contestualizzare questi ultimi.
La narrazione non è sempre giornaliera: a volte possono esserci anche salti temporali di anni interi. Più spesso, l’autrice racconta gli episodi così come le vengono alla mente, non per forze in ordine cronologico. In certi casi si pensa che possano essere stati composti a partire da raccolte poetiche di poetesse all’epoca particolarmente famose, e attribuiti a loro solo in un secondo momento.
I temi trattati sono i più svariati: racconti di viaggio, che descrivono il percorso dalla capitale alla provincia, o viceversa; la vita a corte, con la sua etichetta e la competizione che permeava l’aria; struggenti storie d’amore.
Facciamo qualche esempio
Direi che il primo esempio che potremmo fare è quello del primo diario scritto da un uomo: il Tosa nikki. Risalente al 935, è il racconto del viaggio di un ex-governatore che da Tosa, luogo in cui ha svolto l’incarico, fa ritorno nella capitale Kyoto. L’autore, Tsurayuki no Ki, ha probabilmente scelto questo genere letterario come modo per esprimersi con più libertà; introduce argomenti come il lutto, il ritorno nella capitale e la caducità dell’esistenza.
L’Izumi Shikibu nikki, invece, è la narrazione in terza persona delle storie amorose extraconiugali della poetessa e dama di compagnia Izumi Shikibu, passata alla storia come la “poetessa dell’amore”. In particolare, l’opera si sofferma sulla struggente relazione romantica che l’ha vista protagonista, insieme a un principe imperiale .
Il Sarashina nikki (1060 circa) ha una trama più complessa, quasi drammatica. Racconta la vita di una giovane nobile di provincia che si trasferisce nella capitale, per diventare una dama di compagnia. Ella non riesce, però, ad adattarsi a questo nuovo modo di vivere e finisce per rifugiarsi nella lettura, tralasciando gli studi religiosi.
Lo scopo educativo è molto forte in quest’opera: l’autrice – di cui on si ricorda il nome, passata alla storia come “figlia di Takasune no Sugawara” – vuole rendere ben chiaro il concetto che le donne dovrebbero lasciar perdere futili passatempi, per concentrarsi sullo studio delle scritture sacre e dedicarsi ai pellegrinaggi, come farà la protagonista in età avanzata.
Infine, il Murasaki Shikibu nikki, scritto verso l’inizio dell’XI secolo, è attribuito proprio a Murasaki Shikibu, autrice del Genji monogatari. Questo testo non solo contiene commenti relativi alle circostanze di composizione de La storia di Genji, ma fa un ritratto della società di corte dell’epoca, sottolineando soprattutto il potere della casata Fujiwara, e in particolare di Michinaga, mecenate dell’autrice.