Domani, 4 ottobre, ricorre l’anniversario di nascita dello scrittore Luis Sepúlveda, autore di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Un libro che ho scoperto quando ero una bambina di 10 anni. Il romanzo, che narra una storia di amicizia, sostegno e amore, è stato pubblicato nel 1996. Un romanzo che è entrato nel cuore di un’intera generazione e continua a diffondere insegnamenti molto preziosi.
Gli insegnamenti e la dolcezza delle parole di Luis Sepúlveda continuano a tramandarsi anche grazie al film La gabbianella e il gatto, diretto da Enzo D’Alò. Lo stesso Sepúlveda ha partecipato al doppiaggio italiano del film, nel ruolo del poeta.
“È molto facile amare e accettare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile e tu ci hai aiutato a farlo”.
Gli insegnamenti de Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare
Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare è un romanzo ricco di insegnamenti che continuano ad essere attuali nonostante il libro sia del 1996. Vediamone alcuni insieme.
La storia tra la gabbianella e il gatto è una storia d’amore, intesa nella accezione più ampia del termine. Il primo gesto d’amore lo fa una mamma gabbiano che è consapevole di stare per morire. Come sforzo estremo depone il suo uovo. Un amore che si sacrifica per permettere al proprio figlio di scoprire le bellezze del mondo. Ma questa mamma non rappresenta solo l’amore, ma anche la fiducia. Infatti, si affida ad un gatto, Zorba.
I gesti di amore nel racconto sono molti: il più emblematico è la triplice promessa fatta dal gatto Zorba alla giovane gabbiana Kengah. In punto di morte, Kengah, che sta per deporre il suo primo uovo, chiede a Zorba tre cose: di non mangiare l’uovo, di averne cura finché non si schiuderà e di insegnare a volare al piccolo. È contro natura, folle e inspiegabile. Eppure il gatto obbedisce, prendendosi (forse con comprensibile iniziale imbarazzo) cura dell’uovo e della creatura che verrà al mondo.
Zorba ha premure per il piccolo prima ancora di conoscerlo e – proprio come farebbe la madre – cova l’uovo per 20 lunghi giorni. Lo protegge da tutto, agenti atmosferici, topi crudeli, umani curiosi compresi.
Quando abbiamo visto il film o letto il libro, la prima cosa che ci viene da pensare è che il grande antagonista dei gatti sono i topi. In realtà non è così. I veri “cattivi” sono gli uomini. L’uomo è colui che inquina il mare con il petrolio, quella “macchia nera” che sarà fatale per la giovane Kengah. Più volte definito dai gabbiani la “peste nera”, il petrolio rappresenta nel romanzo tutto il male che l’essere umano fa alla terra e alla natura.
Ma alcuni uomini non sono cattivi, ma buoni. Uomini che hanno un’anima e che sono molti di più di quello che si pensa. Sono gli uomini a cui si rivolgono i gatti. La banda di gatti chiede aiuto proprio ad un essere umano per insegnare alla piccola gabbianella a volare. Infrangono il tabù che impone loro di non parlare la lingua umana e si recano a casa di un poeta, che è il padrone di una meravigliosa micia della quale tutti sono innamorati, di nome Bubulina.