L’occasione è stata l’uscita nelle librerie de Il serpente, l’esordio narrativo finora inedito in Italia, di Stig Dagerman.
Raccontami Stig Dagerman è la nuova serie di podcast prodotta da Iperborea, dopo quelli dedicati a Per antiche strade e a La scimmia dell’assassino. A realizzarla il giornalista Matteo Bordone che, in cinque puntate (più una lettura), racconta i libri e l’attualità della figura di Stig Dagerman. La narrazione di Bordone è cesellata con connessioni a film, libri, episodi di vita suoi e dei suoi ospiti.
Raccontami Stig Dagerman
Il primo podcast si intitola «Stig Dagerman e “Il serpente”». Matteo Bordone inizia con la lettura dell’attacco del romanzo che dà il titolo a questa puntata. Continua con un breve commento al brano letto e alla vita del suo autore, per poi passare la parola al suo primo ospite: Fulvio Ferrari. Filologo germanico, docente presso l’Università di Trento, Fulvio Ferrari è il traduttore di questo romanzo, penna nota tra le file di Iperborea perché sue sono anche le traduzioni di diversi libri pubblicati da questa casa editrice.
Nella seconda puntata, dal titolo «Il nostro bisogno di consolazione», si parla di quello che viene considerato il testamento morale di Stig Dagerman. Ad accompagnare Matteo Bordone in questo viaggio ci sono due ospiti: le scrittrici Elisabetta Bucciarelli e Valeria Parrella. Entrambe raccontano cosa rappresenta per loro Il nostro bisogno di consolazione.
«Autunno tedesco» è il titolo e l’argomento della terza puntata. È il libro con cui lo stesso Matteo Bordone ha conosciuto le pagine scritte da Stig Dagerman, su suggerimento della sua migliore amica. Ospite di questo episodio è Antonio Brizioli, di Edicola 518.
La quarta puntata, «Racconti e “Uccidere un bambino”», racconta di uno scritto di prosa che viene definito il racconto perfetto. Matteo Bordone ne parla con gli scrittori Elisabetta Bucciarelli e Vanni Santoni.
Nella puntata bonus Matteo Bordone Matteo Bordone legge Uccidere un bambino, racconto di Stig Dagerman tratto da Il viaggiatore (traduzione di G. Tozzetti).
La quinta e ultima puntata – «Romanzi e “Il serpente”» – sembra tornare un po’ all’inizio di questo viaggio alla scoperta di Stig Dagerman, per poi chiuderlo. Tra gli ospiti ritroviamo Fulvio Ferrari, il traduttore de Il serpente, oltre agli scrittori Giorgio Fontana e Marco Peano.
Raccontami Stig Dagerman è un podcast prodotto da Iperborea con il sostegno di Creative Europe e realizzato da Matteo Bordone.
Buon ascolto!
Il serpente, di Stig Dagerman
Mentre la Seconda guerra mondiale opprime l’Europa, un serpente infesta un sonnacchioso campo di addestramento della campagna svedese e un’altrettanto inoperosa caserma di Stoccolma durante la mobilitazione generale. Nella sua concretezza di corpo ora si scopre, ora si copre alla vista, ma il simbolo maligno che incarna sa piantarsi nella psiche di chi ci si è imbattuto. Il primo a vederlo è il sergente Bohman, al comando di uno svogliato gruppo in esercitazione, e subito un crampo lo stringe come in un cerchio di ferro.
Il soldato Bill lo cattura a cuor leggero, forse solo per strappare al sergente qualche ora in più di libera uscita in cui togliersi una voglia con Irène prima di una festicciola a base di ragazze e bevute. Ma il serpente che crede di avere al sicuro nello zaino gli infesterà i sogni, getterà nel panico gli amici e confonderà realtà e fantasia tanto a lui quanto a Irène. Sotto forma di odore di paura, poi, aleggia pungente in «Non riusciamo a dormire», in cui otto reclute cercano di scacciare l’insonnia raccontandosi storie di vita vissuta. E di strategie contro l’angoscia, con le menzogne che comportano, saranno in cerca tutti i personaggi del libro.
Tutti tranne Scriver, alter ego dell’autore, convinto che il serpente sia sempre lì, manifesto o latente, e che sia responsabilità di ciascuno prenderne atto, anche fino alle estreme conseguenze. Il serpente, che sia un romanzo, come gli entusiasti recensori lo definirono nel 1945 quando uscì, o una raccolta di racconti collegati, mette in campo ricchezza metaforica, potenza simbolica e beffarda ironia, movimentate da arditi salti di registro, per mostrare che la sola via per l’umano è non aver paura della paura.