Le donne del calcio tra i grandi del mondo!
Finalmente!! lasciatemelo scrivere! Finalmente ce l’hanno fatta! Sono riuscite a salire sul gradino più alto su cui potevano salire. Sto parlando delle piccole grandi donne del calcio scese in campo, qualche giorno fa, per giocarsi un sogno. Un sogno inseguito da tempo, doveroso da raggiungere, non perchè non fossero già capaci o non abbiano avuto la possibilità per dimostrarlo, sarebbe una falsità ammetterlo. Nel calcio femminile nessuno, realmente, ha mai voluto rischiare troppo. Anzi, diciamola tutta, nessuno ha mai veramente voluto che diventasse un sport ufficiale, riconosciuto professionalmente, a tutti gli effetti, dagli organi federali preposti. Più remunerativo e probabilmente meno rischioso assecondare e spesso piegare la testa alle pretenziose richieste dei giovani “Number One” del calcio maschile. Una realtà accecante per gli estremi lustri e lussi da esibire ma accecata, sempre più spesso, nel riportare alla luce i vecchi, ma ancora unici, valori che lo sport dovrebbe avere. Mi dispiace, non lo accetto! Sono ancora convinta che lo sport, qualunque esso sia, debba essere ambasciatore di lealtà, onestà intellettuale, visione di valori di equità e integrità morale e non un rendiconto amministrativo per soddisfare l’ego malato di chi dello sport ne ha fatto un mezzo di speculazione di massa.
Se riflettiamo meglio, osservando le realtà esterne, fuori dai confini, è facile comprendere come l’Italia sia meta desiderata dai migliori del mondo e come, di contro, sempre lontani da noi, siano invece le donne calciatrici ad essere rimborsate adeguatamente per l’impegno e i risultati profusi cosa che da noi è ben lungi dall’ottenere. Mi viene da pensare che, nonostante la realtà professi diversamente, alcune in discipline sportive, e questa è il caso, la discriminante femminile sia ancora diffusa e ben visibile.
Eppure, la storia ci parla di altro e lo troviamo anche approfondito in un bel libro “Storie a e storie di del calcio femminile” di Artemio Scardicchio (Lampi di Stampa). Ci racconta di donne risolute, grandi lavoratrici, vestite con maglietta polo bianca e pantaloncino azzurro, cappellino uguale per tutte, pallone in mano, pronte a darsi battaglia ed era il 1917. Come per quasi tutti gli sport, è l’Inghilterra a dare i natali alla prima squadra di calcio femminile. La squadra prese all’epoca il nome dalla fabbrica in cui lavoravano le donne, impiegate in quel periodo al posto degli uomini al fronte. Le “Signore del Kerr”, questo il nome della squadra, si allenavano durante le pause e, con l’andare del tempo divennero sempre più brave, al pari degli uomini. Dopo i primi incontri, nacquero altre squadre, 150 in Scozia, ancora troppo conservatrice per accettare che le donne potessero giocare correndo dietro ad un pallone, vestite quindi con gonnella lunga e corsetto. Il 5 dicembre del 1921, è la stessa Inghilterra, tuttavia, in nome della sua Federazione, a bandire il calcio femminile, non ritenendolo adatto ad una donna.
Vi riporto il comunicato …
“A causa dei reclami fatti a proposito del calcio femminile, il Consiglio si sente costretto ad esprimere il suo parere, ritenendo il calcio inadatto alle donne e per questo motivo non deve esserne incoraggiata la pratica. Il Consiglio richiede, quindi alle squadre apparteneti all’Associazione di non far disputare tali incontri sui loro campi da gioco”.
A dispetto della decisione presa dalla federazione, la squadra delle “Signore del Kerr” restò in vita per 48 anni disputando 828 partite, vincendone 758, pareggiandone 46 e perdendone solamente 24, segnando 3500 gol.
La nascita del movimento, tuttavia, dovette aspettare la fine della seconda guerra mondiale per ritrovare il suo spazio, anche se in Italia, già nel 1930, si pensò di comporre il Gruppo femminile calcistico formato da donne che scendevano in campo con la sottana. Nacquero squadre a Trieste, Napoli, Milano, Messina e Bologna ma è il 1968 a segnare la nascita della Federazione italiana calcio femminile (Ficf), un lungo percorso di formazione che, in qualche modo ha dato la spinta giusta a che il movimento si espandesse a macchia d’olio, anche nei territori meridionali. Ma non è bastato! Ancora oggi il calcio femminile non è comparabile con quello maschile anche per la scarsa visibilità da parte dei media, un atteggiamento di prevaricazione che ha relegato questo settore un uno sport per pochi.
La partecipazione ai Mondiale, ha senza dubbio, ribaltato la situazione. Le regole del gioco sono cambiate, anche i giornali e le televisioni si sono dovute fermare davanti a tanta determinazione e tenacia. Non si è giocato solo un Mondiale. In campo c’era in palio l’onore e il riscatto per gli anni trascorsi in un angolo, il desiderio di avere l’attenzione giusta, per i sacrifici fatti senza fiatare e pretendere nulla. Non hanno solo corso dietro ad un pallone, hanno alzato finalmente la testa per guardare tutti negli occhi, senza paura, senza distinzione di pelle o di origini, il mondo dello sport e del calcio, anche quello maschile e stato costretto ad ammirarle. Loro che, al mondiale più recente, non ci sono neanche arrivati.
Dopo tanta fatica l’umiltà di una donna, riservata, di poche parole e molti fatti, le ha consegnate agli onori della gloria, ai titoli in prima pagina, agli applausi del grande pubblico di un mondo che ha bisogno di rivedere i propri canoni e che ha ancora molto da imparare. Questa volta, a salire in cattedra, pur se sconfitte, le azzurre del calcio, uscite dal campo, comunque vittoriose, per avere segnato il loro goal più importante. E allora alziamoci tutti in piedi e ringraziamole, per ciò che hanno ottenuto e quello che sono diventate. Chapeau!!!