C’era una volta una piccolo, esile ragazzo giapponese a cui piaceva correre, diventò un maratoneta e per rendere onore al suo, imperatore accettò di partecipare alle Olimpiadi ma improvvisamente alla fine della gara sparì e di lui non si seppe più nulla…..
Sembra l’inizio di una favola, e in qualche modo la storia di Shizu Kanakuri lo è se non altro per l’atmosfera magica e misteriosa che per cinquantanni lo ha circondato. E’ una storia che ha dell’incredibile, da inserire senza indugi nella categoria delle vicende realmente accadute consegnate a chi, come me, rimane attonito, stupito per la eccezionalità che lo la riveste.
Per capire davvero cosa è accaduto al nostro mitico personaggio dobbiamo fare un lungo passo indietro e tornare, in Giappone, a quel famoso 1912…
A quel tempo, in Giappone, l’interesse per lo sport non era molto vivo, così, con la motivazione di spingere e supportare le attività motorie nella nazione nipponica, il mitico Barone De Coubertin, di cui sono certa conosci la fama, chiese a Jigoro Kano, preside dell’Università di Tokio e famosissimo allenatore di judo, di preparare alcuni atleti che potessero prendere parte alle Olimpiadi. Il direttore dell’Istituto non poté fare altro che accettare e nel 1911 nacque l’Associazione Giapponese di Sport Amatoriali, con l’obiettivo di sovrintendere e addestrare gli atleti selezionati per le Olimpiadi. I giornali diffusero la notizia invitando tutti gli allievi della scuola a presentarsi per le selezioni ma su novantadue aspiranti atleti che risposero, soltanto due furono considerati idonei, uno di questi era proprio il nostro Shizō Kanakuri,
Era necessario non perdere tempo, le Olimpiadi erano molto vicine e Jigoro chiese al ragazzo di allenarsi almeno un’ora al giorno dopo le lezioni. Non era certo una richiesta facile, tutt’altro, anche il Ministero dell’Istruzione, controvoglia, accettò di accordare ai due atleti il permesso di saltare le lezioni per partecipare ai Giochi convinti che, nonostante il loro impegno e la grande volontà, la preparazione finale non sarebbe mai potuta essere adeguata per tale evento. Eppure Shizo e il suo compagno Yahiko iniziarono ad allenarsi tutti i giorni, in modo rigoroso, senza mai fermarsi, in palio, molto più della gara, bisognava difendere non solo il proprio onore ma anche quello dell’imperatore.
Per partecipare tuttavia non bastavano certo i pochi soldi messi a disposizione dall’Associazione e per aiutare i due ragazzi si chiese alla scuola di mettere insieme, con una colletta generale, i duemila yen (circa 154.000 euro di oggi) utili per la partenza. Il viaggio di Shizo e Yahiko per Stoccolma durò ben 18 giorni. Partirono in treno da Shinbashi e poi in nave fino a Vladivostock, ancora in treno lungo tutta la transiberiana, a bordo di un vagone, cibandosi male e costantemente esposti al clima freddo dei paesi nordici. All’arrivo nella capitale svedese, il morale certo non era alle stelle, ma entrambi, nella loro semplice divisa, sfilarono con orgoglio alla cerimonia inaugurale, con Shizo che reggeva il cartello del Paese e Yahiko che sventolava la bandiera del Sol Levante, nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa sarebbe accaduto di lì a poco…
Su Yahiko cadde la responsabilità di correre tre gare importanti come i 100, 200 e 400 metri piani. Nei 100 e nei 200 fu eliminato alla prima batteria, riusci a conquistare la semifinale dei 400, ma per la troppa stanchezza decise di ritirarsi. Le aspettative quindi si concentrarono tutte sul giovane Shizō, impegnato nella maratona, gara ritenuta la più importante e per questo motivo programmata a metà dei Giochi: la partenza era prevista alle 13:48, allo sparo Shizo partì come tutti ma non arrivò mai al traguardo.
Per tanto tempo ci si è chiesto cosa potesse essere accaduto al giovane giapponese ed ecco la verità a distanza di 50 anni…
E’ il 14 luglio del 1912, Karakuri, all’epoca, deteneva il primato mondiale sulla distanza con 2h 32m 45s e per gli esperti del settore la possibilità di arrivare al traguardo e di conquistare una medaglia era concreta, tra l’altro era partito con grinta, impostando la gara sull’attacco, sempre in testa il sudafricano Ken McArthur, che andrà a tagliare il traguardo per primo. A poco meno di 12 km dal traguardo, improvvisamente, invitato da uno spettatore seduto nel giardino della sua casa nel paese di Sollentuna, il giapponese, stanco e assetato, accettò di bere un bicchiere di succo di mirtillo e pur sapendo che il regolamento non prevedeva ristori e interruzioni, attirato dalla serenità del posto e dal desiderio di riposare, si adagiò sulla poltrona e si addormentò, risvegliandosi solo a sera inoltrata quando ormai la gara era terminata. Un risveglio troppo amaro per il giapponese così come troppo forte la vergogna e l’imbarazzo per non aver portato a termine la gara. Lo cercarono ovunque per giorni ma nessuno seppe più nulla di lui e la polizia svedese non poté fare altro che iscriverlo nel registro delle persone scomparse. Semplice: il giovane giapponese, per non dover dar conto dell’accaduto, aveva preferito prendere un treno e fare ritorno alla chetichella nella sua terra natia…
Le note dell’epoca, comunque, riferiscono che quella gara, al di là della strana vicenda di Karakuri, è ricordata per il grande numero di atleti che non arrivarono al traguardo, dei 68 atleti che partirono, infatti, solo 34 riuscirono da arrivare alla fine, non solo, si registrò anche la prematura morte per disidratazione del ventiquattrenne portoghese Francisco Lázaro, il quale, per fronteggiare il caldo, si cosparse il corpo di cera.
Torniamo al nostro eroe giapponese. Otto anni dopo, finita la prima guerra mondiale, il nome di Shizo Karakuri cominciò nuovamente a circolare in alcune competizioni di atletica, partecipò alle Olimpiadi del 1920 ad Anversa, a quella del 24 a Parigi ma senza grossi risultati. In qualche modo la vita di Shizo era andata avanti, ma non per gli svedesi per i quali, risultando ancora disperso, era diventato una leggenda. Per questo motivo, per l’anniversario dei 50 anni dell’Olimpiade, il giornalista svedese Oscar Söderlund fu inviato in Giappone alla ricerca dell’atleta scomparso. Lo ritrovò a Tamana, la sua città natale, dove svolgeva la professione di maestro elementare di geografia, padre di sei figli e nonno di dieci nipoti. Soddisfatto, per il giornalista fu quasi scontato invitare Shizo in Svezia e completare simbolicamente la gara dal punto in cui era stata interrotta. Anche in questo caso, le memorie sportive come quelle scritte in Abbiamo toccato le stelle (Rizzoli) di Riccardo Gazzaniga o quelle romanzate dal giornalista Franco Faggiani Il guardiano della collina dei ciliegi, raccontano di un simpatico settantenne, celebrato come il giapponese ritrovato che nel 1967, tornato nella casa che lo aveva ospitato, ripercorre i restanti chilometri della sua gara, riuscendo persino a sprintare con uno scatto negli ultimi 100 metri e concludendo la maratona nell’incredibile tempo di 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti, 20 secondi e 3 decimi., un tempo che certamente non sarà mai battuto!
Dopo la sua morte sopraggiunta a 84 anni, nel 2012, per ricordare la storia di Shizo Karakuri e celebrare i 100 anni dalle Olimpiadi, Yoshiaki Kurado il pronipote di Shizo, fu invitato in Svezia per correre la stessa gara del nonno. L’organizzazione stabilì che il percorso fosse quello di cento anni prima con la piccola ma suggestiva variante, questa volta, di potersi riposare nella mitica casa della famiglia Petrè, a Sollentuna.
Bellissima complimenti