Pitti Duchamp: La politica l’hanno sempre fatta gli uomini, ma le circostanze le hanno create sempre le donne
Continuiamo ad analizzare il genere storico con quest’intervista a Pitti Duchamp dove abbiamo chiacchierato non specificatamente dei suoi libri ma del genere in cui sono inseriti.
Quanta passione per la storia in generale ci vuole per scrivere di storia?
Innanzitutto buongiorno e grazie per avermi coinvolta in questo approfondimento e per aver parlato dei miei libri.
Per rispondere alla domanda: da 1 a 10 credo 1000 più o meno. Per scrivere di storia non è necessario essere storici nel senso stretto del mestiere, ma bisogna, questo sì, immedesimarsi nella società che si descrive. Per compiere un’operazione del genere non bisogna solo sapere i fatti storici ma conoscere usanze, linguaggio, ambiente, moda, etichetta del periodo di cui si parla. Voglio dire: a chi non stonerebbe se in un libro ambientato nell’antica Roma i personaggi si dessero del VOI? O se una donna fosse libera di lasciare il marito senza alcuna conseguenza nella Spagna del 1600? O magari se i personaggi di un romanzo ambientato nel ‘700 in Russia illuminassero le notti con le lampadine? E’ chiaro che esagero ma il senso è questo: per scrivere uno storico che abbia credibilità è necessario conoscere molto bene le regole della società in cui è ambientato e per questo ci vuole molta, molta, moltissima passione. Non sono sufficienti libri: sono necessari spesso anche viaggi, visite a musei, a siti archeologici, a luoghi storici da cui trarre ispirazione. E’ un modo di pensare, una dimensione della mente per cui non si pensa solo al presente ma anche e soprattutto al passato.
Quali sono i sottogeneri dello storico?
Per romanzo storico in senso didattico, diciamo, si intende un genere che ebbe molta fortuna agli inizi dell’ottocento e che è espressione del romanticismo europeo. Nel romanzo storico l’autore compie una commistione tra storia – che deve sempre essere documentata e più minuziosa possibile, corredata di aneddoti e curiosità – ed episodi di pura fantasia. Su questa falsariga ogni genere letterario ha trovato il suo spazio: ci sono thriller a sfondo storico, magnifici, ci sono romance storici (che sono il mio pane quotidiano). Oppure biografie che ritagliano, nella vita dei personaggi storici, qualche spazio di romanzo. L’ottica dell’autore di romanzi storici è sempre coadiuvata da una lente d’ingrandimento: l’autore non narra i grandi fatti storici e i personaggi che li hanno compiuti lasciando sullo sfondo la società in cui vivevano ma al contrario, mette in risalto le vite dei suoi personaggi calandoli nell’ambientazione dei grandi fatti storici.
Poi, secondo ma non per importanza, ci sono i romanzi di ambientazione storica, quelli che narrano di vicende comuni, che potrebbero essere ambientate in qualunque epoca storica, inserendoli in un contesto storico. Da lettore devo dire che questi sono davvero rilassanti. Da autore li trovo dei veri trabocchetti perchè seppure le vicende narrate potrebbero essere estrapolate e inserite in altri contesti storici, anche contemporanei, è comunque necessario fare una grande attenzione ai dettagli della società di cui si racconta. Anche qui ogni genere del romanzo si adatta bene: thriller e romance ma anche fantasy (ambientati in epoche remote non meglio identificate) o distopici.
Tra realtà e fantasia la commistione come avviene
Beh, non è per nulla semplice. Posso dire quale è la mia esperienza e raccontarla ma non è detto che tutti gli autori di storico facciano così. Io traggo ispirazione da un fatto che mi colpisce magari rileggendo un manuale di storia o leggendo un saggio o magari per un video che trovo per caso su internet. Da lì si dipana la mia storia e il difficile è piegare la trama agli eventi storici. Voglio dire: non posso certo scrivere che la mia protagonista ha incontrato l’Imperatrice Sissi alla corte d’Austria nel 1850 perchè Sissi si è sposata nel 1854. Non posso dire che la mia protagonista diventa una crocerossina nel 1866 (terza guerra d’Indipendenza italiana) perchè all’epoca la Croce rossa era formata solo da uomini e militari per giunta. La storia ha il primato per me. Nel libro che uscirà a maggio ho dovuto posticipare di 20 giorni un evento perchè non sarebbe stato coerente con i tempi della trama. Me ne sono fatta un cruccio ma ho avvertito il lettore nella nota storica. La trama del romanzo può essere modificata in qualsiasi momento precedente alla pubblicazione, la storia no, e se si decide di scrivere un romanzo storico, ne senso più stretto del genere, non si più prescindere dalla veridicità documentata degli episodi narrati. Certo, si tratta comunque di romanzi, non di saggi quindi la fantasia deve avere largo spazio ma non è giustificabile il falso storico. Neanche dall’etichetta “romanzo”.
A che punto un romanzo rientra nello storico? Quali sono i parametri?
Al di là delle regole di cui ho già parlato, un romanzo per essere storico deve parlare di una società antecedente a quella contemporanea, con regole diverse, moda differente, usi e mentalità diverse dalla nostra. Mi viene da pensare a una serie poliziesca che mi piace molto perchè ambientata nella mia Firenze: le avventure del commissario Bordelli, scritte da Mario Vichi e pubblicate da Guanda. E’ ambientato negli anni ’60 del 900. E’ da considerare storico? Secondo me sì: in quegli anni, subito dopo la guerra, esisteva una mentalità così diversa da quella attuale che è difficile far rientrare quei romanzi tra i contemporanei. Pensiamo solo che il divorzio in Italia è diventato legale nel ’70, dovevano passare gli anni di piombo, c’era la guerra in Vietnam, erano ancora vivi nelle persone i ricordi della guerra civile italiana, c’era il muro di Berlino. Insomma… una società completamente differente dalla nostra. Ecco, questo è il parametro più importante secondo me, per definire un romanzo ‘storico’.
Tu scrivi di storia, sempre lo stesso periodo. Perchè?
Ci sono diversi motivi: il primo e più banale è che mi piace scrivere di Risorgimento, mi piacciono gli intrighi politici che hanno caratterizzato le tappe dell’Unità d’Italia, mi piace la tensione politica che si respirava in quegli anni. Mi piace la moda di quegli anni, e il cambiamento della mentalità che caratterizzò l’800. Ci sono infiniti chiaroscuri che la storiografia ha affrontato senza farli arrivare al grande pubblico. Non ho ambizioni educative, no, i miei libri servono a far passare qualche ora in piacevole compagnia, per carità, ma mi piacerebbe se qualcuno leggendo le miei storie andasse a riguardarsi magari chi era davvero Luciano Manara. Chi era Garibaldi: l’eroe dei due mondi o un criminale mezzo pirata ricercato in tutta Europa che dovette fuggire in sud America? Perchè nel sud dell’Italia i briganti combattevano l’esercito piemontese? Perchè se il Regno delle Due Sicilie era considerato uno dei più ricchi e moderni d’Europa il sud dell’Italia è considerato quasi zavorra? In quel periodo storico nasce l’Italia: debole, confusa, disomogenea ma Italia. Quale altro periodo storico potrebbe interessarmi di più?
In seconda battuta: il progetto era quello di dedicare a ogni tappa dell’Unità d’Italia un romanzo. Ce ne vorrebbero troppi ma conto di raggiungere il mio obiettivo alla fine del 2018. Poi ho in mente qualcosa connesso alla prima guerra mondiale. Ma non mi sbilancio!
Le donne nella storia o la storia fatta dalle donne?
La storia l’hanno fatta gli uomini ma dietro i grandi uomini ci sono sempre state grandi donne. I trattati li hanno firmati gli uomini, ma le clausole le hanno sempre scritte le donne. La guerra l’hanno fatta gli uomini, ma i Paesi sono andati avanti sorretti dalle spalle delle donne. La politica l’hanno sempre fatta gli uomini, ma le circostanze le hanno create sempre le donne. E come diceva Teresa Filangieri: il potere è maschile ma la capacità è femminile!
Ringraziamo molto Pitti per essere venuta a trovarci ed attendiamo il suo prossimo romanzo in uscita tra qualche giorno: Il pugnale e la perla nera!