Oggi nel nostro spazio dedicato alle interviste ospitiamo Manuela Paric’, autrice de “L’enigma delle anime perdute“, e che ringrazio anticipatamente per la disponibilità e l’entusiasmo che ha dimostrato verso la nostra redazione
Ciao Manuela, la curiosità sulla tua persona e sul tuo lato creativo continua a stuzzicarmi tanto che ti ho trascinata anche nella nostra rubrica; vorrei chiederti un po’ di cose, anche se spero mi perdonerai il fatto che comincerò con un paio di domande un po’ banali:
Da quanto tempo scrivi?
In un modo o nell’altro la scrittura mi è sempre stata accanto. Prima di andare a scuola e imparare a mettere una lettera dopo l’altra, riempivo quaderni e quaderni di segni strani, facevo finta di saper scrivere. Mi sedevo alla scrivania di mio nonno, mi arrampicavo sulla sua seggiola altissima, guardavo fuori dalla finestra con aria pensosa, impugnavo la biro e mi convincevo di essere promotrice di questioni importantissime. In treno, all’età di circa 4 anni, mi dedicavo ai miei scarabocchi con costanza e alcune volte persone gentili fermavano mia madre complimentandosi per la creatura tanto precoce. Mia madre non mi reggeva il gioco, MAI e con un misto di imbarazzo e ilarità diceva “No, no, non sa scrivere, per fortuna sta giocando”. Quando finalmente l’uso della parola scritta mi è stato rivelato, mi sono immediatamente appassionata alla poesia e ai racconti minimi. Avevo 17 anni e 829 km di distanza mi separavano dal mio primo amore, io ero una ragazzina sciocca, furiosa e piena di brama e per questo una o due volte al mese viaggiavo per 9 ore su un treno lentissimo diretta a Salerno. A farmi compagnia c’era un quaderno (sì, sono vecchia non era ancora l’epoca dei tablet o dei mini pc), creavo storie osservando le persone: controllori intransigenti, vecchine bellissime, amanti… un intero mondo a disposizione sui binari. Poi un giorno, quando la vita mi aveva sufficientemente segnata, ho sentito l’urgenza di creare storie più articolate, che raccontassero realtà ironiche ma indicibili, e alla fine eccomi qui. E… non so se te l’ho detto ma una delle cose a cui bado di più quando scrivo è il ritmo/la musicalità, il suono delle parole, il fatto che abbinate insieme acquistino un significato non solo di senso ma anche attraverso il suono che rende la frase cruda oppure soft; scrivere è difficile ma… ripaga sicuramente di tutte le fatiche.
Sei una lettrice assidua? Quali sono i tuoi scrittori preferiti?
Leggo molto, leggo di tutto, leggo più libri contemporaneamente e mi do anche il permesso di non terminarli. Amo utilizzare gli e-reader, perdere decimi di vista con il kindle sul cellulare o tenere in mano i classici, meravigliosi e pesanti cartacei (ai quali, ferirò molte persone con questa affermazione, non risparmio virgole giganti su pagine intonse per tenere il segno. Sono rude ma è un sacrificio dovuto.) Ci sono tantissimi autori che amo, libri che per ragioni diversissime mi sono rimasti dentro e mi hanno cambiato. I gialli di Simenon e Agatha Christie mi hanno tenuto compagnia alle medie e i primi due anni delle superiori. Lo specchio nello specchio di M. Ende, mi ha colpito al cuore quando avevo 16 anni: mi ha fatto pensare in modo obliquo, è come se mi avesse aperto una piccola fessura tra le idee. Mark Twain mi ha fatto ridere tantissimo, i suoi scritti sono “famiglia”: io ero bambina e mia madre li leggeva ad alta voce. Eravamo tutti insieme, appiccicati, sul lettone: mio padre sgranocchiava qualcosa, il gatto gli mordeva i piedi e i racconti prendevano vita. Un ricordo bellissimo. Pirandello e Sciascia mi hanno fatto pensare all’uomo, alla società, alla crudeltà, alla follia e all’ironia pungente e inevitabile che bisogna conservare con cura per vivere sereni e consapevoli. King semplice, diretto, orribile contemporaneamente. Virginia Woolf, così vera, densa, struggente. La verruca del bey d’Algeri di Gogol ha infestato i miei sogni. Shakespeare, pura musica. Pennac per come utilizza le parole… e tantissimi altri, letture considerate leggerissime (da alcuni definite robaccia purtroppo) che mi hanno tenuto compagnia e dato la carica nei momenti in cui avevo bisogno di sentire la mia anima vibrare come una piuma. In lettura ora ho Le braci di Sándor Márai (romanzo consigliatomi da una donna incredibile conosciuta al FRI) e Farfacante, il nuovo romanzo horror sperimentale di Vera Q (bellissimo).
Hai sempre pubblicato self? È stata una scelta personale (per molti lo è) oppure le case editrici hanno respinto i tuoi lavori? Se sì, quali?
Ho pubblicato solo self, non ho mai spedito nulla ad alcuna casa editrice, complice la mia minuscola autostima e la mia innata pigrizia. Non mi sono proprio mai posta il problema. Del self mi piace avere i dati sotto controllo e non avere l’ansia da advertising.
Mi pare di aver capito che ami scrivere racconti brevi; hai pensato a pubblicare prossimamente, che so, magari una raccolta?
Ho un blog dove raccolgo alcuni dei miei racconti brevi e brevissimi, molti dei quali ispirati a fatti di cronaca e dallo svolgimento surreale. I racconti brevi sono istantanee, fotografano attimi di vita, dicono quello che devono e lasciano al lettore immaginare tutto il resto. Mi ricordano le stanze delle case delle bambole, miniature perfette, luoghi dove ogni oggetto ha un senso, un significato e una precisa collocazione: l’asciugamanino da 1 cm, il sottobicchiere grande come una lenticchia, la seggiolina realizzata con gli stuzzicadenti. Tutto immobile e “mosso” simultaneamente. Li amo. Per ora non ho mai pensato di farne una raccolta, i miei sono racconti scritti di getto, andrebbero editati e rielaborati. Puoi comunque trovarli qui: fiumegiallo.blogspot
Il tuo genere giallo/noir/folle, come avrai capito mi è piaciuto molto; hai mai pensato di variare genere, o di spaziare a livello artistico? (so di qualcosa legato al teatro… illuminami, sono curiosa)
Non mi sento legata a un genere, solo alle storie. Se mi arriva l’idea per una storia noir, quella scrivo. Il giorno che mi entrerà dentro una storia fantasy, romance, horror, etc… di quelle cose tratterò. Ho tantissimi appunti, bozze e bozzucole su argomenti diversissimi, aspettano solo di essere imbrigliati in una struttura e nascere. Per quanto riguarda la commedia teatrale… avevo fatto un piacere a un amico e gli avevo scritto un testo semi-comico organizzato in scene flash. È la storia di un fantasma tirolese, tre inquilini diversissimi tra loro e la gelosia. Non è niente di che, andrebbe anche questa rivista ed editata, credo lo farò.
Ho sentito vociferare anche di una nuova avventura per il nostro indagatore dal cuore sensibile Jean-Luc Mocha: a quando l’uscita?
Sto lavorando a due romanzi. Spero di poterne pubblicare uno prima di novembre e l’altro qualche mese dopo. Dirai, anni senza fare niente e poi… ahhhh… sono una demente. Purtroppo il tempo è sempre poco e tiranno e compresso: scrivo al bagno, tra una pipì e una telefonata; scrivo prima di dormire e proseguo nel sonno; scrivo quando aspetto che bolla l’acqua per la pasta e a volte (raramente) mi regalo un weekend di solitudine, tisane e gatti. Inizio a scrivere il sabato sera e termino la domenica pomeriggio, risultato: la casa è esplosa, la figlia indispettita e il frigorifero vuoto. A ogni modo se mi aumenterà la diuresi, se la fila alle poste non mi darà scampo e se il demone dell’insonnia non mi coglierà impreparata… dovrei riuscire a portare a casa i seguenti romanzi:
“L’enigma dell’isola bianca“: una nuova avventura del Signor Mocha! La storia è ambientata su un selvaggio isolotto delle Kornati. I protagonisti: due case, un vecchio monastero diventato clinica veterinaria, un matrimonio e la morte. Ritroveremo Teodora, Bembo e altri personaggi conosciuti nell’Enigma delle anime perdute.
“L’imperfetto“: racconta di un uomo di 46 anni, fallito e costretto a tornare a vivere con i genitori. La vicenda si svolge in un minuscolo paesotto di fantasia, in sottofondo la campagna lombarda e un autunno umido. Rancori, ricordi, momenti di formazioni e atroci omicidi sono gli ingredienti di un quasi noir.
E per ultimo, (ma in realtà è la primissima domanda che mi sono fatta su di te) cosa ci faceva una autrice noir al primo Festival del rosa italiano?
Una mia cara amica (Livia Sarti) ci teneva ad avermi accanto, la ringrazio tantissimo per questo. Lei scrive romance, ci mette tutta sé stessa. Cura i suoi libri come dei bambini e ha un approccio alla scrittura professionale. Mi rimprovera sempre di rimanere troppo nell’ombra e credeva fosse un’ottima occasione per farmi conoscere come persona a prescindere dal genere dei miei romanzi. Era inoltre l‘evento perfetto per promuovermi come professionista di grafica e comunicazione. È il mio lavoro. Io realizzo, per esempio, le copertine dei suoi romanzi. Ti confesso che quando ho accettato di partecipare al FRI avevo molto timore, dentro sono una timida.
È stata invece un’esperienza bella, interessante, mi ha arricchito e permesso di entrare in contatto con alcune persone delle quali ormai non posso più fare a meno. Inoltre… un po’ come il bene e il male… anche il rosa necessita di un po’ di nero!
Rileggo l’intervista e debbo condividere con te, caro iCrewer, la certezza di aver parlato con una persona eccezionale sotto molti punti di vista: nelle sue risposte v’è tutta la sua creatività, la sua atipicità e al tempo stesso l’umiltà di una donna sensibile ed empatica; sia il parlato che lo scritto racchiudono e comunicano perfettamente la personalità di Manuela in tutte le sue sfumature, regalando a sia a chi la legge sia a chi l’ascolta un vero e proprio concerto di pensieri ed emozioni.
Io non vedo l’ora di immergermi nei suoi nuovi capolavori, e tu? Stay Tuned, mi ritroverai presto a parlarti ancora di Manuela!
Grazie dell’opportunità e delle incredibili parole… mi rimarranno le guance arrossate fino a Natale!
Grazie a te Manuela, per avermi regalato di nuovo belle emozioni! Alla prossima 😉