A tu per tu con Luca Murano, che come me ama “la pasta fatta in casa”
Quando mi è stato dato da leggere Pasta fatta in casa il libro di Luca Murano, ligia al dovere, ho fatto la mia parte, mi sono messa comoda comoda, senza esagerare, (diciamo che l’ho letto tra una linguina allo scoglio e una parmigiana con le polpettine) e mi sono sciroppata 18 racconti uno dietro l’altro. Come per tutti gli esordi, l’inizio mi è sembrato scoppiettante ma con i dovuti filtri, per rendermi conto, ben presto che, i filtri ormai, erano completamente spariti e i freni erano saltati del tutto. Meno male che ogni tanto, il nostro autore, forse per fare un ” pitstop” celebrale, ha pensato bene di lasciare fuori dalla porta brutti pensieri e risse omicide, per fermarsi a riflettere in una cucine fai da te, e assaporare una bella pasta fatta in casa, il segreto arcaico per rendere tutto più semplice e naturale.
Non ti nascondo che, nel mio immaginario e non certo quello degli altri, il pensiero di dover muovere qualche critica in più al giovinastro ribelle, mi ha messo a disagio, poi mi sono detta “Dona, male che vada ti beccherai qualche parolaccia, ma va bene così!” Ho scritto la mia recensione, lo ammetto un po’ duretta ma la risposta di Mister Murano non si è fatta aspettare e con un certo “savoir faire” ha accettato le mie tre stelline e un’intervista quasi in tempo reale. Mi potevo accontentare? Ho scritto le mie 10 domande (forse ho esagerato) con la segreta speranza che, parlandone insieme, ci saremmo capiti e così è stato!
Leggi cosa mi ha risposto…
Sig. MURANO, dalle note biografiche, ho scoperto che è nato al Nord, da genitori SALERNITANI, ha scelto di vivere a Firenze, ama il cibo, il basket la musica e scrive con “fortune alterne”, per usare un eufemismo: non si sente una bella parmigiana fatta di tante cose?
Il fatto di non avere ‘radici’ geografiche ben salde e consolidate, volendo vedere il bicchiere ‘mezzo pieno’, mi ha forse facilitato nell’avere una visione delle cose multiforme, a farmi molte domande, e ad ottenere ancora meno risposte. Trovo comunque che per la vena creativa sia stato più un vantaggio quello di non avere un’alma mater, un luogo mio e solo mio soltanto, piuttosto che uno svantaggio: è bello, ad esempio, poter avere libero accesso alla parmigiana declinata contemporaneamente in tre ricette così diverse; nord, centro e sud!
Ha collaborato per due anni con la Mondadori, in qualità di correttore di bozze, quanto ha influito questa esperienza nella scelta di scrivere un libro?
Lavorare in giovane età a pieno ritmo in una redazione mi ha sicuramente aiutato a rendere più ‘fluide’ alcune delle mie skills da scrittore precario. Ma l’influenza più grande rimane sempre quella di alcuni Grandi libri che ho letto e dei viaggi che ho fatto, fra quelle pagine e non.
Quando ha capito che era arrivata l’ora di mettere su carta i suoi pensieri?
Molto presto: fin da bambino scrivere quello che mi passava per la testa mi aiutava molto. Era un momento ‘mio’ privato, in cui mi fermavo e finalmente mi ascoltavo, senza distrazioni. Almeno fino a quando non iniziavano i cartoni animati!
Nel leggere la sua raccolta di racconti, ho avvertito un forte cinismo nei confronti della vita e una visione pessimistica e arrendevole della realtà. Sbaglio?
Per rispondere a questa domanda ‘rubo’ le parole di Laura una cara amica a proposito di questa tematica “In parte concordo sul senso di straniamento che si prova (…) Non ho però trovato lo sguardo tanto cinico da non lasciare via di uscita, anzi. Per me il segreto è il mix di ironia, distacco, quel tocco surreale che fa capire che è così, ma non per forza, non del tutto. Insomma, a ciascuno il suo mix di spezie”
Ogni racconto è diverso dall’altro, ma i dialoghi sono sempre molto concitati e sulle righe, è una scelta linguistica provocatoria?
Un racconto, a differenza di un romanzo, porta a giocarti tutto in poche pagine. Quindi forse sì, la concitazione e il ritmo serrato dei dialoghi, spesso sono un ‘mezzo’ per poter parlare al lettore in maniera puntuale, essenziale e rapida. Vi assicuro, però, che ci sono ‘momenti’ del libro in cui i dialoghi sono specchio fedele, almeno nella mia testa, di quello che può accadervi alle poste, dal kebabbaro o dal fornaio sotto casa.
Nel suo libro racconta le contraddizioni, in qualche modo la fatalità della vita, l’incapacità di dialogare, esprimere il dolore, in mezzo a questa valle di “lacrime” la cucina sembra un buon modo per riprendere a respirare aria buona?
La cucina è sempre un ottimo modo per smorzare le situazioni, anche le più difficili e surreali. Davanti a un bel piatto di spaghetti, o a una fiorentina, molti dei nostri problemi possono essere se non riconsiderati del tutto, perlomeno rimandati. È uno dei piaceri della vita, sottoscrivo volentieri.
“Pasta fatta in casa”, perchè?
La dedizione e la fatica dello scrivere mi hanno sempre ricordato la pasta fatta in casa di mamma. Nel bene o nel male, infatti, niente può sorprendere di più di qualcosa di così semplice e genuino, qualcosa che non è ancora stato preconfezionato o reso disponibile nella corsia di un supermercato.
Ogni libro ha la sua morale, se ne ha una, la sua qual è?
Ecco, forse una vera e propria morale qui latita. I racconti si succedono uno dietro l’altro come l’incedere delle diapositive su un muro bianco: immagini che vorrebbero invitare a riflettere sul modo in cui viviamo la vita di tutti i giorni e magari lasciarti in bocca quel sapore dolce e amaro che fa capire che in fondo anche noi commettiamo gli stessi errori dei personaggi del libro. Fate conto che sia un manuale sulla quotidianità, raccontata schiettamente e senza troppi fronzoli.
Lei è un laureato in lettere, ha studiato i classici, ma ha sicuramente uno sguardo aperto verso la narrativa contemporanea, quali sono le sue preferenze nell’uno e nell’altro caso?
La letteratura russa dell’Ottocento, Calvino e la Beat Generation americana tra i ‘Classici’ preferiti. La narrativa contemporanea è un ‘sottosopra’ variegato e puntiforme. Per ovvie ragioni leggo tante riviste letterarie che propongono inediti di esordienti niente male. Se devo lasciarvi dei nomi in calce, frugo nel mio recentissimo passato di lettore e vi dico Emmanuel Carrere, Murakami e Vanni Santoni
Ha in serbo altri progetti?
Al momento la dimensione del racconto rimane la mia ‘comfort zone’. Proverò a scriverne di nuovi e magari di ‘testarli’ su riviste di settore. Se volete leggerne alcuni vi consiglio di dare un’occhiata al mio blog (vaicomesai.blogspot.com).
Il mio intuito non mi ha tradito, in fondo, dietro quella faccia scanzonata, si nasconde un personaggio con un suo background culturale, curioso della vita e delle sue trasformazioni sociali e letterarie. Sono certa che, una volta riposti gli artigli della provocazione a tutti i costi, sentiremo ancora parlare di Luca Murano.
Grazie Luca, alla prossima!