Sogni di Carta… Intervista Monica Lombardi
Caro iCrewer è un piacere presentarti Monica Lombardi autrice della quale ho recensito: Schegge di ricordi e schegge di verità.
Noi, team di iCrewplay abbiamo conosciuto Monica Lombardi al Festival Romance e spero che con questa intervista potrai conoscerla un po’ meglio anche te.
La prima domanda è un po’ di rito: presentati con una frase che ti rappresenta e allegando i link con cui è possibile trovarti.
Qualche anno fa uscivo dal mio cancello in macchina e gli alberi che avevo di fronte erano investiti dai raggi del sole, le foglie mosse dal vento. Una frase mi attraversò la mente in quel momento, e la porto con me da allora: “Scrivere è sentire il mondo che respira.” Le storie sono ovunque, ti volti e ne sfiori una con lo sguardo. È il mondo che respira.
Ecco i miei link:
La mia pagina autrice su Facebook https://www.facebook.com/Monica-Lombardi-346674595511713/
Il gruppo dove interagisco con i lettori, si chiama Mike Summers and friends, dal nome del mio primo poliziotto. https://www.facebook.com/Monica-Lombardi-346674595511713/
Il mio profilo twitter https://twitter.com/MonicaLombardi4
e infine il mio sito, da cui potete iscrivervi alla mia mailing list: www.monicalombardi.it
Ho letto nella tua biografia che sei una mia compaesana, infatti sei nata a Novara e vivi in provincia di Milano, mi chiedo come sei riuscita ad evadere i nostri confini cittadini per arrivare a scrivere fan fiction su siti americani?
Sono nata a Novara per caso, mio padre è toscano e mia madre istriana. Abbiamo cambiato diverse città seguendo i trasferimenti lavorativi di mio padre prima di sistemarci definitivamente in provincia di Milano.
Ho studiato lingue, al liceo prima, a scuola interpreti e all’università poi, quindi sono uscita dai confini italiani fin dai miei studi, abituata a studiare le lingue e le letterature di altri paesi. Ho sempre viaggiato tanto, fin da bambina (mio padre è un girovago, ogni anno si andava in vacanza in un paese diverso). Sono approdata sui siti di cui parli seguendo la mia passione per alcuni telefilm, mi è venuto naturale scrivere fanfiction in una lingua che tutti potessero leggere. L’inglese è nella mia testa quasi quanto l’italiano. So che molti editori italiani da noi autori italiani si aspettano storie ambientate nel nostro paese, ma nessuno ha mai nulla da ridire quando un autore decide di ambientare il suo racconto in un tempo diverso dal nostro. Eppure non si può viaggiare nel tempo, mentre si può viaggiare nello spazio, si può andare all’estero, fisicamente e anche virtualmente oggi, e nelle storie puoi portare i luoghi dove sei stata e che ti si sono stampati nel cervello con il loro fascino, le loro suggestioni, le loro peculiarità. Tempo diverso, nessun problema, paese diverso, grazie no: non vi sembra un’incongruenza?
I protagonisti della mia serie forse più conosciuta, il GD Team, viaggiano un sacco, e molte delle location che ho usato e ho intenzione di usare in quella serie sono ricordi dei miei viaggi.
Quanto pensi sia merito della fortuna in quello che hai realizzato fino ad adesso?
La fortuna. Avrei potuto averne di più, avrei potuto averne di meno. Ci sono momenti in cui la fortuna gira dalla tua parte, altri in cui ti rema contro. È stato così finora, immagino che continuerà a essere così in futuro. Quello che so per certo è che pubblico da quasi undici anni e non ho mai spesso di lavorare, non ho mai smesso di crederci.
Ho notato le tue pubblicazioni con Emmabooks, casa editrice di cui spesso recensiamo le opere, cosa pensi di una casa editrice che pubblica solo in digitale?
Credo che Emma Books sia stato il primo editore solo digitale, precorrendo i tempi. Il digitale permette maggiore sperimentazione, flessibilità, velocità. Questo mi ha dato la possibilità di pubblicare romantic suspense e una trilogia che è un mix di generi (distopia, time travel, romantic suspense), storie che non avrebbero trovato spazio nel catalogo di un editore tradizionale. Per quanto mi riguarda, entro ancora in libreria, ma i miei acquisti e le mie esplorazioni nel mondo dei libri avvengono ormai quasi tutte online.
Leggendo Schegge di verità prima e Schegge di ricordi dopo mi sono chiesta se la capacità di entrare nella mente della vittima nel primo volume e in quella del carnefice nel secondo è semplicemente un dono, oppure è frutto di un lavoro studiato con l’aiuto di esperti del settore.
Grazie per averlo definito dono. Un po’ e un po’, immagino, più una terza variabile che non hai citato. Visto il ruolo di primo piano di Andrea Ranieri, psichiatra, e dell’amnesia della protagonista, ho chiesto a una mia cugina psichiatra di leggere il manoscritto di Schegge di verità, giusto per essere sicura di non avere scritto cavolate.
Quando posso lo faccio. Ho un’amica infermiera di pronto soccorso che riempio di domande, e poco fa ero al telefono con il mio istruttore di Krav Maga, al quale ho chiesto di leggere una scena di Hurricane. Poi sì, credo che gli autori abbiano questa capacità di entrare nella testa altrui, o i nostri personaggi sarebbero tutti cloni di noi stessi.
La terza variabile che spesso dimentichiamo è costituita da tutte le storie che abbiamo letto, tutti i film e telefilm che abbiamo visto, che ci hanno riempito di informazioni, di modelli, di esempi, di rappresentazioni di archetipi che, forse noi autori più degli altri, assorbiamo senza neanche rendercene conto. Nei nostri killer, nei nostri psicopatici c’è un po’ di Hannibal Lecter, un po’ di Annie Wilkes, un po’ di Norman Bates, un po’ di tutti i cattivi di cui neanche ricordiamo i nomi. Lo stesso per “gli eroi”. Nel ventunesimo secolo nessuno scrive più niente di nuovo: ricombiniamo gli ingredienti che abbiamo a disposizione sperando di riuscire ad aggiungere un piccolo tocco nostro.
Secondo te il segreto di un buon romanzo dove risiede? E poi, per te è un lavoro solitario o che è necessario compiere grazie a un team di figure di cui lo scrittore si fida ciecamente.
Credo che le persone cerchino cose diverse, quando leggono. Io scrivo il tipo di storie che amo anche leggere. Quando leggo mi piace essere coinvolta, tenuta sulle spine, ma anche coccolata. Amo le trame capaci di stimolarmi in qualche modo e i personaggi che sento veri. Se lui e lei in un romance pensano e parlano allo stesso modo, la mia sospensione dell’incredulità va a farsi benedire. Quando scrivo cerco di emozionare, di sorprendere, ma allo stesso tempo di dare ai miei personaggi una forte coerenza. Non possono, non devono essere tutti uguali. L’ideale, quando leggi una storia, è non sentire più l’autore dietro ai personaggi. Ma questo è il tipo di romanzi che amo io, un’altra persona potrebbe darti una risposta tutta diversa.
La scrittura è un mestiere solitario. Sei solo di fronte alla pagina bianca. Tuoi i dubbi, tue le paure, tuoi i personaggi a cui vuoi dare voce. Forse proprio per questa “solitudine” di fondo io sento l’esigenza poi di condividere quello che sto facendo, e lo faccio in due modi.
Ho un gruppo di beta che leggono le mie storie in progress, capitolo per capitolo, e che sono il mio primo “tester” per capire se la storia funziona. Inoltre, dato che sanno quello che sto creando, posso anche fare brainstorming con loro, discutere delle mie perplessità, dalla più complesse alle più banali, come l’abito di due sposi. Non è questione di fiducia cieca, anche perché sono persone diverse e spesso hanno opinioni diverse, quindi non mi arriva mai una sola risposta: è questione di avere l’opportunità di sviscerare qualcosa con qualcuno che ti ascolta e sa quello di cui stai parlando. Lo sviscerare stesso a volte porta la soluzione (senza contare che è spesso divertente da matti). Poi c’è il gruppo in cui condivido pensieri, teaser, sondaggi e quant’altro con i miei lettori. È il mio salotto, la mia pausa caffè. Ho la fortuna di avere lettori che vogliono molto bene ai miei personaggi, e questa cosa è assolutamente meravigliosa. La scrittura oggi più che mai è comunicazione. Io posso anche dare vita a una storia, ma sono i lettori a renderla davvero viva. In una città olandese c’è una statua di Maigret: non Simenon, Maigret. Questo la dice lunga sul triangolo autore – storia/personaggio – lettore.
Perché un lettore dovrebbe leggerti? E quale dei tuoi romanzi gli consiglieresti.
Già, perché, con tutto quello che c’è da leggere? Me lo chiesi anch’io, dopo aver pubblicato il mio primo romanzo, “Scatole cinesi”. Credo che la risposta sia in quello che ho detto sopra. Se a questo lettore piacciono i misteri, i thriller, i gialli e non gli dispiace che nel romanzo ci siano anche delle storie d’amore, allora sono l’autrice che fa per lui/lei.
Per quanto riguarda il titolo da consigliare: se gli piacciono i polizieschi gli consiglierei Vite rubate, spin-off della quadrilogia Mike Summers, quindi leggibile anche da solo; se ama le atmosfere alla Mission Impossible gli consiglierei il GD Team, quindi Vertigo; se preferisce i thriller e l’ambientazione nostrana, Schegge di verità.
Concludo con: dopo il festival romance a Milano e il Rare a Roma dove potremo incontrarti?
Il 2019 è stato un anno ricco di appuntamenti con il pubblico, è vero! Per il 2020 per ora ho un solo evento in programma, il FRI (sempre a Milano) a settembre. Spero di rivedervi lì!
Così si conclude un’altra bella intervista!
Ringrazio Monica Lombardi per questa bella chiacchierata e te lettore per essere arrivato fino a qua.