Oggi incontriamo Sara P. Grey… che usa uno pseudonimo.
Con la nostra intervista cercheremo di scoprire, se la nostra frizzante autrice ce lo consente, chi si nasconde dietro lo pseudonimo, e qual è stata la molla che l’ha ispirata.
Ciao Sara, ti do il benvenuto nel nostro sito che fa parte della grande famiglia iCrewplay che, come saprai, si occupa di portare a conoscenza dei navigatori del web notizie inerenti a diversi settori tra cui i “libri” attraverso segnalazioni, recensioni, e quant’altro; penso che avrai avuto modo di conoscerlo nel periodo del festival Romance.
Chi è Sara P. Grey? Come dividi la tua vita, hai una famiglia oltre alla gatta Muffin?
Sto ancora cercando di capire, in realtà, chi sia Sara P. Grey… so chi vorrei essere però, e per arrivare a quel traguardo cerco di muovermi come meglio posso, senza sacrificare troppo di me stessa o di chi mi sta vicino. La mia vita è quasi interamente dedicata al lavoro, cosa che può sembrare strana e triste, ma dipende: se ci si sente realizzati in quello che si fa, non si è mai tristi e non ci si sente mai fuori posto. Per i momenti di “ricarica”, invece, c’è Muffin, a cui devo tanto, in termini di affetti.
La scelta di scrivere un libro che ha come tema centrale un reality di cucina te lo ha ispirato la tua gatta?
Ahimè no… anche se Muffin va matta per i plumcake allo yogurt. Era un’idea che mi girava in testa da un po’, nata da un sogno da cui mi sono svegliata una notte e dal mio rimuginarci sopra mentre commentavo i reality di cucina con mia madre, che è fissata con Bake Off…
Anche io vado pazza per Bake Off! Ora ti chiedo, cosa ti ha spinto ad accettare di pubblicare con una casa editrice?
Volevo dare un respiro più ampio al mio libro, pensavo lo meritasse. Mi piaceva l’idea di farmi conoscere da un pubblico più ampio, e di regalare ai lettori già affezionati alle altre pubblicazioni della CE qualcosa di “nuovo”.
Quali sono stati i sentimenti che hai provato quando hai avuto la notizia che il libro sarebbe stato pubblicato?
Soddisfazione, orgoglio, appagamento. Gli stessi sentimenti che mi pervadono ogni volta che metto la parola fine a un manoscritto, e che mi hanno animata ogni volta che ho pigiato il tasto “pubblica” per i miei libri precedenti, usciti in self. La soddisfazione maggiore, però, è ricevere feedback dai lettori: pubblicare non vuol dire nulla, se poi non si trovano conferme in chi ci legge. Sapere che le storie che consegno al mondo piacciono e suscitano emozioni, confortano, fanno sorridere, tengono compagnia… mi riempie d’orgoglio e mi sprona a continuare.
Perché scrivere un libro click lit?
Perché sono le letture che preferisco, e lo stile è nelle mie corde… è un po’ l’atteggiamento che ho in generale con la vita: per quanto sia difficile o triste, cerco sempre di trovarne il lato divertente, qualcosa di cui sorridere, senza lasciarmi abbattere troppo. Come diceva Rossella: “Domani è un altro giorno”, ma se è rosa e posso sorriderne, è meglio.
Il tuo modo di scrivere, a mio modo di vedere, è frizzante e in linea con il linguaggio moderno, pensi di aver azzardato troppo?
Non credo, visto che è proprio uno dei motivi per cui Dolce viene apprezzato dalle lettrici. Per come la vedo io, un buon libro deve puntare a due obiettivi: raccontare una storia e raccontarla in modo piacevole, intrattenendo il lettore senza stancarlo, condurlo dove vogliamo senza perdercelo “per strada”. Il linguaggio usato deve avere ritmo, come una canzone, e deve scorrere come una strada ben asfaltata, senza buche!
Credi fermamente nell’amicizia al femminile?
Credo di essere stata molto fortunata a trovare le poche carissime amiche che ho. Viviamo in un mondo cinico, dove le persone guardano prima al proprio tornaconto, e non esitano a sacrificare tutto, anche gli amici, per ottenere ciò che vogliono. Quindi, mi ritengo fortunata ad avere incontrato delle persone su cui poter contare.
Oppure con questo libro intendi rivolgerti indifferentemente a donne e uomini?
Che ci siano anche uomini che apprezzano il genere e che hanno letto Dolce, mi fa solo piacere, ma non ho in testa un prototipo di lettore maschile, quando mi metto davanti al pc… né uno femminile, in effetti. I prototipi mi sanno di stereotipo, e con lo stereotipo non ho un buon rapporto, visto che ritengo che la realtà sia molto più complessa, ricca e sfuggente. I miei lettori di riferimento hanno così tante sfaccettature, credo, che non riuscirò mai a contemplarle tutte, perciò faccio una cosa molto più semplice: scrivo quello che vorrei leggere e che magari non trovo fra ciò che è già stato pubblicato, e poi lo offro al pubblico nella speranza che, là fuori, ci sia qualcuno con i miei stessi gusti.
I temi affrontati stimolano ad una riflessione in quanto sempre attuali, pensi che scrivendo un libro come “Dolce come il Fiele” si riuscirà ad ottenere un cambiamento?
Il cambiamento è dentro ognuno di noi, dobbiamo solo avere il coraggio di praticarlo. Se poi un libro, un film, una canzone o l’esempio che abbiamo davanti agli occhi ci aiuta a trovare questo coraggio, ben venga, ma sono convinta che la forza la si possa trovare solo in noi e solo quando si decide di agire, invece che restare a guardare o a piangersi addosso. Amalia, la protagonista di Dolce, è un chiaro esempio di coraggio e forza d’animo: nessuno le dice cosa fare, ma lei non si lascia mai abbattere. Lotta per cambiare le cose che non le stanno bene e per ottenere ciò che vuole, ma solo perché ritiene che sia suo dovere farlo, non perché lo ha letto in un libro…
Siamo quasi arrivate alla fine di questa intervista, e ringrazio la nostra ospite per la preferenza accordataci non senza farle ancora un paio di domanda… di rito
Quali sono i programmi per il futuro? C’è già qualcosa in cantiere?
C’è sempre qualcosa in cantiere, per fortuna! Il prossimo anno, spero, sarà ricco di novità… di cui però non posso ancora parlare. Suggerisco di tenere d’occhio i miei profili e quelli della Dri Editore, però, diciamo per questo e il prossimo mese…
Cosa vorresti dire a chi legge?
Di continuare a farlo. Leggere è importantissimo: aiuta ad aprire la mente, a migliorarci, a evadere dalla realtà quando ci serve un attimo di respiro, a esplorare nuovi mondi, scoprire un sacco di cose, migliorare l’umore… insomma, non dico che sia la panacea a tutti i mali, ma fondamentale per ritagliarsi un angolino di tranquillità al riparo dalle brutture del mondo “reale”, sì.
L’intervista termina con le considerazioni della nostra autrice.
Leggere è importantissimo, è cultura, piacere, evasione, esplorazione e un milione di altre cose.
Seguici ancora e sempre caro iCrewer e potrai leggere le interviste più belle e sincere.