Qualche giorno fa, caro iCrewer, ho condiviso con te le mie sensazioni dopo la lettura del libro Romane, scritto dal regista Paolo Geremei ed edito da Golem Edizioni.
Facendo un breve riepilogo – la recensione completa la trovi qui – si tratta di una raccolti di racconti in cui l’autore racconta venti quartieri di Roma attraverso venti profili di donne che li vivono in prima persona abitandoci. Un buon lavoro che coniuga un forte spirito di osservazione con una grande dose di immaginazione.
Ho avuto il piacere di poter fare qualche domanda a Paolo Geremei, in riferimento al libro appena letto e, più in generale, al suo percorso professionale soffermandomi sulle differenze che caratterizzano le professioni di regista e di scrittore.
Paolo Geremei: l’intervista per libri.iCrewplay
Come detto, dunque, l’ospite di oggi della nostra rubrica Sogni di carta è il regista Paolo Geremei che in apertura ringrazio per la disponibilità. Ho cercato di soddisfare le curiosità che sono nate dentro di me durante la lettura del suo libro Romane e devo dire che le risposte date dall’autore ci sono del tutto riuscite.
Ma come spesso accade in questa rubrica, non rubo altro tempo al protagonista e auguro a te fedele visitatore delle nostre pagine, buona lettura!
Diamo il benvenuto al regista Paolo Geremei. Come si inserisce la scrittura nel suo percorso professionale?
E’ stato un processo inevitabile, lento e inesorabile… Essendo un regista ho una certa dimestichezza anche con la scrittura, e quasi senza volerlo mi sono trovato a scrivere decine e decine di pagine di appunti… alla fine mi sono accorto che avevo quasi scritto un libro.
Che differenze ci sono tra il dirigere dietro la telecamera e lo scrivere narrativa?
Beh direi che sono tante, e sostanziali. Intanto la libertà che ti dà la pagina bianca non la troverai in nessuna sceneggiatura, e tantomeno in nessun set. Ma essere liberi può voler anche dire essere soli. Il cinema è fantastico anche perché è un prodotto artistico collettivo, dove non esisterebbe nulla senza il lavoro e la creatività degli altri.
Poi esce fuori un’opera d’arte firmata dal regista, ma anche la più piccola decisione risente, volente o nolente, della presenza degli altri. E’ un continuo gioco di azione-reazione, bellissimo. Nella scrittura, invece, sei solo. Puoi importi limiti e paletti e regole, ma è difficile pensare in maniera collettiva: forse pensando ai lettori (o iniziando a parlare coi tuoi personaggi, ma questa è un’altra storia…)
Veniamo al libro, Romane, come è nata l’idea di raccontare i quartieri di Roma attraverso il profilo delle donne che li abitano?
E’ nata dalla mia curiosità per Roma e dal mio interesse per la psicologia. Forse direi per l’aspetto sociologico di una grande città.
Ho letto che è stato un lungo lavoro di osservazione, durato anni. Io ci vedo anche un grande amore per la città capitolina, sbaglio?
“Odi et amo”, parafrasando Catullo. Per me Roma è una splendida medusa irresistibile che ti resta appiccicata e non ti lascia andare via, trasparente per tante cose, dolorosa per altre.
Le venti donne protagoniste dei venti racconti sono tutte immaginarie o c’è qualche caratteristica presa dalla realtà?
Sono più o meno tutte prese dalla realtà solo per qualche elemento: poi ci ho lavorato sopra, e inventato il resto. Ma anche qui ho attinto, forse inconsciamente, alle mie conoscenze passate. E magari a quelle future…
Secondo Paolo Geremei davvero il luogo in cui si vive, o da cui si viene, condiziona la persona che si diventa? E viceversa, il nostro modo di essere può identificare il luogo da cui proveniamo?
Certamente, per la prima domanda. Il contesto è decisivo, sotto l’aspetto psicologico, comportamentale, e anche sotto quello più ampio delle prospettive di vita e di aspirazioni. Il luogo condiziona, questo è certo: poi ognuno è in grado di giocare con le carte che ha, dipende dalla volontà.
Che esperienza è stata scrivere questo libro?
Molto entusiasmante. Un po’ spaventosa nei momenti di crisi ma molto appagante. Per tornare a una domanda di prima: non mi sono mai sentito solo, avevo venti e più donne a farmi compagnia. E anche il fatto di non avere un committente mi ha dato una certa serenità – forse anche troppa, magari mi sarei sbrigato di più…
Paolo Geremei è un buon lettore? Visto che siamo un sito fatto da lettori e dedicato agli amanti dei libri, ci consiglia un titolo da leggere?
Rapido e indolore: In acque profonde di David Lynch. Tanto semplice quanto complesso. Imprescindibile per vivere bene.
Nel ringraziarla, non nascondendo la mia curiosità, chiedo se sta già lavorando al prossimo progetto artistico. In che ambito?
Sto preparando due commedie per Italia 1, i sequel del film Din Don.
Ringrazio nuovamente Paolo Geremei per la disponibilità e rinnovo i complimenti per la versatilità del suo lavoro.
A te, invece, caro iCrewer, do appuntamento con le prossime interviste di Sogni di carta, augurandoti buone letture!