Con Lisa Ginzburg e il suo Frankestein al Mastro di Lecce
Ad essere sincera, la notizia che Lisa Ginzburg, la nipote della famosa scrittrice, ma soprattutto filosofa e traduttrice, sarebbe stata ospite di un incontro letterario qui a Lecce, per presentare il suo libro, l’ho letta su Facebook. Mi dirai “Ma come? su Facebook??” lo so, non è un bel modo di scoprire eventi particolari, ma in questo caso, ho pensato, meglio averlo saputo così che non saperlo affatto! Curiosa come sono e cecata come sai, mi sono messa a vagare sul web, per capire di cosa si trattasse. Improvvisamente mi arriva la mail di Salentosophia un associazione che ho conosciuto durante l’incontro con il dottore Bartolo il famoso medico di Lampedusa e ho scoperto che a organizzare l’incontro con la famosa nipotina al Mastro di Lecce, erano proprio loro! Che carini! Si erano ricordati di me, come potevo rifiutarmi di andare! E poi scusa, senza nulla togliere al fascino dell’uomo maturo di Kim il bello e la freschezza impenitente della giovanissima Jenny, si trattava di incontrare un personaggio con un DNA culturale allo stato puro, e quando mi sarebbe capitato nuovamente? Allora via a prepararmi per andare a conoscere Lisa Ginzburg!
La preparazione all’evento non è stata molto facile. Dopo dieci minuti, la camera da letto era invasa da maglioncini, gonne, camicette e collant, niente che mi entrasse in maniera normale e allora mi sono detta, come sempre per rincuorami “Dona stasera pantalone nero, snellisce e fa fashion, ce la puoi fare!” E così ho fatto! Ho preso la stola di lana lunga sei metri, mi sono attorcigliata e via nel buio della città vecchia per il fatidico incontro.
Nel buio più assoluto e fustigata dal freddo, mi sono immersa nelle stradine antiche e svuotate dal vento, e cerca di qua e cerca di la, mi sono ritrovata davanti al caratteristico locale. Incerta, ho chiesto ad un ragazzo che metteva a posto i tavoli “E’ qui Lisa Ginzburg?” dal sorriso e dagli occhi che sprizzavano scintille ho capito che ero nel posto giusto. Da vero gentleman il ragazzo mi ha aperto la porta del locale e con fare felino e sguardo incuriosito mi sono avvicinata ai tavoli. Tra il silenzio educato degli ospiti già in attesa, ho preso il coraggio a due mani e mi sono diretta verso uno dei pochi tavolini rimasti a disposizione e con un po’ di difficoltà, sono riuscita a sedermi sul trespolo a un metro da terra. Non sapendo se accavallare le gambe o rimane come uno stoccafisso, ho preferito scendere con calma e salutare una delle signore sedute accanto alla scrittrice.
Guardarla è stato inevitabile. La sorpresa è stata più forte della curiosità che mi ha spinto ad osservarla. Lisa Ginzburg è la persona più semplice alla quale mi sia accostata. Il suo è un sguardo schivo, riservato mi verrebbe da dire da Filosofa qual’è, ma non le darebbe giustizia. Non si parla di bellezza esteriore ma di quella interiore che traspare da ogni gesto. Ci siamo salutate così, senza fronzoli, è sembrato la cosa più giusta e normale tra due persone che si sono appena incontrate, come dovrebbe essere, e allora mi sono detta “Dona è il tuo momento”. Le ho chiesto se alla fine della presentazione mi avrebbe concesso cinque minuti e lei, sfoderando uno dei suoi più filosofici sorrisi mi ha risposto “Ma certo, perchè no! Siamo qui per questo!”. A quel punto l’unica cosa da fare e non senza un attimo di smarrimento, è stato decidere di risalire sul trespolo tanto odiato. Non vi dico che ho passato…
Comunque bando alle ciance, mi sono messa buona buona in prima fila ad ascoltare cosa aveva da dire la nipote prediletta di Natalia Ginzburg sul suo ultimo libro, edito da Marsilio “Pura invenzione” 12 variazione su Frankenstein di mary Shelley http://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3172991/pura-invenzione“,rivisitazione molto personale scritta in occasione del Bicentenario del Frankenstein di Mary Shelley. Come si conviene per le personalità illustri, ad aprire la serata Mario Carparelli, in rappresentanza dell’associazione, e subito dopo gli interventi di Maria Rosaria Buri Barsi e Rossella Galante Arditi di Castelvetere, rispettivamente Presidente e Past President del Soroptimist Internazional di Lecce.
La prima delle domande rivolta alla signora Ginzburg, a mio avviso, giusta e doverosa, è relativa alla scelta della Casa Editrice…
“La casa editrice ha la sede storica a Venezia”, risponde la Ginzburg “e con loro avevo pubblicato Per Amore il romanzo uscito nel 2016. Quando Chiara Valerio, scrittrice molto impegnata anche in programmi su radio 3, direttrice e ideatrice della collana Passa Parola, ha pensato, per questa collana, di scegliere scrittori che raccontassero se stessi attraverso la rivisitazione di un classico e mi ha chiesto, insieme ad altri due scrittori, di lanciare la collana, non ho avuto esitazioni a scegliere Frankenstein. In un altro incontro ci eravamo già detti quanto sarebbe stato importante parlarne soprattutto per la problematica padre non padre, una problematica molto attuale e poi ho pensato anche all’autrice in quanto figlia di un pensatore e di una storica delle donne anche se morta alla sua nascita. Qui si notano le convergenze con me in quanto figlia di uno storico molto importante e di mia madre che non c’è più ma che è stata considerata come importante storica del femminismo. Si è creata una strana simmetria e ho sentito l’ attrazione verso il romanzo, materia già densa e l’ immagine della scrittrice che si affranca da tutta questa storia famigliare che si unisce alla mia, anche io ho dovuto lottare per affrancarmi dalla storia della mia famiglia.
La signora Galante poi introduce la domanda sul romanzo originale, dopo aver illustrato il periodo e le motivazioni che spingono la scrittrice inglese a scrivere un romanzo dalle linee gotiche e molto crudo, nonostante la sua figura fosse sempre stata rappresentata come fragile e condizionata non solo dalla famiglia ma anche dal grande poeta Percy Shelley, più grande di lei e già sposato, con il quale Mary fugge dopo essersene innamorata perdutamente. I coniugi viaggiano molto fino ad arrivare in Svizzera dove Mary inventerà il suo romanzo gotico.
Questa fuga di amore dei coniugi Shelley è clamorosa, tutto comunque in quell’ambiente è clamoroso, piccolo, elitario. Per esempio Byron, la stessa Mary Shelley ha una sorellastra amante del poeta inglese, da cui aspetta un figlio e per il quale si suiciderà. C’è sempre qualcosa di scandaloso e teatrale nel loro modo di essere un po’ dandy, nel relazionarsi. A Ginevra, Byron affitta Villa Diodati, i coniugi Shelley ne affittano un’altra vicino, è un’estate particolare, il vulcano, poco distante, sputa lapilli infuocati, l’aria è fuliginosa, il cielo è scuro e non è possibile uscire di casa, si chiamerà estate non estate. Per questo motivo saranno tutti costretti in casa, in situazioni anche trasgressive, sarà Byron a lanciare la sfida su chi riuscirà a scrivere un romanzo sui fantasmi.
La sfida la vincerà Mary, appena diciannovenne. La ragazza si chiude in camera e in qualche modo, pungolata dal compagno, consapevole del suo talento inventa il suo primo romanzo. Anche in questo ho cercato dei parallelismi con lei. Quando ho cominciato gli studi universitari infatti, ero convinta che nella vita avrei fatto la filosofa; studiavo la filosofia cartesiana, molto rigorosa e arida, mi annoiavo tanto e ad un certo punto un mio amico mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto notare che probabilmente, anche io avevo bisogno di trovare il tema giusto per cominciare a scrivere ma anche dopo aver pensato di scrivere il problema non si è risolto, non avevo la storia giusta. E così è stato per Mary e Percy la pungola a farlo.
E cosi, tra i lampi, la tempesta, il cielo scuro, il lago, la giovane vede, come in una visione, la “creatura mostruosa” e il medico che l’ha creata, un creatura che appena nata è già comunque rifiutata perchè è un aborto. Non appena nasce il fallimento è immediato, è lo stesso Frankenstein a dirlo, descrivendo la sua creatura brutta, maleodorante, ma tutto è giustificato dal fatto che il mostro era costruito con pezzi di cadaveri morti e non poteva essere altrimenti. Tutto questo ha una portata sconvolgente come ampiezza d’immaginazione e il titolo che ho scelto è legato proprio al senso di purezza nel senso della ricerca di qualcosa d’incredibile clamoroso. Non è semplice ma lei ci riesce e vince la gara. E comunque il mostro nella sua possanza è un esserino solo al mondo, senza un padre perchè lo stesso padre lo rifugge e la consapevolezza del rifiuto lo porterà poi a diventare un mostro anche di violenza
Il libro è forte ed è difficile identificare questa fanciulla bellissima, una perfetta signora dell’alta borghesia. Pensare che possa aver inventato una creatura cosi mostruosa è difficile.
Lei è in fuga d’amore e se pur molto giovane, prova il dolore della morte d un figlio e di un aborto che descrive con minuzia di particolari. E’ una donna apparentemente fragile ma soprattutto condizionata, senza dubbio, dall’atmosfera che si respirava, dettate da logiche illuministe dell’epoca, tuttavia, l’aspetto più importante è la capacità di Mary di restituire al mostro la sua umanità. E la stessa creatura, infatti, sentendosi rifiutata dal padre, a chiedere un po d’amore, una compagna che gli stia accanto. E indubbio che nelle sofferenze del mostro, la sua violenza, e nei sentimenti che si vivono nel romanzo, aleggino le sofferenze dell’autrice.
Nel saggio, molto denso, nonostante la sua brevità, Frankenstein è presentato cominciando dalla prima lettera del nome per finire all’ultima, come un acronimo. Come è arrivata l’idea, Una pura invenzione?
E arrivata da sola ma sapevo che era quella giusta perchè mi ha dato la possibilità di dare forma a un tema di per se già abbastanza complesso. Io credo molto nella struttura. ai miei studenti a Parigi, nei corsi che tengo di scrittura creativa, dico sempre che bisogna trovare delle forme altrimenti l’invenzione non va da se. E quindi questo acronimo mi è sembrato un buon modo per scomporre una materia così difficile e poterla ricomporre. Anche le parole sono arrivate subito, avevo un quaderno e le ho trascritte, ho cambiato solo asimmetrie che è la terza parola. Prima era amore ma non andava invece l asimmetria dei sentimenti mi sembrava più giusta, e poi è stato un modo corretto di inserire anche elementi autobiografici, rispettando le richieste della casa editrice.
Le parole sono, Felicità, Rabbia, Asimmetrie, Notte, Caos, Nessuno, Sogno, Terra, Errore, Inventare, Nascere, sono parole forti, e sono state tutte facili da esprimere? quanto vicino a lei?
La prima è certamente stata la più difficile, in effetti, è una storia dove la felicità non c’è. Le più fluide sono terra e nascere. per la prima, mi riferisco anche ad un libro che ho pubblicato, “Buon giorno mezzanotte, torno a casa” dove spiego cosa sia inventare con la nostalgia di casa, in questo caso rifletto sul fatto che il libro ha molto a che fare con il transito, il viaggio, di coloro che si spostano e che in qualche modo, hanno qualcosa d’irrisolto con il padre, come Mary che è in transito continuo perchè si stacca dal padre, si affranca dalla famiglia per diventare libera di esprimersi. Anche il mostro si sposta appena nato, si affranca dal padre per diventare libero e anche qui i paesaggi cambiano continuamente.
La lettera più amata è invece nascere; e qui ci sono molte analogie con la nascita del Golem, che riguarda la consistenza della materia e la differenza che si riscontrano nel creare il mostro. Anche in Frankstein Junior c’è questo senso di onnipotenza che si contrappone alla consapevolezza dei limiti.
La serata poi continua con domande dal pubblico ma io sono già pronta a scendere dal mio trespolo per rubare l’attenzione della dolcissima filosofa.
Ad un mio cenno mi guarda e dice: “E se parlassimo con un calice di vino davanti?” “Potevo dire di no?” Sfoderando uno dei sorrisi più convincenti ho fatto cenno che andava benissimo, veramente per me ci saremmo potuti bere anche tutta la bottiglia ma questo me lo sono tenuto per me. Il bicchiere di vino deve averla resa, come dire, molto più fluida perchè la nostra è stata davvero una bella chiacchierata.
Signora Ginzburg, abbiamo parlato tanto del suo libro e di ciò che le ha consentito di affrancarsi dal nome cosi importante e allora adesso, chi è Lisa Ginzburg?
Una domanda semplicissima ma alla quale è difficilissimo rispondere. Lisa Ginzburg è una donna che, da poco tempo ha trovato una se stessa, una donna che si è cercata tanto e che, finalmente, si è trovata. Ora sono questa e sono in pace.
Quanto ha influito questo nome, la famiglia, questa nonna così…, nel carattere e in quella che è la sua formazione culturale? Importante, nella sua formazione?
Io sono stata molto legata a Natalia. Mia nonna è morta che io avevo 25 anni e h vissuto tanto con lei, i miei genitori erano divorziati e io sono come dire stata allevata da Natalia. Avevamo un legame molto forte per me è una presenza continua, ha fatto in tempo a sapere che scrivevo e quando ho scritto il mio primo racconto mi incoraggiava. Io la sento sempre vicina, detto questo è una presenza difficile ma sono più legata a questo aspetto di presenza benefica, non mi soffermo tanto sull’ingombro. Invece in generale la famiglia conta diverse figure importanti e questo ha reso difficile il mio cammino ma quando ho scelto questa strada non ho mai avuto dubbi è stato molto naturale scegliere di fare quello che ho scelto.
Ascoltandola ho percepito molte sinergie con Mary Shelley cosa vi lega realmente?
Si, molti elementi legati ai genitori, questo padre intellettuale, la madre femminista ma anche il senso di oppressione. Per lei infatti si aggiunge l’amore forte e travolgente per un uomo che fa il suo stesso lavoro e tra loro l’antagonismo letterario rende tutto più insidioso. Inventare per Mary è liberatorio cosi è stato per me, quando scrivo mi sento libera d creare.
Nel romanzo si avverte forte l’aspetto del tradimento, è cosi?
Sì, c’è un continuo rinfacciarsi e rimproverarsi, non essere stati ciò che l’altro voleva, lo spiego meglio nel capitolo dedicato alle asimmetrie. Questo figlio che vuole un padre che non ha, questo padre che vuole un figlio che non riesce ad avere, tutte le speranze sono disattese, c’è una delusione alla base profondissima e tutti i personaggi si sentono traditi.
Cosa c’è nel futuro di Lisa Ginzburg, un’altra pura creazione?
Si certo! Sto lavorando ad un altro romanzo, ci metterò del tempo ma è la cosa più importante a cui mi sto dedicando.
Uscire fuori dal turbinio di concetti filosofici e trascendentali, non è stato facile e dopo aver bevuto l’ultima goccia di vino rosso, ho compreso che probabilmente era più giusto che andasse a bersi un altro goccio, ma questa volta in pace E dopo averle quasi tolto il bicchiere di mano, per immortalarla in una foto insieme, l’ho ringraziata come di dovere, per la disponibilità e cortesia E cosi, ho preso la mia coperta di lana lunga sei metri e mi sono rituffata nella notte leccese. Saranno stati i discorsi sui mostri o io un po stonata dal vino rosso, il ritorno alla macchina, lo ammetto, è stato molto più veloce dell’andata e una volta in auto, sono partite, senza freno, le mie riflessioni sulla serata.
Cosa penso di Lisa Ginzburg?
Che è una donna straordinaria, vera, proprio per quel suo fare schivo e riflessivo, per il suo viso segnato dai troppi perchè a cui ha dovuto rispondere, per la semplicità con cui riesce a spiegare concetti complessi, per quel sapere di cui, inevitabilmente è ricca, fragile e forte nello stesso tempo, per quella capacità, pur nella semplicità, di essere unica, in fondo, come tutte noi no?
Lisa Ginzburg