Se ricordi bene, caro iCrewer, quando qualche settimana fa ho scritto la recensione del libro B-Side. L’altro lato delle canzoni – inverno -, ho più volte espresso la volontà di fare alcune domande all’autrice, Doriana Tozzi, in quanto ho trovato questo libro molto interessante e ricco di spunti validi per un considerevole scambio di idee sul tema della musica che abbraccia la letteratura.
Così è stato. Ho avuto infatti il piacere di confrontarmi con Doriana, giornalista musicale che scrive per importanti testate di settore, confermando tutte le buone impressioni che già avevo avuto leggendo il suo romanzo.
Si tratta di una conversazione abbastanza lunga, del resto essendo entrambi cultori di musica e scrittura, non poteva che finire così.
Buona lettura.
Intervista a Doriana Tozzi
Ciao, Doriana, benvenuta nella nostra rubrica Sogni di carta. Vorrei partire da come è nata l’idea di scrivere quattro libri ispirati dalla musica e di dividerli secondo le quattro stagioni. Ci racconti?
Ciao e grazie a voi per questo spazio. Dunque, l’idea ha preso forma un po’ alla volta, nel senso che non pensavo inizialmente di realizzare una tetralogia ma, d’altra parte, mi rendevo conto che un’idea come quella di scrivere racconti liberamente ispirati alle canzoni – che era appunto l’idea originaria da cui è nata la proposta all’editore – mi avrebbe fatta immergere in un mare sconfinato, anzi in un oceano di possibilità pressoché infinite e quindi presto ho capito di dover mettere, come si suol dire, dei “paletti” per non correre il rischio di pubblicare qualcosa di frammentario o apparentemente incompiuto.
Questo perché ovviamente le canzoni nel mondo, di ogni genere ed epoca, sono miliardi e probabilmente non basterebbe una vita per ascoltarle tutte, figuriamoci per scrivere un racconto di fantasia per ciascuna di esse. Come dare quindi senso a questa operazione “musical-narrativa”? Pensandoci e ripensandoci ho capito prima di tutto che per dare coerenza al progetto dovevo affidarmi di più all’istinto e al mio gusto personale, perché non esiste oggettività in un discorso del genere.
Così, dal momento che tutte le canzoni che avevo selezionato per il primo volume proposto all’editore giravano intorno al rock alternativo italiano, che è naturalmente uno dei miei generi preferiti in assoluto, ho pensato di continuare sulla stessa scia almeno per quanto riguardava il genere. A quel punto ha preso forma l’idea delle stagioni perché mi sono accorta che il rock alternativo, anche questo in maniera probabilmente molto soggettiva, rievoca in me i colori dell’autunno, quei colori caldi e travolgenti che hanno un po’ la nostalgia dell’estate ormai passata ma pure pulsano di energia e trasmettono forza e vigore.
Poiché il primo volume sarebbe stato per giunta pubblicato in ottobre, dunque in pieno autunno, si è poi accesa definitivamente la lampadina che mi ha fatto pensare a una tetralogia delle stagioni. Dopo la casualità iniziale ho quindi cominciato a pensare a quali fossero gli altri generi musicali che ascolto maggiormente e che evocano in me le altre stagioni e da lì ho costruito tutto il progetto.
Come spieghi il connubio e la relazione tra la musica e la scrittura?
Musica e scrittura (ma è un discorso che potremmo fare un po’ per tutte le arti) si sfiorano, amano, allontanano e poi tornano ad amarsi un po’ da sempre, non a caso hanno anche diversi figli sparsi per il mondo. Tantissime canzoni sono ispirate a libri o suggestioni tratte dalla letteratura di ogni genere, epoca e tipo, così come spesso nei libri capita di trovare ispirazioni ma anche vere e proprie citazioni tratte da brani musicali. La mia idea spinge forse un po’ di più sulla loro relazione perché mi nutro da sempre di entrambe, tanto è vero che ne ho fatto il mio lavoro, essendo una giornalista musicale.
Prima di parlare del capitolo -inverno-, il più recente, ci racconti un po’ di te? Chi è Doriana Tozzi?
Oddio, domanda difficilissima! Direi che appartengo alla razza umana anche se per vivere non mi basta respirare l’aria del pianeta Terra bensì, per assimilarla nei polmoni, ho bisogno di sintetizzarla con molecole di musica assunte in quantità abbondante tramite il padiglione auricolare, altrimenti dopo un po’ appassisco e cado come d’autunno dagli alberi le foglie. È un meccanismo biologicamente complesso che per fortuna però non vale solo per me ma caratterizza un certo numero di esemplari del genere umano.
Molti esemplari di questo genere, poi, come ho fatto io, fanno le loro scelte di vita cercando ogni scusa buona per inserire la musica non solo nella propria sfera degli hobby ma anche nelle altre sfere della quotidianità. Qualcuno poi si rompe le sfere di lottare per un lavoro che in Italia si fa ancora fatica a riconoscere come tale, ma questo è un altro discorso. Dunque io testardamente scrivo soprattutto di musica, lavoro per Rumore, Rockit, L’Isola che non c’era e altri magazine. Mi occupo anche di promozione, ufficio stampa e correzione bozze.
Nella recensione di -inverno- ho scritto che si narra di un viaggio all’interno dell’anima della protagonista. Quanto c’è di te e di autobiografico in tutta questa esperienza?
In realtà è facile pensare che, essendo scritti tutti in prima persona, i racconti di questo volume mi vedono vestire i panni del personaggio principale ma ti svelo che, se ci fai caso, nel libro non c’è mai un aggettivo che contraddistingua il personaggio principale come essere maschile o femminile, questo perché mi piacerebbe che il lettore considerasse se stesso il/la protagonista del testo, che sentisse di essere lui o lei quell’io narrante che vive le varie avventure nel libro, proprio nell’ottica di idee di “vivere”, con l’ausilio della fantasia, le storie cantate nelle canzoni.
Appurato quindi che non mi identifico con l’io narrante, penso che comunque qualcosa di me all’interno delle storie e dei pensieri del personaggio principale ci sarà finito senza dubbio. L’ho notato già nel libro precedente, che ho scritto ancora più di getto rispetto a questo e mentre scrivevo non pensavo a me o a particolari episodi della mia vita quanto piuttosto alle canzoni e a ciò che evocavano. Poi però rileggendo a freddo quelle storie mi sono resa conto che qualcosa di mio era scivolato dentro senza avvisarmi… Comunque la maggior parte dei riferimenti si devono alla musica scelta, visto che le protagoniste sono e restano sempre le canzoni.
L’idea di far diventare racconti le canzoni è a mio avviso straordinaria. E devo dire che ci sei riuscita perfettamente. Mi son chiesto, durante la lettura, se hai scelto prima la scaletta dei brani e di conseguenza ci hai modellato una storia o prima hai identificato la trama del libro e poi hai cercato i brani che si adattavano?
Nel caso di -Autunno- decisamente prima la scaletta (e ti svelo che lo stesso sto facendo per -Primavera-), perché, per variegare la tetralogia e non ripetermi, ma anche per confrontarmi con diversi tipi di scrittura dato che sono alle mie prime pubblicazioni e ho voglia di sperimentare a 360°, sto differenziando da un punto di vista narrativo le “mezze stagioni” dalle stagioni climaticamente più nette.
Infatti i racconti di -Autunno- erano più separati: condividevano gli stessi ambienti (visto che tutto si svolge nell’immaginario mondo di B-Side) e talvolta, ma di rado, si ritrovavano alcuni personaggi in più di una storia, ma alla fine era un vero e proprio libro di racconti, di quelli che puoi leggere in ordine casuale senza perdere il filo del discorso.
Invece nel caso di -Inverno- (e appunto ripeterò questo espediente, con le dovute differenze, anche per il volume -Estate-), ho scelto di legare maggiormente la trama, con questo personaggio unico che in un modo o nell’altro “attraversa” tutte le storie, per cui ho abbozzato prima un’idea di storia che tenesse insieme il tutto e poi le ho aggiunto dettagli e situazioni tramite la scaletta.
Come ci hai detto, Doriana Tozzi si nutre di musica. Vista anche la scelta di molti pezzi che non fanno proprio parte del circuito mainstream, è facile pensarlo, vero?
Decisamente sì! 😊 Come ti dicevo prima, il mio percorso, sia personale che professionale, parte dalla musica e da lì, senza mai abbandonarla, cerca di svilupparsi in vari ambiti. Il discorso della scelta di molti pezzi non propriamente mainstream comunque è anche legato a uno dei concetti fondamentali da cui è nata poi l’idea di scrivere questi racconti e dunque questi libri, ovvero quello di contribuire a far circolare pezzoni straordinari che magari oggi si ascoltano poco o passano inosservati.
Ogni tanto qualcuno mi ha detto addirittura che dopo aver letto il libro ha scoperto un artista o un gruppo o una canzone che non conosceva ed è stato bellissimo perché in quel momento ho capito che l’idea sta funzionando davvero. Non ho nulla contro il circuito mainstream ma semplicemente mi piace fare in modo che non passi mai inosservato il fatto che non è l’unica scelta possibile ma semplicemente (per diverse ragioni di cui non ha senso discutere qui ma che non sempre sono encomiabili) è quella più popolare.
Dove ti ha portato fare e scrivere questo viaggio?
In questo caso più che mai il mio viaggio è stato tutto interiore, anche perché praticamente ho cominciato a pubblicare a ridosso del drammatico periodo della pandemia. -Autunno-, infatti, è uscito ad ottobre 2019 ma avevo pensato di cominciare a promuoverlo da gennaio 2020 perché ho pensato di dare la precedenza alle presentazioni in radio e a mezzo stampa.
In quel periodo comunque ho iniziato anche a fissare qualche presentazione dal vivo: una doveva svolgersi proprio a fine gennaio ma fu rimandata ad aprile per questioni organizzative e, com’è ovvio, ad aprile 2020 non si è potuto fare poi più nulla; una fissata a febbraio dalle mie parti sono riuscita a farla ed è stata la prima e unica presentazione dal vivo di B-Side perché poi le altre erano state fissate da marzo in poi e il coronavirus ha fermato tutto.
Per fortuna, trattandosi di una tetralogia, potrò magari presentare più di un volume contemporaneamente quando la situazione tornerà alla normalità. Speriamo. Al di là delle presentazioni però devo dire che pubblicare B-Side mi sta aprendo un sacco di nuovi orizzonti: io sono un tipo di persona a cui non piace fare sempre le solite cose, amo cambiare, sperimentare, conoscere…
Con questi primi passi nel mondo dell’editoria sono stata travolta da un mare di stimoli, ho conosciuto (anche se per lo più virtualmente) un sacco di gente e avviato diversi progetti che probabilmente senza B-Side sarebbero rimasti solo sogni.
Non vorrei fare spoiler, ma la protagonista (io l’ho letta come una donna) inizia il suo percorso da sola e lo finisce accompagnata. Credi che stare con una persona, felicemente, sia il segreto per “risolvere la vita?”
Mah, io credo che ciascuna vita sia destinata a percorsi diversi e personali. Tra l’altro questo è uno dei leit motiv su cui insisto di più nei miei scritti, quindi non credo esista una formula che valga per tutti e possa “risolvere la vita” di tutti, l’importante è piuttosto cercare di conoscere se stessi e restare sempre coerenti con ciò che si è, senza mai farsi intrappolare nei ruoli imposti dalla società, se ci stanno stretti.
Il personaggio protagonista di -Inverno- aveva toccato il fondo e dunque durante questo inquieto sogno rimugina su tutto il suo passato e tra metafore e simboli riesce anche a comprendere i suoi errori, naturalmente grazie al potere della musica.
Nel suo caso prima di toccare il fondo aveva vissuto naturalmente anche momenti positivi e aveva trovato il vero amore, Ale (nome che potrebbe essere Alessandro, Alessandra, Alessio, Alessia, Aleandro… e così via, sempre nell’ottica di cercar di non dare connotati sessuali ai protagonisti) per cui canzone dopo canzone, racconto dopo racconto, capisce di voler ripartire proprio da lì, dall’amore, per trovare la forza di sistemare il caos che la paura, l’indecisione e talvolta la vigliaccheria avevano creato nella sua vita.
Al termine del libro magari riuscirà a cambiare lavoro, che è un’altra delle cose di cui si lamenta spesso tra le righe, forse cambierà casa o città, magari inizierà a viaggiare di più… non lo sappiamo, quello che sappiamo è che finalmente ha vinto l’apatia che stava bloccando la sua vita in un vicolo cieco e quindi non dubitiamo (almeno io non ne dubito) che riuscirà finalmente a “risolverla”. Tutto questo però avviene principalmente grazie alla musica, come dicevo prima: è lei la vera àncora di salvezza.
Te lo chiedo perché nel libro ho trovato molte riflessioni sull’esistenza. Mi ha colpito il tuo, o della protagonista, sbattere la faccia contro gli stereotipi di chi vuole che il percorso sia fatto di date, scadenze e checkpoint già disegnati dalla società. Come vive questa cosa Doriana Tozzi?
Sì, esatto. Io non credo che l’alienante sistema di vita di noi occidentali sia “normale”, anzi credo che se preso troppo seriamente rischi di farci perdere il controllo della nostra vita, di farla sfrecciare via così, senza aver vissuto veramente, lungo un’esistenza inutile… e puoi capire quanto sia tragico definire “inutile” un’esistenza, visto che, per quanto possiamo saperne adesso, di vita ce n’è concessa una sola.
La differenza tra “esistenza” e “vita” è per me fondamentale, quindi non dico che dobbiamo tutti scappare dagli ingranaggi sociali e vivere all’avventura, ben venga anche chi decide di sua spontanea volontà di essere un ingranaggio della macchina sociale, ciò che conta però è fare in modo di trovare sempre e comunque il modo e il tempo per coltivare le proprie passioni, perché sono quelle che ci distinguono, ci caratterizzano e ci danno un senso. Comunque ora che mi ci fai pensare, tornando alla domanda che mi hai fatto prima, questo è uno dei punti più autobiografici dei miei racconti. In questo io e il personaggio protagonista la pensiamo esattamente allo stesso modo.
Ci ho anche trovato una idea un po’ morrisoniana della società: crediamo di decidere ma in realtà chi “comanda” ha già scelto per noi. Confermi? E quanto, il percorso di salita verso la terrazza del condominio, è riuscito a debellare questa idea?
Nella realtà il male non è mai tutto nero e il bene non è mai tutto bianco per cui la società, che sì, spesso e volentieri vorrebbe decidere per noi, lo fa con mezzi subdoli che facciamo fatica a distinguere dalla verità. Penso, per fare un esempio banale, al meccanismo delle pubblicità: tu non hai bisogno di quel prodotto, stavi vivendo benissimo senza, eppure dopo averlo visto sponsorizzato con quei toni così sensuali dal tuo VIP preferito improvvisamente senti che non puoi più farne a meno e devi averlo subito.
E tra l’altro la scelta eventualmente sbagliata di un prodotto commerciale è molto meno devastante per la nostra vita rispetto alle scelte eventualmente sbagliate che la riguardano più da vicino, tipo appunto il proprio lavoro, il proprio partner, la propria religione, che dovrebbero rappresentarci appieno e non essere fatte sotto imposizione alcuna. Per fortuna però nella nostra epoca è più facile avvicinarci a ciò che è più affine al nostro pensiero anche perché abbiamo molti mezzi per fare ricerche gratuitamente e andare a fondo alle cose.
Se ascolti ad esempio molte dichiarazioni dei politici, soprattutto le più plateali, la maggior parte delle volte sono specchi per le allodole, che attirano gli sprovveduti con cose che gli stanno a cuore ma che poi sono magari mezze verità, perché per realizzare quella cosa buona devono necessariamente fartene una più cattiva che però tacciono sapientemente, o peggio ancora sono totali menzogne. Non è difficile, però, oggi andare a controllare le fonti ufficiali o magari analizzare l’intera storia personale e politica del determinato personaggio e rendersi conto di ciò che ha già fatto di buono o meno buono nel suo passato.
Ci sarebbe tanto da dire su questo, ma non voglio annoiare i tuoi lettori. Secondo me, anzi a dire il vero sto per rubare un concetto di John Lennon che diceva che non esistono i problemi ma solo le soluzioni, una volta consci del rischio che questi meccanismi possono avere sulle nostre vite, non dobbiamo tanto preoccuparci del problema quanto di trovare ciascuno a proprio modo la propria soluzione.
Ancora una volta torna il concetto del conoscere se stessi, perché quando ti conosci a fondo sai se un prodotto commerciale ti serve davvero o sei solo vittima di un ottimo piano marketing, sai qual è il lavoro più adatto a te, sai cosa cerchi nelle altre persone, con chi sei più compatibile, in cosa credi etc…
Per me la soluzione è leggere tantissimo e di tutto, dai romanzi ai quotidiani, dai siti web (possibilmente imparando a riconoscere quelli affidabili) ai mensili di settore che ci appassionano, e poi viaggiare, viaggiare tantissimo, ma viaggiare da viaggiatori e non da turisti, che è più economico e ti permette davvero di conoscere i posti in cui si va e farsi magari affascinare dagli stili di vita diversi. E naturalmente ascoltare tanta musica, che non sia solo quella di passaggio che propongono le radio e la TV, visto che la parola chiave di questa risposta è “scegliere”.
Hai detto di essere già al lavoro per il prossimo volume? Genere musicale scelto?
Non sto ancora scrivendo ma sto finendo di scegliere i brani. La primavera forse è la stagione la cui scelta di genere può sembrare più scontata, infatti il volume sarà incentrato sulla musica dei “figli dei fiori”, ossia il periodo compreso tra la seconda metà degli anni 60 e gli anni 70, ma ci tenevo davvero tanto sia a scrivere racconti di brani di questo tipo, per dare dei risvolti un po’ più “hippie” alle storie, e sia a recuperare io stessa le discografie di vari artisti del passato.
Tra l’altro non ti nego che sto anche ascoltando per la prima volta alcuni splendidi album che non conoscevo. A differenza dei primi due volumi, gli ultimi due saranno tutti su canzoni straniere e ovviamente le ambientazioni saranno sempre quelle che ormai conosciamo, ovvero il paese, la città, il deserto e il mare dell’immaginario pianeta di B-Side.
Concludendo, visto il periodo particolare che stiamo vivendo, ti chiedo che idea ti sei fatta della condizione molto difficile e particolare che sta mettendo in grande difficoltà il mondo della musica e dello spettacolo. (in realtà tutti i settori, ma di questo stiamo parlando).
Eh, una questione davvero ostica. Conosco tanti artisti che stanno pubblicando album pur sapendo di non poterli promuovere, il che significa non solo non poter contare più sui loro cachet ma nemmeno tanto sulle già scarse vendite dei dischi, visto che la maggior parte si vende ai concerti (volutamente ho detto “vende” e non “vendeva” perché dobbiamo restare consci che, seppur lungo e drammatico, questo è solo un periodo di passaggio e come tale passerà).
Stessa cosa vale per gli attori teatrali e gli altri performer. E che dire di tutti quei locali che vivevano esclusivamente di musica dal vivo e che quindi è praticamente un anno che non lavorano? Nel nostro piccolo, poi, anche noi scrittori, come dicevamo prima, non possiamo fare più le presentazioni e anche in quel caso le vendite dei libri avveniva soprattutto in quelle sedi per cui è penalizzante anche per noi.
Questo lo dico non tanto per la mia ancora nascente esperienza di scrittrice ma anche perché ho lavorato per diverso tempo in una libreria che organizzava anche eventi e presentazioni ed era sempre facile vendere anche diversi libri in “sede live” mentre molti di meno se ne vendevano aspettando i clienti in libreria.
Una pandemia è tragica sotto diversi aspetti ed è responsabilità dello Stato impedire che distrugga intere famiglie, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista sanitario. In un anno si stanno facendo diversi tentativi ma mi sembrano ancora piuttosto blandi per fronteggiare le grosse difficoltà che una enorme fetta della popolazione sta attraversando.
Bisogna fare di più ma farlo subito dando la priorità ai cittadini piuttosto che agli interessi dei singoli politici e questo mi sembra che non stia accadendo, almeno stando ai fatti più recenti. Non voglio entrare troppo nel merito perché non è il mio campo e perché mi rendo conto che è una situazione davvero complicata.
Spero soltanto che, parafrasando Einstein, questa crisi possa servirci e migliorarci come individui e come umani, e sinceramente le diverse manifestazioni di solidarietà che si stanno organizzando in giro mi fanno credere che non sia affatto impossibile: ricordo, ad esempio, sempre per restare nel settore musicale e dello spettacolo, la raccolta fondi degli artisti più famosi in sostegno degli artisti più colpiti dalla crisi ma anche di recente quella in sostegno dei locali di musica dal vivo… Ne usciremo, cambiati e sicuramente provati ma ne usciremo.
Davvero grazie a Doriana Tozzi per la lunga chiacchierata e a te, prezioso lettore, per essere arrivato fino a qui.
Alla prossima