Il desiderio di conoscere Gerardo Greco mi è venuto qualche mese fa entrando alla libreria Mondadori. L’idea originaria era quella di comprare un libro mi sono ritrovata, invece, a conversare con il titolare del più e del meno e soprattutto dell’imminente arrivo a Lecce del giornalista Gerardo Greco per la presentazione del suo libro Guerra Calda; un’incontro organizzato dalla rassegna letteraria Aspettando conversazioni sul futuro in collaborazione con Io non l’ho interrotta e Coolclub. Come al solito, curiosa, ho chiesto qualche informazione in più ma tutto era ancora in divenire e ho pensato che forse non era il caso di insistere, ho lasciato il mio numero e sono andata via in verità senza troppe aspettative. Non ricevendo nessuna notizia, il giorno della presentazione mi sono attaccata al telefono e ho chiesto, con un tono molto accorato, se il giornalista fosse arrivato e se fosse disponibile per una breve intervista. La risposta è stata semplice e immediata: “Non ci sono problemi, l’aspettiamo tra un quarto d’ora!” Mi chiedo ancora come sia stato possibile, ma dopo cinque minuti ero in macchina, senza cappotto, con il maglione al contrario ma sempre molto emozionata.
L’atmosfera, entrata in libreria, mi è sembrata subito quella giusta, nessuna confusione e Gerardo, (mi perdonerà se lo chiamo così), accerchiato dai suoi collaboratori, era lì, seduto nella poltrona rossa con lo sguardo un po’ stanco ma comunque rilassato. Timidamente mi sono avvicinata e prima che dicessi qualcosa, mi sono sentita dire, “Venga, la stavamo aspettando che ne dice se ci sediamo tranquilli, così parliamo meglio?”. Ho sfoderato il mio sorriso migliore e ringraziando l’ho seguito. Più che un’intervista l’incontro con Gerardo Greco è stata una piacevolissima conversazione sul libro, su di lui e soprattutto sul clima, per me, in quel momento “incandescente”.
Signor Greco, perché ha scelto il Salento per presentare il suo libro?
Perché? In verità, il Salento ha scelto me!
Ha ragione ma deve ammettere che il Salento è una piazza letteraria che si dà da fare…
Assolutamente sì, è completa, ma l’ho fatto anche perché l’idea del libro che parla del riscaldamento globale, di una battaglia, di un caso di cronaca importante del 2009, ha bisogno di una testimonianza. Il libro, una volta che lo hai scritto, non hai fatto nulla, hai bisogno di portarlo in giro e se parla di cambiamento climatico deve essere portato in giro veramente, paese per paese, città dopo città, perché quando parli di certe cose, la gente si alza e ti dice “È vero, qui da me è successo questo o quest’altro” cioè è un’opera di testimonianza e quindi non poteva non passare dal Salento.
Anche da noi ci sono segnali che fanno presagire un forte cambiamento climatico.
Sì, stiamo assistendo ad una forma di tropicalizzazione. Oggi sono stato ospite di una TV locale e ho ricevuto molte telefonate che mi hanno spinto a pensare che anche le nostre coste rischiano di modificarsi ma per ora, il pericolo è più lontano possiamo ancora godere di questa bellissima natura. Diciamo che siamo ancora fortunati.
Cosa l’ha spinta ad affrontare questo tema di cui si parla, ormai, da tempo?
In realtà questo libro è un’inchiesta su un caso di cronaca avvenuto nel 2009, quando si è arrivati ad un passo, per accordi presi con l’ONU, nella conferenza di Copenaghen alla riduzione dei gas serra. Questa conferenza naufraga perché probabilmente degli hacker russi siberiani s’impossessano di alcune migliaia di mail che i climatologi mondiali si scambiavano tra loro, estrapolano da queste mail alcune frasi che estratte dal contesto sono in qualche modo compromettenti, in quanto si riferivano ad alcuni dubbi che gli stessi climatologi evidenziavano sempre tra loro e diventano una vera e propria negazione della veridicità della scienza del clima. Attraverso questo lavoro volto a delegittimare la climatologia, i data ci riescono perfettamente tanto che ci furono due tre settimane di dibattiti furiosi negli Stati Uniti e nel 2009 la conferenza naufraga. All’epoca un giovane Barak Obama appena eletto presidente, ambientalista convinto si ritira dalla conferenza ammettendo il fallimento per non essere riuscito a raggiungere l’obiettivo. La scienza viene delegittimata; si scopre all’improvviso fragile e tutto questo ci fa perdere anni importanti perché poi capiamo come il contenimento dei gas serra sia determinante e molto difficile.
La presenza di Greta Thunberg e il movimento che è nato dalla sua azione di attivista, quanto concretamente può aver inciso?
Ogni movimento, ogni piccola grande rivoluzione, ogni fenomeno, ogni moda ha bisogno di una bandiera, di un simbolo e la Thumberg, indubbiamente è un simbolo fondamentale, con tutto quello che le sta intorno, può anche essere quanto vogliamo costruita, manipolata, ma è un simbolo importante ed è probabilmente quello che ci voleva al momento giusto, anche perché e questo è da aggiungere come elemento di novità, la Thunberg porta in piazza moltissimi ragazzini mai visti.
La nuova generazione prende coscienza di un problema che è di tutti ma che investe il loro futuro, non è così?
In qualche modo ci indicala strada e la cosa incredibile è che mentre, fino a ieri noi avevamo visto altre contestazioni altre stagioni di protesta dal ’68 in poi, ma in realtà all’epoca erano ragazzi, oggi in piazza scendono ragazzini, ragazzini delle medie dai 12 ai 18 anni. Una cosa del genere non era mai successa e secondo me questo è un precedente importante, sono le nuove generazione che indicano la strada e trasmettono una sensibilità diversa alle generazioni più mature.
Il libro che lei ha scritto è una via di mezzo tra una presa di coscienza e un thriller
E una storia che non si è mai chiarita, non si è mai capito chi fossero questi hacker, che cosa ci fosse dietro il naufragio di questa conferenza a Copenaghen, mentre si è capito che i poveri climatologi che vennero distrutti dallo scandalo del clima in realtà, non avevano fatto nulla di male, semplicemente si erano ritrovati in mezzo ad una orchestrazione di uno scandalo che in realtà non c’era.
Il suo pensiero su tutto questo, al di là di quello che può essere stato il suo sguardo oggettivo e quindi la sua trasposizione letteraria.
Questo libro si chiama Guerra Calda. Verità e menzogne sui rischi del clima impazzito Per me la guerra calda è questa guerra a bassa intensità che abbiamo combattuto e che stiamo combattendo da alcune decine di anni, forse cinquant’anni, senza rendercene conto, ne io ne lei; è una guerra di sottofondo, non è una guerra combattuta con le baionette o bombe amano ma è una guerra vera e propria e secondo me noi l’abbiamo persa. È praticamente impossibile contenere realmente contenere l’emissione di gas serra per la struttura industriale che noi ci siamo dati fino ad oggi. Non soltanto noi primo mondo emisfero occidentale ma tutto il globo terraqueo, tutti i sistemi industriali del mondo soprattutto quelli del terzo mondo, dei paesi in via di sviluppo, dei paesi che crescono di più in questo momento. Molto complicato fermare la macchina dell’emissione dei gas serra quindi guerra perduta.
Quindi secondo lei cosa si può ancora fare.
Possiamo imparare a convivere, cercare di contenere questo riscaldamento globale che abbiamo visto essere talmente ingente che come abbiamo visto all’inizio della nostra chiacchierata, comincia a provocare mutamenti davanti all’uscio di casa nostra.
Quanto è stata importante la sua esperienza giornalistica negli anni in cui è stato impegnato in RAI con Radio RAI, Agorà per alcuni anni, l’America per dodici anni.
L’America è stata fondamentale proprio perché mi ha avvicinato a delle problematiche forti come queste. In questo momento è un paese determinante e se dico che la guerra l’abbiamo perduta è perché uno dei generali di questa guerra dovrebbe essere il presidente americano invece Trump è un negazionista e ci dice “noi ci facciamo gli affari nostri e continueremo sulla nostra strada a produrre ed emettere gas serra” e quindi, sì, direi che è stato determinante anche la conoscenza della società americana dove questo scandalo si radica, prende piede nel 2009, quando ancora i social non sono poi così sviluppati, ma ci sono già Facebook, Instagram; questo è proprio uno scandalo costruito su delle fake news che si diffondono velocissimamente nell’America che dibatte, non appena Obama arriva alla Casa Bianca ed è qualcosa che si sarebbe verificato anche altre volte, sono sparite altre mail come quelle della Clinton alla Convention democratica, ci sarebbero stati altri fenomeni altri casi di fake news ad oggi, anche in Italia che vengono fatte circolare ad arte per delegittimare qualcuno o qualcosa. Questo è l’altro aspetto oltre alla questione climatica c’è un’aspetto direi etico comunicativo importante
Questa globalizzazione da una parte è stato un fenomeno positivo ma dall’altro ci ha presentato il conto non crede?
Sì dal punto di vista dei social abbiamo attraversato il limite, sulla globalizzazione io sono anche convinto che il riscaldamento globale si può fermare fino ad un certo punto perché non dipende solo da noi, da me o da lei o dagli atteggiamenti più o meno virtuosi ma dipende dalla globalità del mondo e dai sistemi industriali che non riusciamo a controllare. Per esempio quello dei paesi in via di sviluppo che potrebbero tranquillamente dirci, “voi ci avete inquinato per cinquant’anni, adesso lasciate lavorare anche noi.”
La salvaguardia e la tutela dei nostri patrimoni come l’Amazzonia o l’Australia, la Siberia, non potrebbe essere possibile applicare strategie, magari poche ma buone?
Con poco no ma con il tempo e molta abnegazione e molta lucidità. Io resto un ottimista nel senso che penso che l’uomo sia un essere senziente capace di adattamento siamo per così dire sopravvissuti per questo e quindi troveremo un modo per convivere con questa tendenza al cambiamento climatico cercando di contenerlo. È una parola di speranza, è ovvio!
Osservando la sala gremita, ho pensato che fosse arrivato il momento di ringraziare il mio gradito ospite e di lasciarlo andare, non senza una foto insieme, il patto era chiaro fin dall’inizio. Aspettando che finisse la presentazione, per altro molto interessante, condotta dal giornalista Pierpaolo Lala, ho pensato che fosse giusto comprare il suo libro e dalle prime righe, mi è sembrato un libro approfondito e scritto con cognizione di causa, ma di questo non ho mai avuto dubbi, Gerardo Greco è davvero un gran bel personaggio!