Eddy Anselmi, noto giornalista, esperto di musica, ha presentato sabato il suo nuovo libro Il Festival di Sanremo a Sanremo, a pochi passi dal teatro Ariston, e io c’ero!
Certo che c’ero!
Anche per questa edizione 2020 del Festival, ho avuto il piacere di essere presente negli ultimi due giorni della kermesse, in qualità di inviato per la radio. Sabato pomeriggio, scorrendo i vari appuntamenti collaterali e le varie proposte culturali che ogni angolo della città offriva, ho scelto di partecipare a questa presentazione del libro Il Festival di Sanremo tenuta dal giornalista a Casa Siae, una struttura costruita in piazza Colombo, a duecento metri dall’Ariston e a dieci passi dal palco esterno dove si sono esibiti tanti cantanti, che sicuramente hai visto, se hai seguito il Festival in TV. Insomma quel palco battezzato con il famoso nome di una famosa cioccolata spalmabile.
Ti prometto, caro iCrewer che questo è l’ultimo articolo su Sanremo, poi per questa stagione me ne faccio una ragione e chiudo i battenti. Se mai ce ne fosse bisogno ti ricordo anche che ha trionfato Diodato con il brano Fai Rumore, precedendo Francesco Gabbani e la grande sorpresa dei Pinguini Tattici Nucleari, band della bergamasca che deve il loro nome ad una birra e che comunque già da qualche anno ben si è distinta nel movimento musicale indie. Ci tengo, prima di passare all’intervista, a fare un grosso in bocca al lupo a Diodato, il bravissimo cantante tarantino, per l’Eurovision song contest che si terrà sabato 16 maggio a Rotterdam.
La presentazione del libro di Eddy Anselmi è stata una esperienza straordinaria. Nel libro, il giornalista, raccoglie davvero, quasi come fosse una enciclopedia, settanta anni, anzi sessantanove, di musica, eventi, retroscena, statistiche e curiosità legate ai giorni che si vivono durante la settimana magica del Festival, in questa ridente città posta quasi ai confini con la Francia. (non dimenticarti che c’è il mare, e ti garantisco che la pausa pranzo in spiaggia è un toccasana!). Durante la presentazione si è parlato, partendo dal libro, di tutto quello che è successo in questi decenni di musica: i presentatori più influenti, gli artisti con il maggior numero di vittorie, le canzoni arrivate ultime e poi diventate quasi inni nazionali e le donne che hanno scritto la storia di questo spettacolo. Particolare attenzione è stata posta sull’ultimo decennio, definito dal giornalista come il decennio della rinascita: il Festival che torna al suo splendore per bellezza e per interesse suscitato. Io mi trovo allineato con questo pensiero, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale che per i primi anni duemila aveva un po’ snobbato l’evento.
Subito dopo la presentazione, ho avuto modo di fare qualche domanda al critico musicale, che si è dimostrato persona più che disponibile, tanto che l’intervista l’abbiamo fatta prendendo anche un piccolo aperitivo insieme.
Buona lettura:
Buongiorno Eddy e grazie per la disponibilità. Parto con una domanda che può sembrare banale: perché si scrive un libro sulla storia del Festival di Sanremo?
Perché si è spinti dalla passione. Dalla voglia di fare ricerca. Prima di tutto, quello che mi ha spinto, è stata l’opportunità di passare del tempo in biblioteca, farmi mandare riviste del passato, comprarle. Insomma è stato come prendere una macchina del tempo ed esaudire quel desiderio impossibile che è quello di avere la DeLorean di Marty McFLy. L’unica macchina del tempo che abbiamo sono le canzoni. Noi ascoltiamo una canzone, che magari ha fatto parte della nostra vita, e quelle parole o quell’arrangiamento, ci riportano per un attimo dove eravamo. Quindi un libro sulla storia di Sanremo è un libro sui miei ricordi, ma anche un libro sui ricordi di chi mi legge, dove ognuno troverà il suo percorso. Io cerco di tracciarne uno mio, che però possa essere condiviso con tutti. Mi piace anche l’idea che al lettore, leggendo le mie pagine, venga la curiosità di andare a scoprire qualche vecchia canzone che non conosce, e se la vada a cercare subito, visto che di supporti per accedere istantaneamente alla musica oggi ce ne sono tanti. Cercando la canzone ritroverà i ricordi della persona che era o potrà viaggiare in tempi che non erano i suoi costruendosi una idea di un momento storico che per motivi anagrafici non ha vissuto. Io negli anni sessanta non c’ero, eppure in un certo senso, grazie a questo lavoro di ricerca è come se ci fossi stato. Sfogliando i giornali dell’epoca, anche solo leggendo le prime pagine, ti accorgi di tutte le notizie, anche quelle che vanno al di là del Festival. È stato un viaggio interessante, mi è piaciuto farlo e mi piace condividerlo attraverso questo libro.
Grazie per la splendida citazione di Ritorno al Futuro. Quindi oltre all’aspetto enciclopedico ci sono anche le tue emozioni?
Sicuramente, ma sopratutto c’è la mia visione storica. Non è assolutamente un libro di dati. Ci sono anche quelli, perché sono quelli che guidano l’orientamento, ma c’è anche una gran parte di analisi e di spiegazione del perché sono successe certe cose in certi momenti. Guardate che le canzoni ci raccontano tanto del nostro paese. Faccio un esempio: la ragazza che rimane incinta e deve dirlo ai genitori è un tema che oggi sarebbe assurdo, ma in passato era un tema forte. Pensiamo al momento in cui si scoprì il sesso: come nei film c’erano le commedie boccaccesche con le varie Lilli Carati e Edwige Fenech che si spogliavano, anche al Festival di Sanremo ci fu una edizione, nel 1976, dove più della metà delle canzoni parlavano di sesso, di gente che stava nei campi, di gente che si svegliava accanto alla fidanzata e poi lo faceva. Il Festival ha sempre raccontato l’epoca che stavamo vivendo, oggi questi sono argomenti che diamo per scontato e infatti le canzoni non parlano quasi mai di sessualità.
C’è una questione che mi affascina tantissimo e sono settimane che cerco di darmi una spiegazione: hai una idea del perché chi non guarda Sanremo ci tiene a ostentarlo e a farlo sapere?
Queste persone inconsapevolmente accrescono la popolarità e il brand di Sanremo. Quelli che fanno l’ashtag iononguardoSanremo in realtà stanno facendo massa critica e brand. Oltretutto gli algoritmi dicono “ah tu parli di Sanremo?” e quindi io ti mando roba su Sanremo. Fai un post critico ma attivi il meccanismo per cui la tua bacheca, e parliamo di social, si riempirà di notizie riguardanti quell’argomento. Il giochino è lo stesso che succede per la politica, anche se è molto meglio che succeda per il Festival, nel senso che di Sanremo si può parlare con leggerezza mentre di politica è meglio parlarne con serietà.
Concordo. Ultima domanda, abbiamo appena assistito a questa bella presentazione del tuo libro. A livello personale, cosa cambia tra presentare questo libro in una libreria di Milano, Bologna, Roma… e presentarlo qui a duecento metri dall’Ariston?
Cambia che siamo qua! È come dire che siamo in mezzo al mare. Questo, Casa Siae, è il corridoio tra il luogo di lavoro uno che è l’Ariston e il luogo di lavoro due che è il Palafiori. Ho la sensazione di avere consacrato il libro in un tempio, e questa città lo è davvero.
Io ringrazio davvero Eddy Anselmi per le belle emozioni che mi ha trasmesso, amplificate dal fatto di essere lì, nel vivo di tutto lo spettacolo che è questa città durante il Festival.
Chiudo con una considerazione che la dice lunga su cosa voglia dire esserci: ho visto le dirette di venerdì e di sabato proprio a Casa Siae, su un maxi schermo, insieme a tanti altri addetti ai lavori. Si ha la sensazione di partecipare. Pur essendo davanti ad una TV come dal divano di casa, le distanze sono completamente azzerate. Chi è presente, che sia egli un artista, un giornalista, un appassionato o semplicemente una delle tante persone che riempiono la piazza come pubblico, sente viva l’emozione di esserci e di partecipare. Di fare parte di qualcosa di unico e di grande.
Non per niente Sanremo è Sanremo.