Mi è stato chiesto se mi andava di raccontare un libro. Premetto che è la prima volta che affronto un compito del genere ma siccome le sfide mi attraggono come le falene alla luce, mi cimento in questa nuova impresa.
Forse la scelta del libro non sarà delle più felici… non importa.
Il testo è Shantaram di Gregory David Roberts ed edito da Neri Pozza
Molto si è discusso se fosse o meno autobiografico, certo è che ha scosso le coscienze di chi lo ha letto, in primis me. Sottolineo che sono state fatte 14 edizioni.
Mi sono avvicinata a questo libro perchè attraversavo un momento difficile e cercavo delle risposte; non posso dire che mi abba “risollevato”, sicuramente mi ha dato materiale su cui lavorare.
Poche parole per descrivere l’argomento di base (tante ne sono state scritte): l’autore, in età giovanile, si ritrova con una condanna a 19 anni in un carcere di massima sicurezza a seguito di rocambolesche rapine. Prima di condannarlo domandiamoci cosa ha spinto quest’uomo ad agire così; forse la separazione dalla moglie, forse la morte della sua bambina, fatto sta che è scattata una scintilla perversa che ha modificato il suo comportamento. Riesce a fuggire e girovagare per la sconfinata Australia “driblando” inseguimenti della caccia all’uomo per approdare, dopo tante traversie, a Bombay, in India.
Qui è “accolto” (è un eufemismo) da una moltitudine in perenne movimento, un’afa carica di umidità che gli penetra nelle ossa e nel cervello, obnubilandogli i sensi. Si ritrova a vivere nello Slum, a contatto con una etnia che lo guarderà sempre con un pò di sospetto, ma che gli restituirà anche quella dignità e la voglia di amare che ha perso.
A proposito, l’ho scritto che è un “tomo” di circa 1180 pagine? Ma non è la lunghezza che determina se un libro diventerà un best seller oppure è destinato al dimenticatoio. Qui scorre la lettura e come scorre, e le descrizioni sono molte dettagliate tanto da farti rabbrividire per la cruenza di alcune. A volte si ha l’impressione di essere al centro di quell’azione e di avvertirne il peso, l’odore, il suono. Ciò che ha lasciato in me è la consapevolezza che, se si vuole, si può cambiare pur senza andare in India. Anche qui abbiamo gli Slum, abbiamo la mafia, abbiamo persone che hanno bisogno solo che tu gli tenda una mano per aiutarlo e sono capaci di ricambiarti con un sorriso, un abbraccio.
E spulciando tra le varie notizie che “girano” su questo testo ho letto che hanno intenzione di farne una Serie TV. Riusciranno i nostri eroi a ricreare l’atmosfera e i vari stadi che Gregory, alias Lin, ha attraversato prima di arrivare ad accettarsi?
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