Questo libro non è un trattato di linguistica. Voglio solo farvi innamorare della parola. Penserete questo è matto.
Scommettiamo?
È con questa affermazione, audace e affascinante, che Roberto Vecchioni presenta il suo nuovo libro L’orso bianco era nero. Storia e leggenda della parola, in uscita il 25 marzo per Piemme. Un’opera che non ha la pretesa di essere un trattato di linguistica, né di rispettare rigide convenzioni accademiche, ma che si pone come un viaggio appassionato nel mondo delle parole, del loro potere evocativo e della loro capacità di dare forma ai pensieri e alle emozioni umane.
Vecchioni, noto cantautore, scrittore, poeta e professore di greco e latino, ha sempre avuto un rapporto viscerale con la parola. Le sue canzoni, da Samarcanda a Luci a San Siro, sono testimonianza di una poetica che mescola nostalgia, memoria e riflessione esistenziale, dove ogni termine è scelto con cura e carico di significato. Nel suo nuovo libro, l’autore non intende proporre un’analisi sistematica della lingua, ma un racconto intimo e personale, fatto di esperienze, riflessioni e suggestioni raccolte in decenni di amore per la parola scritta e parlata.
Roberto Vecchioni: tra musica, letteratura e insegnamento
Roberto Vecchioni (nato a Carate Brianza nel 1943) è una delle figure più poliedriche della cultura italiana. Cantautore raffinato e poeta della canzone d’autore, ha scritto brani indimenticabili come Samarcanda, Luci a San Siro e Chiamami ancora amore, con cui ha vinto il Festival di Sanremo nel 2011. Sogna ragazzo sogna è una delle canzoni più celebri di Vecchioni, pubblicata nel 1999 nell’omonimo album. Il brano è una sorta di monologo poetico rivolto ai giovani, un invito a inseguire i propri sogni senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà della vita.

Oltre alla musica, ha sempre coltivato una profonda passione per la letteratura e l’insegnamento: per decenni ha insegnato greco e latino nei licei, trasmettendo agli studenti il suo amore per le parole e per il mondo classico.
Autore di numerosi saggi e romanzi, tra cui Il libraio di Selinunte e La vita che si ama, Vecchioni oggi continua a esplorare il potere evocativo della parola attraverso libri, conferenze e il suo insegnamento presso l’Università IULM di Milano.
Un libro fuori dagli schemi: L’orso bianco era nero
L’approccio di Vecchioni è anticonvenzionale. Lui stesso dichiara: “Questo libro ha a che fare con la linguistica come io assomiglio a un orso bianco o, se preferite, nero”. Con questa metafora, che riprende il titolo dell’opera, l’autore vuole sottolineare la sua distanza da un approccio tecnico e accademico. Il suo intento è un altro: innamorare il lettore della parola, della sua forza espressiva, della sua storia e del suo mistero.
L’opera raccoglie decenni di pensieri e annotazioni, scritte su quaderni e block-notes, nate da letture, lezioni, intuizioni e scoperte. Un mosaico di idee che prende forma attraverso un percorso letterario e filosofico in cui le parole si rivelano nella loro fisicità, nel loro essere specchio dell’uomo e veicolo di emozioni profonde.

Il potere evocativo della parola
Vecchioni sostiene che le parole non siano semplici suoni, ma codici capaci di svelare emozioni e sensazioni. Le parole, per lui, sono materia viva, capaci di generare significati e connessioni inaspettate. “Più ci entravo in quelle parole, più sentivo una foga irrefrenabile a entrarci”, confessa nel libro, parlando di una sorta di ubriacatura conoscitiva che lo ha portato a esplorare la lingua in tutte le sue sfaccettature.
L’autore invita il lettore a farsi trascinare in questo vortice di scoperte, in un gioco intellettuale che non si limita a spiegare la lingua, ma la esalta nella sua capacità di plasmare il pensiero umano.
Un’opera per tutti
Nonostante il suo profondo bagaglio culturale, Vecchioni non scrive per un pubblico di specialisti. Il suo obiettivo non è fornire un manuale di linguistica, ma trasmettere la passione per la parola a chiunque voglia ascoltarlo. Il suo linguaggio è diretto, spontaneo, a tratti ironico, come quando dichiara di non voler creare un ‘bigino per deficienti’ ma nemmeno un’opera ‘colta, accademica e incomprensibile’.
In un mondo in cui la comunicazione è sempre più veloce e frammentata, L’orso bianco era nero si presenta come un’opera controcorrente, un invito a riscoprire il valore e la bellezza della parola, a riconoscerne il potere di raccontare, emozionare e dare senso alla realtà. Un libro che, come le migliori canzoni di Vecchioni, riesce a coniugare profondità e leggerezza, erudizione e sentimento.
Il cantautore-professore ci sfida: “Scommettiamo che vi innamorerete della parola?”. Un invito impossibile da rifiutare.