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Recensione Wintersong di S. Jae-Jones

Ornella Feletti 8 anni fa Commenta! 5
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Cari lettori, oggi vi parlo nuovamente di un romanzo d’esordio, questa volta però non si tratta di una nostra conterranea, ma della della statunitense S. Jae-Jones, autrice di [amazon_textlink asin=’B073WNXG4T’ text=’Wintersong’ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’06ff9eec-e34a-11e7-b72a-edccc49b48a8′].

Contenuti
La StoriaL’AmoreL’ErlkönigIn conclusione

La Storia

Un fantasy non necessariamente deve essere ambientato in una realtà parallela o avere una fruizione spazio-temporale lontana dalla nostra. In questo caso infatti la vicenda è ambientata ai tempi di Mozart (o poco dopo, non ci è dato saperlo) e i protagonisti apparenti sembrerebbero essere la famiglia di un locandiere ed ex-musicista della corte di Salisburgo, ormai caduto in rovina.

La musica è il fulcro, ma solamente 2 dei tre figli hanno ereditato il dono di saperla eseguire. La seconda figlia ha un dono molto più apparente… la bellezza, che la primogenita ammira e desidera.

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Nonostante questo tra le sorelle non è presente alcuna invidia e l’amore tra i fratelli sarà ciò che permetterà alle stagioni di susseguirsi ancora e ancora.

Improvvisamente la bellissima figlia scompare, rapita dai Goblin, personaggi mitologici da cui la nonna ha sempre messo in guardia i nipoti. L’unica che può salvarla e proprio Elisabeth, la primogenita, ma di chi è prigioniera? Dell’uomo longilineo e incappucciato che le appare in sogno e che le solletica la memoria…..

Una memoria che tarda a tornare e, quando lo fa, porta alla mente momenti di gioco e di musica tra due bambini nel bosco…e sopratutto una domanda…”diventerai mia sposa da grande?”.

Ed è proprio questo che il giovane signore delle tenebre e signore del sottosuolo cerca, una consorte, una Regina dei Goblin, con il fuoco nel cuore, un fuoco che possa ardere e permettere alle stagioni di sussegguirsi, altrimenti sarebbe l’inverno perenne e la fine del mondo terreno.

L’Amore

Uno sguardo, una parola, un sorriso, basta veramente poco per sentire quell’affinità con qualcuno. La morsa allo stomaco, i brividi a fior di pelle e il sorriso che assumono i tuoi occhi appena pensi al tuo amato.

Elisabeth e l’Erlkönig sono così, due “giovani” che non vedono altro che il proprio amato e  sacrificherebbero la propria vita per l’altro. Il fato purtroppo anche qui la fa da padrone, e le Leggi superiori non permettono loro di vivere appieno l’amore che li lega. Quell’amore che porterà il sovrano del sottosuolo a un gesto che lo dilanierà per sempre.

Eternamente tuo

eternamente mio

eternamente nostri

[Ludwig van Beethoven, Lettere all’amata immortale]

L’Erlkönig

La vicenda è incentrata attorno alla figura dell’Erlkönig, personaggio mitologico, che nella letteratura conosciamo grazie alla ballata omonima del 1782 di Johann Wolfgang von Goethe.

La ballata è stata musicata da vari compositori, ma il più famoso è il Lied di Franz Schubert che vi lascio qui di seguito

Nel Romanzo di S. Jae-Jones il personaggio è tradotto come il Re dei Goblin, ma questa in realtà è un’inesattezza, in quanto la traduzione corretta sarebbe invece “Il Re degli Elfi“. L’errore è da ricercarsi in un’ispirazione di Goethe a Johann Gottfried Herder, il quale avrebbe tradotto male il nome originale del protagonista dal danese (Elverkonge), non riportando così l’esatto significato (Re degli Elfi) in tedesco.

In conclusione

Tirando le somme, ci troviamo di fronte al primo volume di una Saga molto promettente. L’ambientazione oltre ad essere molto incentrata nella realtà che molti di noi conoscono (parlo dei musicisti nello specifico), è usata in maniera corretta, lungimirante e rispettosa. Capita infatti che chi scrive di musica, lo faccia come mezzo per attirare l’attenzione, o attirare a sé un certo pubblico, senza però sapere realmente di cosa si stia parlando. In questo caso invece, ne scaturisce una ricerca febbrile e puntigliosa di termini sia tecnici del campo armonico, sia storici riguardanti la vera e propria prassi esecutiva.

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