Nella premessa del libro-diario, Viera, un’italiana del ’23, pubblicato da Pendragon, l’autrice Paola Mattioli racchiude in poche parole quella che secondo me è l’essenza di questa pubblicazione:
(…) L’esigenza era di far sapere alle persone a lei care la sua esperienza di vita, dalla nascita agli ultimi momenti, e di lasciare una testimonianza per le figlie, così che potessero trarne giovamento, insegnamento e amore per quello in cui credono.
Viera, un’italiana del ’23: un libro, due mani
Il libro è diviso in due sezioni distinte: il diario scritto da Viera e trovato dalla figlia Paola nella libreria di casa, e una parte finale in cui la stessa Paola parla della madre. Quello che ne esce è un volumetto (sono poco più di sessanta pagine) denso ma allo stesso tempo leggero. Denso perché pieno zeppo di sentimenti, più o meno rimasti pudicamente nascosti durante la vita di Viera. Ed è facile commuoversi leggendolo, perché toccano corde comuni a tutti noi.
Leggero, perché scritto con uno stile semplice e colloquiale, come se a farlo fosse stato davvero un parente stretto di cui si conosce già qualcosa ma sapendo che è solo la punta dell’iceberg. Non c’è artificio o costrutto: è un diario, semplice e diretto, e così è stato pubblicato. Questo stile si mantiene anche nella parte finale scritta da Paola.
Un valore aggiunto al libro sono le foto che Paola Mattioli ha inserito, aggiungendo così una chiave di lettura e comprensione in più a quello che la madre ha scritto lungo tutta una vita. Una in particolare la ritrae nella bellezza dei suoi ventiquattro anni, seduta al tavolino di un bar, ed è forse quella che più mi è rimasta impressa. Rigorosamente in bianco e nero, queste fotografie ritraggono anche il marito, Paolo, le due figlie, Paola e Silvia, e altri protagonisti del racconto come, per esempio, i genitori di Viera e quelli di Paolo.
Perché leggere Viera, un’italiana del ’23
Una cosa che mi è piaciuta molto del libro, e per cui lo consiglio a chi ama i racconti storici, specialmente quelli sul Novecento e sulla Seconda Guerra Mondiale, è l’immagine dell’Italia che ne emerge. Un’Italia che per ovvi motivi non esiste più, oggi, ma che è necessario conoscere perché fa parte della nostra storia, della storia di tutti noi. Uno scrigno di valori che sono propri di noi italiani, anche se a volte tendiamo a dimenticarcene. E ricordarlo non può che riempirci d’orgoglio.
Una curiosità
Quando finisci di leggere il diario, ripesa al titolo. Il perché non posso svelartelo, sarebbe troppo facile e toglierei valore alla lettura, ma se segui questo mio consiglio, ne rimarrai sorpreso.
L’autrice
Paola Mattioli nasce a Bologna nel 1962. Scopre la magia e la bellezza della scrittura durante gli anni trascorsi a scuola, all’Istituto magistrale, e poi durante il corso professionale per Assistente di Comunità Infantili. È in questo periodo che inizia a scrivere poesie. Successivamente abbandona la scrittura per lungo tempo a causa di motivi lavorativi. La riprende solo nel 2006, dopo la scomparsa della madre: rimasta sola (il padre era mancato nel 1991, lasciando un grande vuoto) la scrittura diventa per lei qualcosa di necessario, di imprescindibile.
Nascono così le sue meravigliose poesie dell’età matura, dove ricordi amari e a volte anche dolorosi si uniscono a intensi sentimenti d’amore. Una costante della sua poetica è la presenza di una vena di malinconia nei confronti della bellezza della vita. Altra sua caratteristica è la capacità di vedere tutto questo con gli occhi dell’infanzia. Nel 2012 esce in un’edizione ridotta e autoprodotta il suo primo libro, Vorrei. Nel 2015 pubblica per la casa editrice Pendragon Al di là del cielo, una raccolta di poesie e nel 2017 A piccoli passi, un altro lavoro poetico.