Una casa a Parigi, è il nuovo thriller di S.L. Grey, pseudonimo che sta a indicare gli scrittori Sarah Lotz e Louis Greenberg, che da anni collaborano, scrivendo libri a quattro mani
Iniziamo subito elogiando questo romanzo. Che sia merito della scrittura a quattro mani o meno, questo thriller è perfetto. È un miscuglio di generi, di idee, di spunti, un insieme di ingredienti talmente ben miscelati da risultare intrigante, avvincente e sempre un passo avanti al lettore. Il punto di forza del libro è sicuramente la capacità di stupire. Non illudetevi e non pensate mai di aver capito e di aver risolto il mistero con facilità, come farebbe Sherlock Holmes. Vi dico subito che no, non ci siete riusciti e non ci riuscirete fino alla fine. Niente è come sembra.
Ma andiamo con calma e partiamo dalla trama
Mark e Stephanie, alle prese con un matrimonio in crisi e stressati da un trauma recente, decidono di partire, con la speranza di dare nuova vita al rapporto e cercare di dimenticare le difficoltà dell’ultimo periodo. Parigi sembra la meta ideale, la città dell’amore, perfetta per passare una rilassante settimana di coppia. È così che Mark e Stephanie, affidata la bambina ai nonni, partono da Cape Town alla volta della capitale francese, decisi a concedersi una settimana romanticamente perfetta tra pittoreschi bistrot e passeggiate mano nella mano. Ma il perfetto nido d’amore promesso dalla famiglia Petit, conosciuta su un sito di scambi d’appartamento, si rivela molto diverso dalle aspettative; e mentre nulla tra Mark e Steph sembra andare per il verso giusto, a Cape Town non c’è traccia della misteriosa famiglia che avrebbe dovuto installarsi nella villetta dei due. Mano a mano che la vacanza perfetta prende i colori dell’incubo, il sospetto che qualcosa di oscuro possa nascondersi dietro l’intera vicenda si fa strada nella mente di Steph e del lettore. E la chiave di tutto, forse, va cercata nel passato di Mark. Perché non c’è oscurità più terribile di quella che ci portiamo dentro.
Il lato oscuro. Forse è proprio questo il tema centrale su cui ruota il romanzo
E cosa c’è di più affascinante della doppiezza umana? Del sapere che siamo fatti di bene e di male, di luce e di ombra? La letteratura ci offre milioni di spunti sull’argomento, uno dei più indagati e che ha affascinato generazioni di scrittori; da Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde al Dorian Gray di Wilde. Ma senza andare a scomodare la letteratura inglese possiamo semplicemente pensare al Visconte dimezzato di Calvino. Anche il cinema, così come la musica, non sono rimasti indifferenti a un tema tanto misterioso quanto intrigante. Giusto per fare un esempio, The Final Cut dei Pink Floyd: “E se ti mostro il mio lato oscuro mi stringerai ugualmente questa notte?“.
Ma se pensate che si tratti solo di questo siete fuori strada
Il romanzo è incredibilmente complesso. Non vi è un solo momento in cui siamo sicuri di quello che stiamo leggendo. Tutto sembra possedere più lati, mille interpretazioni diverse. Si arriva persino a credere che la casa dei Petit sia infestata, che la strana vicina sia una sorta di strega, che vi siano entità sovrannaturali che si aggirano per le stanze. Ma sarà davvero così? È tutta colpa di spiriti maligni e creature dell’oltretomba oppure la ex coppietta felice non è del tutto sana di mente? Non si sa e non si saprà mai con assoluta certezza. Ed è questo il punto di forza, il continuo giocare sul sottile limite che divide realtà da fantasia, lucidità da follia. Un viaggio nella follia, o nel terrore che genera follia, anche nelle menti umani più forti. E il tutto fatto con tale maestria che anche il grande King approverebbe.
I personaggi sono perfetti grazie alla loro complessità
e più che altro, sono realistici. Non vi è mai il tentativo da parte degli scrittori di rendere simpatici i loro personaggi. Mark e Steph sono così, descritti in ogni piccolo particolare, in ogni loro pensiero scomodo, in ogni atteggiamento antipatico. Si portano dietro i loro fantasmi, le loro frustrazioni, i loro desideri. Sono semplicemente umani. E proprio per questo autentici. Potrebbero benissimo essere i tuoi vicini di casa. E la narrazione, in questo, aiuta; infatti, il romanzo è costruito con un alternarsi di punti di vista, quello di Stephanie e quello di Mark, due visioni molto diverse. E proprio queste diversità sono rivelatrici del mondo inconscio che con così grande sforzo i due tentano di celare.
Steph è molto più giovane rispetto al marito, ventitré anni più vecchio. Dopo la nascita di Hayden è stata costretta a rinunciare a molte cose, a sacrificare in parte la sua vita, la sua carriera, in qualche modo la sua giovinezza. Mark è un uomo apparentemente equilibrato, che si è ricostruito un presente, dopo un passato incredibilmente difficile e doloroso. Molti anni prima, infatti, era morta la sua prima bambina, Zoe, nata da un altro matrimonio. Un trauma difficile dal quale riprendersi, spesso impossibile, ma che Mark sembra aver superato, anche grazie all’aiuto della sua nuova compagna.
Le cose cominciamo a incrinarsi dopo che la famiglia viene rapinata, cosa che li traumatizza profondamente. La donna comincia a sentir crescere in sé risentimento e rancore nei confronti del marito, che durante l’aggressione è rimasto inerte. Mark, da parte sua, è divorato dai sensi di colpa.
Più il libro va avanti, più notiamo tante altre pieghe, tante sfaccettature, che inizialmente ci erano sfuggite, ma che rivelano l’uomo in tutta la sua complessità
Senso di inadeguatezza nei confronti di una moglie così giovane, paura di rovinare un altro matrimonio, un rapporto ambiguo con la figlia, che spesso sembra voler evitare e a tratti odiare, una relazione passata che in realtà non si è mai conclusa, il pensiero della figlia morta che continua a ossessionarlo.
Ed è proprio nella fetida e oscura casa di Parigi dove tutto comincerà a venire a galla. Dove il passato si mescolerà con il presente. Dove ciò che di marcio è rimasto per anni nell’ombra, comincerà lentamente a uscire allo scoperto.
Atmosfere cupe, spaventosi e lugubri rumori notturni e una vicina bizzarra e inquietante, che continua a ripetere: “Tu fai attenzione! Non è per chi vive!“. La coppia si troverà a vivere una settimana d’inferno, in cui i peggiori incubi, lentamente, prenderanno vita. Ed è qui che noi lettori ci convinciamo dell’esistenza e della presenza strisciante di un qualcosa di sovrannaturale, di uno spirito malvagio che abita nella casa. E più si va avanti con la lettura più ci sembra di aver ragione. Mark, infatti, comincerà a sentire rumori strani, trovare cose disgustose e raccapriccianti nella casa dei Petit (ceste di capelli, animali morti), ma, soprattutto, incontrerà più volte la figlia morta, intanto cresciuta. E qui, tutte quelle belle immagini terrificanti che ci sono state inculcate da dozzine di film horror, con bambine ghignanti dagli occhi maligni, ci balenano in mente. E ci fanno accapponare la pelle. Le descrizioni sono precise, troppo precise, tanto che, probabilmente, quella bambina tanto spaventosa tornerà a farci visita nei nostri peggiori incubi.
Ma, come già detto, niente è come ci si aspetta che sia
e alla fine non siamo più sicuri di niente. Gli autori giocano abilmente con noi: costruiscono insieme a noi certezze, per poi distruggerle il momento successivo. Non annoiano mai e sono sempre un passo avanti a noi. Lasciano tra le pagine indizi di ciò che succederà, ma soltanto alla fine saremo abbastanza abili da mettere tutto insieme e da arrivare a una possibile conclusione. Ma per tutto il romanzo continueremo a chiederci: sarà vero? si staranno immaginando tutto? Possibile che siano impazziti?
Perché come ormai tanti libri e tanti film ci insegnano, molto dipende anche dal punto di vista con il quale si guarda a qualcosa. Shutter Island, con quella frase finale: “Cosa sarebbe peggio? Vivere da mostro o morire da uomo per bene?” non vi ha insegnato niente? Ebbene, tenetela a mente leggendo questo libro, perché l’ambiguità non scomparirà mai. Non saprete mai se le vostre ipotesi saranno giuste o meno. Neanche alla fine.
Non stupisce che i diritti del libro siano stati già acquisiti per una realizzazione cinematografica
In Una casa a Parigi c’è tutto quello che un regista potrebbe desiderare per realizzare un horror di successo. Una classica famiglia felice che improvvisamente si trova avvolta dal male? C’è. Una casa infestata da un’oscura presenza? C’è. Una bambina incredibilmente inquietante? C’è. Un onnipresente sentore di follia? C’è.
Non vi sono dubbi che riuscendo a rendere in immagini ogni momento più raccapricciante, ogni scena più angosciosa, ogni particolare più macabro, gli incubi ci verranno di sicuro.