«Il lungo anno in cui morì nostra figlia fu il più bello della mia vita.»
Pauline ha tre anni, quando le viene diagnosticato un osteosarcoma al braccio sinistro. È soltanto una bambina che scopre presto cosa significa vivere in un ospedale e sottoporsi quotidianamente alle cure di medici e infermiere. I suoi genitori devono invece fare i conti con la realtà: la loro unica figlia sta morendo e loro sono impotenti davanti alla terribile malattia della piccola.
Riassunta così, la trama sembra vagamente un racconto dell’orrore, invece è la vera storia di Philippe Forest, un professore di Letterature Comparate dell’Università di Nantes che diventa scrittore con la morte della figlia. [amazon_textlink asin=’8860445604′ text=’Tutti i bambini tranne uno ‘ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’d11b9daf-9ce2-11e8-8306-475605c8d920′] è dunque un romanzo di ispirazione autobiografica e forse è questo che lo rende così speciale.
Parlare di una malattia, che la si stia vivendo in prima persona o che la stia affrontando un proprio caro o un conoscente, non è un’impresa facile e non lo è neanche prendere questo dolore e trasportarlo in una pagina bianca. Forest ha trovato però nella scrittura il suo palliativo e ha affidato alle parole il calvario interiore che ha patito nell’anno di malattia di sua figlia, regalandoci questo romanzo. È lui dunque il narratore della vicenda, il padre di Pauline. È lui la figura a cui il lettore si affida per conoscerne la vicenda e sono sue le riflessioni descritte nel testo. Per questo motivo, fin da subito, l’autore permette a chi legge di affezionarsi alla bambina e di identificarsi con il genitore.
La forza di questo libro sta appunto qui: farti sentire parte della storia e non un semplice spettatore. Con questo non voglio assolutamente svilire chi si è trovato o si trova nelle condizioni della famiglia di Pauline, anzi! Tutti i bambini tranne uno apre gli occhi su una realtà esistente e che spesso e volentieri viene ignorata da chi non l’ha vissuta. La storia di Pauline comincia come tante altre: al ritorno da una spensierata vacanza di Natale in montagna, la piccola avverte continui dolori al braccio sinistro. Allarmati, i genitori la fanno visitare dal pediatra che, dopo ulteriori accertamenti, diagnostica alla bambina un tumore alle ossa in rapida crescita. Questa scoperta la costringe a trasferirsi in un istituto vicino a casa per essere seguita giorno e notte dai medici, che tenteranno in tutti i modi di guarirla. Una condizione difficile, che molti bambini malati di cancro affrontano.
La vera protagonista del romanzo può sembrare la malattia, invece è Pauline. Lei è sempre presente all’interno del racconto, anche quando la narrazione si perde nelle riflessioni dell’io narrante, perchè è alla sua bambina che il genitore pensa costantemente. Il testo diventa sì testimonianza della battaglia di Pauline contro il cancro e delle paure ad essa collegate, ma è anche una dichiarazione d’amore da parte del padre nei confronti della piccola. In ogni riga è tangibile tutto l’affetto che egli prova e non viene mai meno, anche nei pensieri più cupi. Questo libro è stato scritto per lei, dopotutto.
Ed è impossibile non farsi conquistare da questa dolce bambina di tre anni, che si dimostra più coraggiosa e più matura degli adulti, quando in gioco c’è la sua vita. Tramite la sua malattia, è lei che insegna a suo padre come essere forte e non farsi abbattere dalla morte. In lei, il narratore vede una moderna Peter Pan: una bambina che non crescerà mai, proprio come il suo eroe preferito. Non è un caso infatti che nel libro venga citato di sovente lo spirito nato dalla penna di James M. Barrie e il film d’animazione ad esso ispirato: proprio come Peter Pan e i Ragazzi Perduti, Pauline non conoscerà mai l’età adulta e per questo suo padre la paragona spesso a questo personaggio che lei tanto ama. Anche il titolo del romanzo, Tutti i bambini tranne uno, è un chiaro riferimento a Peter Pan.
Peter Pan, protagonista dell’omonimo film d’animazione della Disney.
Proprio come Peter Pan, Pauline entra nel cuore del lettore, il quale si sorprende a sperare in una conclusione a lieto fine, anche quando è noto che la storia terminerà tragicamente. Se da un lato è presente l’affetto del padre, dall’altro c’è la sofferenza nel vedere la figlia costretta a vivere in un ospedale e l’impotenza nel non poterlo evitare.
Tutti i bambini tranne uno è un romanzo crudele, ma allo stesso dolce. È la dichiarazione d’amore di un padre per la propria figlia e la sua testimonianza di quanto sia doloroso vedersela portare via dal cancro troppo presto. Per questo motivo è un romanzo difficile da affrontare e che non tutti saranno in grado di leggere fino alla fine. Ed è anche per questa ragione, che il libro vale la pena di essere letto.
Philippe Forest è uno scrittore e saggista francese, oltre che critico letterario e professore universitario. Parte della sua produzione romanzesca ha come tema centrale la scomparsa del bambino, essendo stato segnato dalla prematura morte di sua figlia per cancro. Tra i suoi scritti ricordiamo: Per tutta la notte, Sharinagara e Il gatto di Schrödinger.