L’ultimo saggio di Jonathan Safran Foer: Possiamo salvare il mondo, prima di cena – Guanda Edizioni
“Perché il clima siamo noi”, ci anticipa in copertina lo scrittore di Possiamo salvare il mondo, prima di cena, dandoci subito un chiaro messaggio: gli attori principali siamo noi, e soltanto noi possiamo agire. Eccomi quindi a darti la mia testimonianza, caro iCrewer, su cosa si provi a sentirsi protagonisti, su cosa il grande Foer (scusate ma sono di parte, io adoro questo autore e il suo stile) ci voglia comunicare con questa sua ultima opera.
Lo stile, dicevamo: Foer ha una capacità incredibile di raccontare fatti storici, scientifici, e filosofici con la stessa “leggerezza” di sua nonna che gli raccontava come andava il mondo mentre preparava un’infornata di biscotti; riesce a far comprendere concetti apparentemente slegati tra di loro ma che in realtà fanno parte di un insieme, di un movimento univoco che l’umanità ha cominciato da quando ha abbandonato la posizione quadrupede arrivando a ciò che siamo oggi. Attraverso aneddoti storici ci mostra le peculiarità e anche i limiti dell’animo umano, di come entrambi i fattori ci abbiano portato a vivere in questo preciso presente quella che viene definita antropocene, ovvero l’estinzione di massa degli esseri umani. E lancia un grido d’allarme, un grido ignorato negli ultimi 50 anni, un ultimo richiamo prima dell’inevitabile fine: possiamo ancora farcela!
Ma la verità è tanto ovvia quanto cruda: non ce ne importa nulla. E quindi?
Bella domanda. Una delle dinamiche che salta subito agli occhi è l’incapacità umana di riconoscere un pericolo se non gli si presenta direttamente davanti al naso; retaggio del percorso evolutivo? Non ha importanza poiché le persone avvertono “la fine del mondo” come un qualcosa che sta avvenendo semplicemente “da un’altra parte”. Il bello è che quando “l’altra parte” sarà il palazzo di fronte al quale viviamo, o la cittadina a pochi chilometri da noi, sarà troppo tardi.
Foer ci racconta di quali stratagemmi siano stati messi in atto negli ultimi decenni per cercare di contrastare il colpevole principale: l’effetto serra, o riscaldamento globale che dir si voglia, e ciò che sostiene è demotivante ma illuminante al tempo stesso; non servirà acquistare l’ultimo modello di auto ibrida per salvare il pianeta, come non servirà installare il pannello solare in cima al tetto o costringere gli studenti dei prossimi anni a portare a scuola la borraccia di alluminio piuttosto che la bottiglietta di plastica. Non basterà scaricarsi la coscienza perché il nostro pianeta ha bisogno di interventi più decisivi.
E ciò che adoro di Foer è la capacità di ammettere candidamente che questa forma di “ipocrisia” pervade anche il suo animo e gli fa riflettere su come, mentre stia scrivendo un libro che potrebbe risvegliare la coscienza mondiale, preferisce fare il giro del suo quartiere in auto, così tanto per trascorrere un pomeriggio, mancando di scegliere in ogni singola piccola occasione ciò che contribuirebbe (insieme a tante piccole azioni quotidiane collettive) a dare una svolta a questa catastrofica situazione in cui ci siamo ficcati. CI SIAMO, perché sì, qui non si tratta di dare – solamente – la colpa alla grande azienda petrolifera che ha riversato nell’oceano milioni di litri di petrolio, non è – solamente – colpa della multinazionale che ha bruciato mezza Amazzonia per fare spazio ad allevamenti di bovini o a colture per coltivare mangime per bovini: la colpa è di ognuno di noi che li mangia, quei bovini. Ecco, l’ho detto. L’alimentazione umana a base prevalente di carne ha innescato una serie di azioni atte a soddisfarlo, questo consumo; con dati scientifici che non sto a riportarvi, Foer spiega chiaramente che chi conduce una vita prettamente carnivora immette nell’atmosfera le sostanze che la stanno distruggendo. E paradossalmente i popoli che già ad oggi si nutrono meno e lo fanno tra l’altro utilizzando pochissima carne saranno i primi a scontare delle carestie e degli effetti dei cambiamenti climatici. Non si tratta di convincere la gente a diventare vegana, ci tengo a precisare, questione di cui Foer è stato già abbondantemente accusato, ma di prendere coscienza che non serve spendere chissà quanti soldi per convertire la nostra auto in ibrida ma serve cominciare, fin da oggi, a cambiare tante delle nostre piccole/grandi abitudini consumistiche, consumistiche ormai all’ennesima potenza. Prendere atto che un piccolo gesto ogni giorno può portare a cambiamenti immensi, e a darci in egual modo una buona motivazione per non sentirci in colpa. Forse anche Foer si sente in colpa? Forse anche lui scrivendo questo libro sente di aver fatto la sua parte e che va bene così. Forse se cominciamo ad agire in maniera diversa già da oggi, già dopo aver letto questo libro, prima di aver letto questo libro sarebbe meglio, forse le cose cambieranno.
Caro iCrewer, forse il pubblicare questo libro o la recensione di esso e le riflessioni che ne possono scaturire può fermare quella mano davanti allo scaffale del grande supermercato e far riflettere il proprietario di quella mano sul fatto che anche un oggetto in meno nel carrello può fare la differenza. Forse questa è l’unica speranza che ci rimane. Non è complicato come iniziare una rivoluzione, non è impossibile come sacrificio, non è eclatante come una protesta globale, ma può funzionare. Che ne pensi? Diffondi e facci sapere nei commenti!
L’AUTORE
Jonathan Safran Foer è nato a Washington nel 1977 e vive a New York. Ha esordito a 25 anni con “Ogni cosa è illuminata” (2002), bestseller internazionale e vincitore del National Jewish Book Award e del Guardian First Book Award; ugualmente fortunato il secondo romanzo, “Molto forte, incredibilmente vicino” (2005); da entrambi i romanzi sono stati tratti film di successo. Nel 2010 è uscito il suo saggio-reportage “Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?“, mentre l’ultimo romanzo, “Eccomi“, del 2016, è stato scelto come miglior libro dell’anno dalla giuria della Lettura-Corriere della Sera. Tutti i suoi libri sono pubblicati in Italia da Guanda.