Phi, Chi e Pi è la trilogia di Akilah Azra Kohen edita da Mondadori, libri che hanno riscosso parecchio successo a livello mondiale e che anche in Italia sono stati apprezzati da una buona quantità di lettori. Vediamo cosa significano i titoli di questa trilogia:
PHI (Φ) è la perfezione estetica, l’ideale di bellezza, nel libro corrispondono alla ballerina Duru.
CHI (χ) è la variabile sconosciuta, l’ignoto, quello che ciascuno di noi nella vita è chiamato a scoprire.
PI (π) è il numero che prosegue all’infinito, quindi rappresenta l’evoluzione continua dell’essere umano.
Eccoci quindi arrivati al capitolo conclusivo che nulla poteva essere se non la quadratura del cerchio riguardante i rapporti che ci sono tra i vari personaggi, gli intrecci che intercorrono tra loro e lo sviluppo delle loro vite, che siano sviluppi positivi o negativi.
Tutti i personaggi, che hanno dinamiche ben precise, anche in questo ultimo libro vengono sviscerati e spiegati: da Duru a Ozge, da Bilge a Dogru, e via via per tutti gli altri si ha uno sviluppo costante che è iniziato nel primo romanzo di questa trilogia.
Questa volta, caro iCrewer, mi voglio soffermare sul tipo di scrittura che l’autrice utilizza. Tenendo sempre presente che un lavoro ottimo è stato fatto dal traduttore, diverso per ognuno dei tre romanzi, la Kohen è riuscita a far risaltare le peculiarità e la crescita introspettiva dei tanti personaggi nonostante il tema non sia semplice; devo inoltre ammettere che il testo è scritto molto bene. L’approccio iniziale non è semplice, ti verrà spontaneo appuntarti i nomi dei personaggi, presentati tutti in terza persona, e quello che succede ad ognuno perchè sono veramente tanti e gli incontri – scontri tra loro vanno memorizzati per capirne la crescita.
Attimo dopo attimo, a poco a poco, Ali vide Bilge sopraffatta dal sentimento caotico che stava vivendo. La busta stropicciata nel pugno, il tovagliolo nell’altra mano, stretto intorno al telefono, l’espressione scioccata che raccontava la sua estraneità al sentimento che il viso paonazzo rivelava, l’impatto che aveva su di lei la persona con cui aveva parlato al telefono…
Anche solo da un estratto, preso tra tanti significativi, si può intuire quanto la Kohen voglia evidenziale la parte emozionale dei suoi protagonisti, dalla reazione ad una telefonata riesce a farci percepire che in Bilge qualcosa si è smosso e l’ha turbata.
Il successo, la fama, la gloria saranno per chi avrà la capacità di tenerli ben saldi esprimendo il proprio potenziale, contemporaneamente i forti dovranno cercare di salvare il gruppo dove ci sono naturalmente i deboli che hanno perso la retta via.
Scritto in terza persona, come già detto, tutto il romanzo appare studiato nei minimi particolari, la scelta dei tanti personaggi è data dal voler toccare altrettanti punti di vista.
Viene spontaneo infatti durante tutta la lettura prendere una pausa e soffermarsi ad elaborare concetti che, attraverso i dialoghi dei protagonisti, arrivano a stuzzicare mente e cuore; tutta l’opera dà l’impressione di essere come uno di quei racconti dei nostri avi, in cui esaltando le avventure e disavventure dei protagonisti si forniva una vera e propria lezione di vita, e possibilità di crescita interiore.
La lettura, anche se complessa per la tipologia dell’argomento, risulta comunque scorrevole per lo stile adottato ma difficoltosa per l’intricata trama.
Per ultimo una critica alle cover di tutta la trilogia. Sicuramente positivo il fatto che siano simili, i volti, di cui si vede solo uno spicchio, potrebbero identificare l’unicità dei personaggi e le loro peculiarità, ma anche la non conoscenza dell’animo umano.