Segnalando Chi, il secondo volume della trilogia (Phi, Chi, Pi) ricordo di aver letto una frase della scrittrice turca. Probabilmente più che un pensiero mi è sembrato un consiglio spassionato ma affermato con autorevolezza.
” Se non hai letto Phi, NON cominciare! Non capiresti, ti perderesti dopo questa pagina. Prima Phi, poi Chi”
Nulla di più vero. Fin dall’inizio, il mio approccio con la trilogia e con l’autrice è stato guidato dalla curiosità di capire come una storia d’amore avesse colpito in modo così marcato la critica letteraria e perchè la scrittrice avesse scelto questo titolo. L’ho capito leggendolo. Il Phi è qualcosa che è al centro del nostro universo, è armonia, equilibrio, bellezza interiore, l’amore infinito che trascende, va oltre, è il viaggio di chi, senza paura, è padrone della propria esperienza, e non si perde nei suoi mille rivoli” afferma Azra.
La risposta è giunta anche leggendo l’incredibile biografia di questa autrice. Nel bagaglio professionale e culturale di psicologa, terapeuta e docente, c’è una profonda conoscenza dell’animo umano, le sue trasversalità, le intime negatività, le contraddizioni che si rivelano forti come base naturale da cui partire per scoprire le potenzialità che ognuno di noi ha, spesso, senza esserne a conoscenza. Che la trilogia non fosse impostata per raccontare una mera storia d’amore è stata una presa di coscienza che, pagina dopo pagina, si è rivelata forte e senza filtri.
E’ una storia d’amore, su questo non si discute, un rapporto tormentato, travolgente, una consapevolezza che si apre chiara come si dipana la prima nebbia del mattino. Ma non è solo questo, dietro la storia d’amore di Can Manay, psicologo di chiara fama e di Duru, ballerina affermata e legata a Deniz, un musicista intellettuale, c’è un mondo di personaggi diversi tra loro ma tutti ugualmente importanti, legati indissolubilmente l’uno all’altro e delineati nella loro personalità, nel loro evolversi, nel loro vivere le situazioni e la capacità di superarle scoprendo che anche un piccolo gesto, una parola può trasformare il proprio destino.
La loro capacità introspettiva di guardare la realtà e il rapporto con gli altri attraverso il loro vissuto è una costante a cui non sfuggono e che inevitabilmente costringe il lettore ad un’attenzione che è fondamentale per seguire le varie vicende di vita. La bravura della Kohen sta proprio in questo. Ogni personaggio è seguito nel suo percorso di crescita, nell’intimità dei pensieri, non nego che a volte l’uso di un linguaggio altamente professionale mi ha costretta a rileggere il pensiero più volte. Il suo è uno sguardo al sociale, alla consapevolezza del male e del bene, spinge l’uomo a non compiangersi della propria incapacità ma a capire di cosa può essere padrone.
“In questo mondo ci sono persone che tagliano gli alberi, fanno del male ai bambini, uccidono gli animali, gente cattiva. Come posiamo trovarci con loro nell’oscurità?”
“Restando a guardare. Chi resta a guardare il male gli fa da guardiano. Il destino è una realtà, una coscienza condivisa, creata da esseri chiamati uomini, puoi definirla coscienza collettiva. Può cambiare in ogni momento e può essere cambiato. La cosa più importante che ciascun individuo può fare per controllare il destino è acquisire consapevolezza del proprio potere di influenzare il cambiamento. La vera scoperta dell’individualità, insomma…”
Il pensiero della scrittrice è chiaro. Chiunque ha il dovere nei confronti di se stesso di uscire dalla propria prigione dorata, dalle consapevolezze indotte, per dimostrare veramente le proprie potenzialità.
La civilizzazione opera in un sistema marcio che consapevolmente elimina molto di più di quanto non conservi. La vita elimina sempre e continuerà a farlo. Finchè l’umanità sarà abbastanza folle da mettersi nella posizione del creatore e questo sistema disgustoso che chiamano società continuerà a dire agli individui cosa, come e quando devono essere, chiunque faccia parte della società stessa sarà condannato a vivere e morire senza scoprire la propria essenza. La società è in fondo una prigione comoda in cui pensiamo di essere felice. Mi ricordi un caviale squisito. Un uovo piccolo e trasparente che non ha mai pensato neanche per un istante di diventare un pesce e aspetta cosi di essere consumato come gli altri milioni di uova che aspettano di essere consumati…”
La scoperta del se è un elemento costante e, se alla lunga il concetto risulta eccessivamente ricalcato, in qualche modo si rimane intrappolati positivamente dal desiderio di riflettere, mettersi in discussione, ciò che accade, accade a tutti noi, tutto fa parte della realtà, nessuno escluso. In fondo non abbiamo tutti il segreto desiderio di liberarci dalle ipocrisie della società? Di raggiungere gli obiettivi liberamente senza esserne condizionati? E ancora, è facile accettare le ingiustizie di una società che decide cosa è meglio per noi, tappandoci le ali? Come si supera tutto questo da soli?
In quel Paese, coloro che si appellavano le leggi per avere giustizia dovevano aspettare cosi tanto tempo per ottenerla che perdevano la voglia di combattere e l’ingiustizia subita diventava un ricordo spiacevole o una situazione tragicomica da raccontare gli amici. Il risultato era di un popolo che al solo pensiero di difendere i propri diritti si sentiva stremato. Ma Ozge non avrebbe rinunciato:per quanto cercassero di portarle via il suo sogno, lei sarebbe riuscita a proteggerlo, sarebbe andata avanti!
Can Manay e Duru, Ozge e Sadik, Bilge e Dogru, Deniz, Zeynep, Eti e tutti gli altri compongono questo grande quadro che altro non è che la vita stessa. Tutti alla ricerca del proprio posto al sole, qualcosa a cui ognuno di noi deve poter aspirare, scrive Azra Kohen, ma non è possibile “se non si sceglie di scegliere” da che parte stare…
“La vita è solo ciò che senti. Hai la possibilità di dare forma a ciò che senti, le tue esperienze danno forma ai tuoi sentimenti, ma è in tuo potere scegliere quali esperienze fare. Scegli le tue esperienze. Ecco perchè, in sostanza, la vita è una scelta. Questo posto è creato per coloro che hanno il coraggio di assumersi la responsabilità delle proprie scelte e di mettersi al timone della propria esistenza. A volte quel coraggio potrà venir meno, perchè sarai spaventato dalle tempeste che infurieranno nella tua vita, ma questo non significa che sei stato sconfitto. Finchè non ti arrendi, avrai sempre l’opportunità di fare la scelta giusta. Lascia l’edificio non appena rinunci a scegliere e decidi di abbandonarti al flusso degli eventi. Qui non c’è posto per chi tradisce se stesso rinunciando.”
Non si può non leggere questo romanzo. E’ bello, profondo, introspettivo, mai scontato, scritto con professionalità letteraria, ti spinge a trovare le risposte, a cercare il tuo Phi. Chi più chi meno, abbiamo tutti bisogno di una Azra Koen accanto.