Caro iCrewer, eccomi oggi a raccontarti l’esperienza del romanzo Non siamo mai stati qui, di Lara Prescott, edito da DeA Planeta, che segnalai qualche tempo fa e che suscitò in me un interesse particolare, forse perché avevo intuito che, oltre ai riferimenti storici e culturali, l’opera fosse impregnata d’amore, di passione, di vita, di Storia e anche di suspense; non ho atteso molto, mi sono procurata una copia e ho cominciato la lettura. Come è andata? Scopriamolo insieme in questa recensione.
La sinossi parla chiaro, ed è facile intuire e prevedere già dalla trama di cosa tratta il romanzo, inutile quindi spiegare in quale epoca sia ambientato e chi siano i personaggi principali; la peculiarità dello scritto risiede nella costruzione della struttura stessa del racconto, che dispiega la Storia attraverso l’esperienza diretta di altri attori protagonisti coinvolti nella vicenda principale, ovvero la vita privata di Borìs Pasternàk, la sua intensa storia d’amore con l’amante e musa (e madre, e figlia, e spia ed eroina) Olga, e la nascita di uno dei capisaldi della letteratura russa, Il Dottor Živago. Ed è una visione assolutamente intrigante e appassionante, poiché contempla l’arco temporale di un momento storico delicatissimo, contempla le contraddizioni di due grandi paesi, contempla le emozioni profonde che, in barba ad ogni cultura, accomunano le genti di tutto il mondo. Ho trovato in questo romanzo un connubio perfetto tra un report storico, la realtà dell’oppressione, delle psicologie del terrore, perpetrate (attenzione) non soltanto dai governanti d’oltrecortina, tutt’altro… un connubio tra la visione dell’altro lato del mondo, quello apparentemente liberale, dei segreti e delle azioni di spionaggio gestite da quella che sarebbe diventata la CIA, e al contempo l’analisi dei sentimenti di ogni persona coinvolta nei fatti, che con ogni personale e assolutamente unica voce in capitolo contribuisce a rendere l’opera imperdibile e di valore.
Sono riuscita così ad approfondire le mie conoscenze storiche sul Premio Nobel Borìs Pasternàk e sulla sua opera più famosa, ma devo ammettere una cosa: di questo romanzo mi è rimasto impresso l’amore. L’amore non tra Borìs e Olga, ma un amore diverso. Siamo a pagina 417, e ho segnato questo paragrafo nella mia mente come il più bello di tutto il libro.
“La vidi molte altre volte. Anche molto tempo dopo dopo aver distribuito l’ultima copia di Živago a Vienna ed essere passata alla missione successiva e a quella dopo ancora. Il periodo che avevamo passato insieme era stato breve, ma non faceva differenza. Avrei continuato a vederla per anni. Era la donna che chiamava un risciò al Cairo, con unghie rosso fuoco come un lampo di colore nella strada polverosa; quella che a Deli saliva sull’ultimo treno, accanto a un uomo con la metà dei suoi anni che trasportava il suo set di valigie. La vidi in un alimentari di New York, intenta ad accarezzare un gatto appollaiato su un sacco di cereali, e nel bar di un albergo di Lisbona mentre ordinava un Tom Collins con molto ghiaccio. Gli anni passavano, ma la sua età restava sempre la stessa, come se la sua bellezza fosse custodita nell’ambra. Anche dopo che a Detroit conobbi un’infermiera capace di riaprire una porta che non sapevo di avere chiuso, continuai a vedere lei che sorseggiava caffè al bancone di una tavola calda o sventolava un braccio fuori dalla tenda di un camerino per chiedere una taglia diversa, oppure seduta da sola sulla balconata in un cinema. E ogni volta restavo senza fiato, e sentivo la sottile emozione del momento in cui le luci si smorzano e incomincia il film. Il momento in cui, per qualche secondo, tutto il mondo sembra sul punto di svegliarsi.”
Il finale vi sorprenderà.