Caro Lettore, oggi condivido con te la mia lettura di Nel nome del figlio di Björn Larsson edito Iperborea, tradotto da Alessandra Scali.
Innanzitutto ti dico subito che si tratta di un testo molto particolare, in quanto non è solo un’autobiografia: la narrazione è intervallata da dissertazioni scientifico-filosofiche, che rimandano a scritti di grandi autori del passato letti e studiati dall’autore: da Harry Martinson a Per Olov Enquist, da Marcel Proust all’amatissima Simone De Beauvoir, a Romain Gary.
L’autore, attraverso l’espediente della narrazione della tragica scomparsa del padre, quando lui era solo un bambino, ci affida un’interessante riflessione sulla memoria, sull’identità e sulla libertà.
Nel nome del figlio
Siamo a Skinnskatteberg, nella Svezia Centrale, nell’agosto del 1961, quando una piccola barca con otto persone (sei uomini e due bambini) affonda nel lago di Nedre Vätter.
A bordo c’era anche l’elettricista Bernt Larsson, padre dell’autore.
Il tema dominante nel testo è la memoria. Perché il figlio ha solo pochi ricordi di suo padre e per il resto solo tante domande.
Proprio sulla visione che l’autore ha dei ricordi è significativa una lettera che spedisce alla madre nella quale le chiede la sua amicizia, ritenendo che l’amore tra individui che non siano artefici della propria realtà sia solo una grande illusione. Successivamente si pentirà di aver scritto quelle parole giudicando la sua stessa lettera ipocrita, in quanto scritta solo per lenire il dolore della madre davanti alle sue affermazioni sul padre e su di lei.
Il figlio sostiene, infatti, di aver vissuto senza affetto, ma non può dire se questo sia il motivo per cui i suoi ricordi del padre siano così frammentari. Inoltre proprio la sua capacità di distaccarsi da questa vicenda dolorosa gli ha dato la possibilità di scriverne e creare per se stesso una vita completamente nuova che, non è certo abbia affinità con il passato del padre.
La domanda è se davvero, o in che misura «dobbiamo sapere da dove veniamo per sapere chi siamo».
Questa è una questione fondamentale nel libro, la domanda cardine a cui l’autore cerca di dare una risposta è:
In che misura siamo liberi di scegliere chi siamo e chi diventare?
È molto difficile distaccarsi dalle proprie radici, soprattutto se non si è completamente consapevoli di quanto siano profonde, come è accaduto all’autore.
Questo distacco da se stesso viene espresso anche attraverso la scrittura in terza persona che potrebbe sembrare una scelta incomprensibile, visto che infondo è la sua storia.
Ma lui non ne ha alcuna certezza, i suoi ricordi non lo identificano come persona e per questo lui se ne sente estraneo.
O meglio li guarda come fosse un osservatore esterno e ne discute come se in questo modo fosse più facile guardarli, affrontarli attivamente e decidere cosa tenere e cosa no.
Questo approccio originale ai ricordi mi ha colpito e cambiato dentro. Ecco questo libro ha illuminato una parte di me che avevo bisogno di vedere meglio e ha in qualche modo liberato un pensiero che avevo da tempo e che non sapevo dove potesse portarmi. Anche io ho tanti ricordi frammentari della mia infanzia e adolescenza e di questo mi sono sempre molto dispiaciuta.
Ma alla luce di quanto ho letto forse è proprio questo non ricordo che mi ha aiutato a trovare la mia vera strada e non mi ha, invece, limitato come pensavo.
Mi sono ritrovata anche nel riferimento alla possibilità che scrivere i propri ricordi contribuisca a cancellarli, in realtà semplicemente una volta scritti i ricordi sono solo ciò che sono e anche le domande rimangono aperte. Ciò che invece si ferma è il pensiero su quell’argomento che ormai ha avuto il suo spazio e la sua motivazione. Sta a noi decidere cosa farne.
Qualche parola sul titolo e la cover. Nel nome del figlio è un titolo che mi ha molto incuriosito e seppur la storia parli di un padre perso in un naufragio alla fine è il figlio a raccontarne ed è solo lui che ha potuto decidere la sua strada in suo nome appunto e non nel nome di altri, perché solo lui ha avuto la possibilità di scegliere.
Anche la cover, molto bella, con la rappresentazione di una piccola barca nel lago e un formato maneggevole danno al libro un valore aggiunto, in quanto è bello e comodo da portare in borsa o comunque in giro.
Come sempre buona lettura!