Da Giorgio Mameli, un romanzo sulla maternità subita e respinta al mittente lungo il corso di 56 anni… Per la serie, l’istinto materno è insito in ogni donna?
TE L’HO GIà DETTO CHE ERI UN IMPICCIO VERO? sI LO SO, TE L’HO GIà DETTO MA MI FA BENE RIPETERTELO E MI PIACE ANCHE SE TE LO RIPETERò ANCORA PER TUTTE QUELLE VOLTE CHE, IN QUESTI 56 ANNI, AVREI VOLUTO URLARTELO ADDOSSO MA POI NON L’HO FATTO. eRI UN IMPICCIO…
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Maria Luisa Molo, detta Isa, figura centrale del romanzo di Giorgio Mameli, Mia madre mi ha abortita quando avevo 56 anni, abortì sua figlia in silenzio per 56 anni, fino al momento di questa confessione, fatta alla figlia, Ella, in coma dopo un incidente.
Raccolta casualmente da un medico del reparto terapia intensiva e raccontata ad un amico, la confessione-shock, è il fulcro sul quale ruota tutto il romanzo che si presenta sotto forma di dialogo fra i due amici e di monologo di Isa che parla di se stessa, al capezzale della figlia in coma.
Una madre, ormai ottantenne, chiamata al capezzale della figlia in coma che non vede, fra l’altro, da molto tempo, una madre che vomita addosso alla figlia, tutto il malessere e il rancore di adulto che ha visto naufragare le proprie ambizioni giovanili, sotto il peso di una maternità non voluta e mai accettata. Un istinto materno mai conosciuto che l’ha resa ostile nei confronti della figlia fin da quando ha saputo di averla dentro di se.
Certo leggere questo romanzo, smuove un naturale e istintivo rigetto e ribrezzo verso questa innaturale figura materna che non ha nulla di quanto la natura femminile e l’iconografia classica propongono riguardo alla maternità. Si sa, la mamma è sempre la mamma e quindi una figura che si immola sull’altare dei figli e del loro benessere psicologico e materiale. Giorgio Mameli racconta, invece, una figura di madre completamente avulsa dai cliché classici e sgomenta, come può sgomentare tutto quello che esula dal pensare comune.
Eppure è una realtà. Come è realtà l’esistenza di madri che abbandonano i figli, così come è realtà l’esistenza di madri (casi limite, grazie a Dio) che ammazzano i figli. Ragionando concretamente, si può pensare che il ruolo di madre-sacrificante non è valido per tutte le donne; l’autore, nel romanzo, evidenzia la madre-carnefice che se non uccide materialmente la figlia, la uccide moralmente e psicologicamente nel corso di 56 anni.
Il lettore anche se può restare shoccato dal tema trattato nel romanzo, (probabilmente è proprio questo che l’autore vuole, stupire e porre l’accento su un tema scabroso ma reale) deve pensare che, a volte, la realtà può superare la fantasia di qualsiasi romanziere e che di madri-carnefici, purtroppo, sono piene le cronache e la vita reale.
Ella, la figlia-vittima se pure vegeta in coma, reagisce essendo costretta ad ascoltare la rivelazione della madre: una rivelazione che anni di non-amore le avevano già fatto intuire.
La mancanza d’amore da parte di un genitore, (madre o padre che sia) è una tara che un bambino si porta dietro nella vita adulta e, se da un lato può accompagnare e segnare per sempre, dall’altro rende più forti e corazzati verso tutte le altre mancanze d’amore.
Un romanzo realista quindi, questo di Giorgio Mameli, di quella realtà che lascia sgomenti e pieni di profonda pena per entrambe le protagoniste: la figlia, vittima innocente di una madre fredda, dura e incapace di amare e la madre, vittima di se stessa, delle proprie ambizioni e del proprio egoismo.
QUESTE PAGINE SONO DEDICATE ALLE
BAMBINE E AI BAMBINI INTREPIDI.
QUELLE BAMBINE E QUEI BAMBINI CHE HANNO SCELTO
DI VOLER VENIRE AL MONDO
ANCHE SE SAPEVANO DI NON ESSERE STATI CERCATI
E CHE CON OGNI PROBABILITÀ
NON SAREBBERO STATI NEPPURE ACCETTATI.
BAMBINE E BAMBINE CHE HANNO PRESO LA SFIDA
DI TRAMUTARE L’ODIO IN AMORE.
QUESTE BAMBINE E QUESTI BAMBINI
SPESSO SI SONO IMPEGNATI PER RECUPERARE L’AMORE
CHE GLI ERA NEGATO
ALCUNE VOLTE CI SONO RIUSCITI
A PREZZO DI ENORMI SOFFERENZE.
ALTRE INVECE NON CE L’HANNO FATTA.
L’ODIO DEI LORO GENITORI ERA TROPPO GRANDE
PER ESSERE COMPENSATO.
TUTTI COMUNQUE SAPEVANO E HANNO Accettato la sfida.
questo significa essere intrepidi.
Mia madre mi ha abortita quando avevo 56 anni, inizia con questo prologo ma potrebbe benissimo esserne l’epilogo e il significato.
Giorgio Mameli è esperto di comunicazione e scrittore, oltre ad essere curatore di varie rubriche di attualità e politica.