Mi chiamo Simone è il nuovo romanzo di Massimo Bertelli. Un’introspezione in un personaggio comune, ma proprio per questo straordinario
Vi sarà sicuramente capitato, qualche volta, di sentirvi un po’ stufi della vostra città, troppo soffocante, o del vostro quartiere, così piccolo e sempre uguale. Stesse persone, stessa routine quotidiana, stessa strada per andare a scuola o a lavorare, stessi negozi, bar, ristoranti. E sono sicura che in quelle occasioni avrete pensato “che barba, qui non succede mai niente“. Ecco, questo libro inizia così, in un quartiere come tanti altri, in un’edicola come tante altre, con un personaggio che, all’apparenza, sembrerebbe come tanti altri. Eppure, basta poco per rompere il perfetto equilibrio di un altrettanto perfetto quartiere.
La trama
Da quindici anni Simone Frigerio è l’edicolante del Quartiere Libertà di Monza. È ben integrato nel contesto sociale, benvoluto dai clienti e dagli altri negozianti. Nessuno è però a conoscenza del fatto che in gioventù sia stato un estorsore. Nauseato da quel tipo di vita, si è lasciato catturare scontando una condanna a sei anni di carcere. Tornato in libertà, ha cercato di fare del negozio un luogo virtuoso, con l’intento di riscattare il proprio ingombrante passato. Al di fuori del lavoro che lo impegna dal lunedì alla domenica mattina, non ha né una vita sociale né una famiglia. Uniche occasioni di svago sono le rare, solitarie e malinconiche gite domenicali al lago di Como con la sua Ducati. Tuttavia, il destino offre a Simone la possibilità di calarsi ancora una volta nei panni del delinquente, un’imperdibile occasione per azzerare i conti con la sua coscienza.
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La storia,
fatta eccezione per l’exploit finale che ovviamente non vi racconto, è molto lineare e molto semplice. Non succede quasi niente, ma non per questo è noiosa. Sembra un po’ di essere dentro la testa di Miss Marple, la vecchietta investigatrice di Agatha Christie, amante dei pettegolezzi, più che dei misteri. Vediamo tutto dagli occhi di Simone, conosciamo tutti gli abitanti del quartiere, che ci vengono descritti nel dettaglio e con ironia nelle loro abitudini più buffe e divertenti: chi non può stare senza la Settimana Enigmistica, chi deve trovare pronta la copia di Famiglia Cristiana e così via. Per una storia quasi completamente ambienta in un solo luogo – non ci muoviamo quasi mai dall’edicola – devo dire che lo scrittore ha fatto un ottimo lavoro. E’ un po’ come essere catapultati in Carnage di Polanski, però su carta.
Simone Frigerio, il nostro protagonista
Il romanzo si regge interamente sulla figura di Simone. Quello che mi ha subito colpita, dopo aver letto due o tre capitoli, è stata la scelta del protagonista. A differenza di altri romanzi del genere, il nostro protagonista non è un commissario di polizia, un investigatore o, al contrario, un serial killer, un ladro, un delinquente. Simone, lasciatosi alle spalle il suo passato da estorsore, è una persona comune, un normale edicolante con una vita tranquilla e monotona. Se con un criminale è abbastanza facile riuscire a creare un personaggio quantomeno intrigante, ambiguo, misterioso, non riuscivo a capire come Massimo Bertarelli potesse riuscire a fare altrettanto con Simone. E invece ci è riuscito. E questo credo sia il pregio più grande del libro. Ci affezioniamo a Simone, alle sue abitudini quotidiane, alla sua passione per la musica, ordinata maniacalmente in cartelle, al suo rapporto con la vedova Fortini. E il motivo per il quale è così facile volergli bene è che potrebbe essere uno di noi, o forse proprio il nostro edicolante di fiducia. Chissà.
In conclusione,
Mi chiamo Simone è un romanzo di piacevole lettura, che unisce picchi sia di azione sia di umorismo. Un libro adatto a qualsiasi momento, quando vogliamo staccare la mente per un po’, ma non abbiamo a disposizione l’ultimo numero della Settimana Enigmistica.