Ho letto con molto piacere il libro di Max Pezzali, Max 90. La mia storia, i miti e le emozioni di un decennio fighissimo, uscito da qualche settimana per Sperling & Kupfer. L’ho letto aprendo le porte della memoria e tornando indietro nel tempo agli anni ’90, i veri protagonisti di questo libro che si presenta come una vera e propria antologia del decennio che per noi quarantenni ha segnato la vita.
L’ho letto e mi è piaciuto, per via della sincerità con cui il cantante si racconta, partendo da un ricordo o dal testo di una delle tante canzoni degli 883; canzoni che hanno davvero fatto la storia della musica italiana di quegli anni e che ancora oggi ascolto con piacere cantandole dall’inizio alla fine.
Era comunque facile, per uno come me, immaginare che avrei molto apprezzato il libro di Max Pezzali, visto che i temi trattati sono quelli che mi stanno a cuore, visto che spesso mi dico, quando sono davanti allo specchio, “Tu caro Stefano dagli anni ’90 non ne sei mai uscito”.
Il libro di Max Pezzali: Max 90
Questa volta vorrei partire dall’aspetto fisico del libro, dal gusto e dal piacere di tenerlo tra le mani: ottimo. Si tratta di un bel volume di oltre duecento pagine, con la copertina di quelle molto rigide. Sembra di tenere tra le mani una enciclopedia e, pensandoci bene, in un certo senso lo è: tutto quello che c’è da ricordare del decennio che precede gli anni duemila è ben analizzato e raccontato dall’autore.
Ciò che salta all’occhio sono i colori. É un libro sgargiante. Sia per le immagini che per i contenuti.
Devo dire che la lettura del libro di Max Pezzali ha confermato alcune idee che sedimentano nei miei pensieri da tempo. Di questo sono molto contento perché significa che per noi che abbiamo vissuto al massimo quell’epoca esiste un filo conduttore che ci accomuna e che ci fa sentire uniti.
Di sicuro ci fa sentire la generazione di passaggio. E non inteso come una generazione che è passata senza lasciare traccia, ma come sinonimo di transizione. Pensaci bene, caro iCrewer, i giovani degli anni ’90 sono stati gli ultimi che hanno vissuto i loro anni d’oro senza la connessione. Internet sarebbe arrivato di li a poco e il mondo sarebbe cambiato completamente.
Noi ragazzi degli anni’90 siamo gli ultimi ad aver vissuto il mondo off-line e i primi ad aver imparato a muovere i passi in quello on-line. Questo privilegio, che ci rende ibridi, a mio avviso ci consente di saper dosare benissimo l’equilibrio tra i due modi di vivere.
Utilizzo la parola privilegio perché secondo me, ricordare bene e saper vivere senza la rete è una skill assoluta – usando un termine di oggi – nella grande scuola della vita. Allo stesso tempo, saper mettere a disposizione della vita che in tanti chiamano reale, tutti gli effetti positivi e i comfort che possono generarsi da quella virtuale, è il modo giusto per saper vivere al meglio i giorni del nostro presente.
Spero che questo concetto sia chiaro. Faccio un esempio semplice e banale: anche noi quarantenni abbiamo le chat di gruppo su whatsapp in cui ci sommergiamo di messaggi vocali ed emoticon, ma sappiamo benissimo che tutto questo non potrà mai sostituire una uscita al pub davanti a qualche birra e soprattutto di fronte al volto sorridente degli amici visti di persona.
Pensa a quello che è successo nell’ultimo anno per noi adulti, in particolare nella primavera del 2020: per via del lockdown siamo tutti ricorsi alle videochiamate, un aiuto virtuale per sopperire alla mancanza del reale. Ma non appena si è potuto in qualche modo uscire, abbiamo definitivamente abbandonato le videochiamate in nome del contatto reale. Chiaro?
Tutto questo conduce a una sottile nostalgia che si respira all’interno del libro di Max Pezzali. C’è una frase, in uno degli ultimi capitoli, che mi ha molto colpito e che esprime l’essenza che secondo me sta alla base di tutto il grande lavoro di scrittura svolto dal cantante degli 883:
La realtà è che i tempi cambiano e noi non possiamo farci niente, se non viverli e provare a raccontarli
Raccontarli bene, caro Max, perché il tuo Max 90 è davvero uno scrigno prezioso di ricordi scritto in modo impeccabile. Semplice, diretto e, sottolineo ancora una volta, sincero. L’autore utilizza gli anni’90 e le sue canzoni come uno specchio, riflette se stesso in un importante lavoro di unione tra il chi ero e chi sono diventato.
Il libro di Max Pezzali si legge che è un piacere. I temi portanti sono i classici di tutti i ragazzi: la musica, il calcio, il ritrovo al bar e il difficile rapporto con l’altro sesso fatto di due di picche in successione. Me li ricordo bene tutti anche io quelli che ho preso.
Come detto però, oltre ai ricordi della vita adolescenziale, ci sono anche molte riflessioni personali e alcuni spunti che sottolineano come sia cambiato il lifestyle nel corso degli ultimi trenta anni, con piccole incursioni e considerazioni anche nell’aspetto sociale e politico.
Una chicca che impreziosisce il volume è la prefazione di Lodo Guenzi, il cantante de Lo stato sociale, che nello spazio di tre pagine elenca tutto quello che gli manca di quegli anni. Nostalgie condivisibili, così come assolutamente da sposare l’idea che la colonna sonora di tutti noi ragazzi di quel decennio siano state le canzoni di Max Pezzali, che allora faceva coppia con Mauro Repetto.
Mi piacerebbe molto condividere con te, caro lettore, alcuni dei temi o ricordi legati alle canzoni degli 883, che compongono i vari capitoli del libro di Max Pezzali, ma non voglio rovinarti la bellezza di scoprirli uno dopo l’altro. Per me il vero valore di questa lettura è stata proprio questo: è come se ogni capitolo sia stata una chiave diversa per aprire i bauli custoditi nella mia memoria. È stato bellissimo.
Così come è stato bellissimo andare a riascoltare canzoni che onestamente non sentivo da tanto tempo: Cumuli, Non ti passa più, S’inkazza e tanti altri. Senza contare i grandi classici come Con un deca, quella che io definisco la canzone verità per eccellenza.
In conclusione consiglio Max 90 a tutti quelli che sono cresciuti ascoltando le canzoni degli 883 e soprattutto a tutti quelli che sono diventati grandi scrivendo lettere alle ragazze, guardando Michael Jordan e Roberto Baggio, giocando alle consolle antenate della Playstation e passando ore e ore sulle panchine con la compagnia che invadeva la piazza con duemila motorini.