Uno spaccato di vita nella provincia siciliana di qualche anno fa, è questa la sintesi di L’amurusanza di Tea Ranno, raccontata da chi quella vita conosce e conserva nel cuore.
Ho segnalato la lettura di L’amurusanza di Tea Ranno, Edizioni Mondadori, il mese scorso, ripromettendo a me stessa di leggere il romanzo perchè incuriosita dalla trama: leggendola brevemente mi è sembrato di conoscerne e quasi vederne gli scenari: sarà perchè vivo in un paese siciliano di cinquemila anime (ahi noi, l’emigrazione ci ha decimati) che domina il mare dall’alto di un monte? O forse perchè conosco perfettamente cosa significa amurusanza e quali sono le modalità che la attuano e so anche che i ritmi frenetici, le diffidenze e le chiusure della vita di una città non lo conosceranno mai; sarà per questo o per il sapore di cose antiche e sempre nuove che si intuiscono descritte nel romanzo di Tea Ranno? Può darsi! (A proposito se vuoi puoi andare a rileggere l’articolo, lo puoi fare cliccando sul titolo) Letto il libro, eccomi alle prese con la recensione ma prima ti presento l’autrice.
Tea Ranno è nata a Melilli, in provincia di Siracusa, nel 1965. Vive a Roma, è laureata in Giurisprudenza e si occupa di Letteratura. Ha al suo attivo diversi romanzi e premi letterari: Cenere, vincitore del Premio Chianti, del 2006; La sposa vermiglia del 2012, vincitore del Premio Rea; Viola Foscari del 2014, pubblicato con Mondadori; Sentimi del 2018 con la Frassinelli edizioni. Ha pubblicato anche tre libri dedicati alla letteratura per l’infanzia.
Dal siciliano di altre epoche, arriva direttamente a noi il termine amurusanza che, letteralmente significa amorevolezza e per estensione, gesto d’affetto, piccolo dono fatto con amore, atteggiamento affettuoso. la scrittrice siciliana Tea Ranno, lo usa per dare il titolo al suo ultimo romanzo edito da Mondadori, il 9 Aprile 2019, L’amurusanza, appunto.
Tra la magia, la sensualità e i valori di un mondo che forse non esiste più, se non nelle piccole realtà del Sud, si srotola il filo di questa storia che, con il suo stile fresco, vivace e mai pesante, rende scorrevole e agile il testo. Il linguaggio usato dall’autrice è un misto di siculo-italiano, sulla scia di quanto il Maestro Andrea Camilleri (e i maestri fanno sempre scuola) ha sperimentato nei suoi romanzi. L’ironia tipicamente siciliana, leggera, gradevole a volte pungente, impera su tutte le 354 pagine del libro, spingendo il lettore a scorrerle piacevolmente.
Un romanzo come una bella favola, dove i buoni sono realmente buoni, fanno cerchio e si stringono fra loro, amorosamente. Mentre i cattivi, riconoscibilissimi, rimangono isolati e persi nei loro egoismi: il titolo stesso, come detto prima, richiama a quella “solidale solidarietà” che stringe fra loro parte degli abitanti del piccolo centro dove è ambientata la storia. Peccato che la realtà ha poco e niente delle favole e spesso l’ipocrisia si camuffa di amurusanza e tira colpi bassi e quest’ultima è un’amara considerazione personale che non c’entra con la trama del libro. L’autrice, siciliana ed emigrata, conserva probabilmente nel suo immaginario, un mondo incantato, dove i buoni sentimenti prevalgono sugli interessi personali e politici, la realtà odierna è altra cosa, purtroppo. L’emancipazione dall’asservimento a coloro che contano, la ribellione, l’unione che fa la forza, il bene che può vincere sul male, ne L’amurusanza di Tea Ranno, sono ben visibili e tangibili: l’autrice muovendo i suoi personaggi in due fazioni distinte, contrapposte e in antitesi fra loro, realizza quell’eterna lotta fra bene e male che da sempre muove gli uomini e il mondo stesso.
Si può definire L’amurusanza un romanzo corale sulla scia, in chiave moderna e con le dovute e logiche differenze, dei romanzi verghiani di fine Ottocento: è un intero paese che si muove intorno ai personaggi principali: Agata, la tabbacchera, eroina indomita al centro della storia; il marito di Agata, Costanzo che l’autrice fa morire quasi subito ma la cui figura aleggia con i suoi interventi quasi magici a risolvere e sventare gli intrighi orditi dai cattivi; il Professore Scianna, poeta per diletto, innamorato-ricambiato di una sua ex allieva, figlia di un caro amico; Roberto, un ragazzo che al prezzo duro della disoccupazione, conserva la sua libertà di persona non asservita al capoccia di turno; il sindaco-capoccia in odore di mafia e di intrallazzi e la sua cricca di tirapiedi interessati. Intorno a loro una lunga serie di co-protagonisti e personaggi minori che fanno da sfondo scenografico alle vicende dei protagonisti principali.
“Parola d’ordine ci vuole, mio signore, /per accedere alle stanze della vita,/ parola che squaglia il gelo e splende sparpaglio di bellezza e luce./ La sapesse Vossia, quella parola?/ “Amurusanza”, fa lui senza esitazione./ E le porte si spalancano e il sole ride e la vita canta”/.
Una bella favola dove il lieto fine spinge a sperare che non tutto è perduto e che la sensibilità e la solidarietà esistono ancora e il futuro può essere guardato con positività: questo l’intento della stessa autrice Tea Ranno che alla presentazione del libro, all’Adnkronos di Roma, ha affermato:
“In Italia abbiamo bisogno di più ‘amurusanza’, perché quella parte di bene che alberga in ognuno di noi, se messa assieme, può davvero cambiare una comunità, come nel caso del libro, ma anche cambiare il mondo, se solo lo vogliamo. Mettendo assieme le parti buone e il meglio di ciascuno si può arrivare a cambiare le sorti di un Paese”.