La locanda di Ester, romanzo uscito alla fine dello scorso anno per Edizioni Convalle, segna l’esordio letterario dell’autrice Cinzia Zerba. A dire il vero non si tratta di una prima volta, visto che in passato, alcuni racconti di questa scrittrice di Voghera, sono apparsi in diverse antologie di premi letterari e in alcune raccolte. Dunque una storia d’amore consolidata con la scrittura, che ha raggiunto il suo culmine con questo romanzo che ho davvero apprezzato.
Un romanzo che evidenzia le doti letterarie di Cinzia e che ne sottolinea la passione, oltre che la sensibilità di saper raccontare la vita, quella in cui ognuno di noi lettori può imbattersi, fatta di gioie, dolori, momenti di sconforto, di gioia e soprattutto di rinascita.
La locanda di Ester, infatti, narra un frammento della vita di Silvia, la protagonista, che come in una sinusoide arriva a toccare il fondo per poi risalire e splendere.
La locanda di Ester: il romanzo di Cinzia Zerba
Cinzia Zerba è un’autrice esordiente che arriva dalla scuderia di Stefania Convalle – a dimostrazione della grande attenzione che la casa editrice brianzola riserva ad aspiranti scrittori di talento – che con questo suo primo romanzo, a mio avviso, regala ai lettori un gustoso assaggio di quello che potrà essere un futuro ricco di storie interessanti e piacevoli da leggere.
La capacità con cui l’autrice delinea i sentimenti e le sensazioni della protagonista è palese, così come l’approccio alla vita per nulla arrendevole e sempre alla ricerca di una strada per raggiungere le stelle. Almeno questo accade a Silvia, personaggio attorno alla quale ruota tutta la trama del libro. Ti anticipo, cara iCrewer, che ho intenzione di intervistare Cinzia, quindi scopriremo insieme se questa forza d’animo è un suo modo di essere affidato al personaggio o se, semplicemente, è talento letterario guidato dalla fantasia.
La trama de La locanda di Ester mi ha molto colpito per i temi trattati. In alcuni di questi mi ci sono specchiato, pur non essendo una donna. Dico così perché è probabile che sia un romanzo volto al femminile, o meglio, la quotidianità della vita e le situazioni da affrontare sono per lo più viste dal punto di vista del gentil sesso. A maggior ragione, quindi, bisogna dare merito all’autrice che è riuscita a coinvolgere e far catapultare nella storia anche un lettore maschio come me.
Del resto temi come il rapporto tra la vita professionale e la vita privata, la gestione degli attacchi di panico e la memoria del passato trascendono il sesso di appartenenza.
Silvia è una donna in carriera che per anni ha trascurato la famiglia. Spinta dall’ambizione di arrivare si trova un giorno con in mano “un pugno di mosche”: una brutta sorpresa lavorativa, un matrimonio fallito e tanto tempo da recuperare con la figlia Giada. Nasce qui la prima grande domanda: è giusto? È giusto sacrificare la propria vita in nome della carriera? La mia risposta è no. Ma anche io, come Silvia nel romanzo, ci sono dovuto passare raccogliendo tra i cocci del vissuto i pezzi per rimettere insieme il vaso (e non ero sposato!).
Nel periodo buio che caratterizza la parte centrale de La locanda di Ester, Silvia soffre di attacchi di panico e si rivolge a uno psicologo. Alzo la mano anche in questo caso, in questa parte di storia. La penna di Cinzia Zerba è abile nel tratteggiare le difficoltà di questa nemica chiamata ansia, senza farla diventare un macigno che pesa sul romanzo e sulla sua fluidità. Un compito non facile, vista la delicatezza dell’argomento.
E poi i luoghi. Per una coincidenza incredibile, la storia, molto itinerante anche per via dei tanti flashback, si svolge in luoghi che conosco e che ho visto in prima persona. Dico sempre che aver la fortuna di poter dare un ambiente reale alla fantasia che si innesta quando leggiamo è un privilegio, un valore aggiunto per il lettore che poi contribuisce a raggiungere un buon gradimento del testo.
Verona, Valeggio sul Mincio, Peschiera del Garda, Desenzano, il Vittoriale degli italiani, la Grecia, Parigi, le colline toscane: tutte ambientazioni che aiutano la storia a diventare più ricca. È come quando si assiste a una importante rappresentazione teatrale e la scenografia incanta lo spettatore. Una marcia in più, no?
C’è spazio anche per l’amore. Perché di pari passo con la caduta e la risalita di Silvia, si intraprende una strada che porta il lettore nella sua anima e nel rapporto che si modella col passare del tempo con l’ex marito. Sentimenti forti presenti anche nell’approccio di Silvia con l’albero genealogico della sua famiglia. In particolare coi nonni. Mi sembra superfluo aggiungere che è stata, per me, l’occasione di ripensare a tanti momenti familiari vissuti in passato. Senza lesinare malinconia.
È proprio dal passato che arriva per Silvia la spinta per guardare al futuro. Una bella trovata dell’autrice che verso la fine del romanzo azzarda qualche tinta di giallo che rende l’epilogo meno scontato di quello che si poteva percepire. Brava. Ho molto apprezzato l’aver inserito una svolta narrativa proprio quando ormai si pensava di essere arrivati al traguardo.
In conclusione, ripensando a La locanda di Ester, vedo svettare dalle pagine un faro. Questo romanzo è una luce in fondo al tunnel, mi piace pensarlo come un testo terapeutico. Una storia che insegna a guardare avanti e a credere nel futuro, nella possibilità di raggiungere la felicità senza mai dar nulla per scontato. Un romanzo che profuma della vita che potrebbe appartenere a chiunque di noi. Del resto ognuno di noi giorno dopo giorno scrive la storia del proprio esistere.
A proposito di futuro, credo che Cinzia Zerba debba affrontarlo con la penna in mano. Perché con questo testo ha lasciato intendere che il frutto del suo lavoro sarà dolcissimo, una volta maturato a dovere.