La cacciatrice di storie perdute una storia magistralmente narrata dalla scrittrice Sejal Badani edita da Newton Compton Editori
Dio non affida a nessuno un peso più grande di quello che è in grado di sopportare.
La cacciatrice di storie perdute, un bestseller, una storia raccontata con maestria che si incentra sulla forza inesorabile dell’amore e l’invincibile desiderio di sognare, merita cinque stelle, la narrazione anche se nulla a ha che fare col titolo e con le vicissitudini raccontate, non intacca assolutamente la bellezza di questo romanzo.
Una storia scritta in maniera fluida e versatile, una sorta di panta rei che come scorre il fiume affronta la tematica del divenire in contrapposizione all’essere, quindi questa serie di eventi della vita fluiscono un po’ per scelta e un po’ per effetto del fato; c’è quel destino che quando decide di intervenire conduce in un vicolo cieco, ma non tutto è destinato, ci sono delle scelte che in qualche modo conducono verso una direzione piuttosto che un’altra, e una volta fatte non potranno mai cambiare il corso degli eventi.
Una storia che ripercorre l’India a cavallo degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, sotto la dominazione dell’Impero Britannico, in evidenza la condizione della donna trattata alla stregua di una schiava da affidare alla famiglia del marito, la quale cercava in cambio del matrimonio una dote che poteva essere a base di rupie, bestiame o cereali, questo patto veniva siglato dalla nascita oppure intorno ai 15 anni; la religione è anch’essa un vissuto da cui non si può prescindere, inoltre uno stato sociale diviso in caste senza forma di riscatto. La ricerca estenuante del cambiamento, una via d’uscita da cogliere al volo carpe diem, quell’attimo arriva ed è fuggente, si disperde come la nebbia perché non si riesce a tagliare le radici inculcate da secoli di cultura e educazione rigida, quel sacrificio comune dell’essere madre a favore dei propri figli. A tutto questo Amisha non ha saputo rinunciare. Una premessa oltre quella già fatta è che per l’epoca in cui si narra la storia, il cambiamento che lei avrebbe voluto ottenere, le si è riversato contro, l’ignoranza regnava sovrana. Non era una letterata Amisha, aveva frequentato la scuola fino alle elementari, ma in lei c’era una dote avveniristica, quella voglia di guardare il mondo sotto altre prospettive volte al miglioramento: si nasce in questo modo è un dono.
I personaggi non sono elaborati da un punto di vista somatico, ma caratterialmente sono descritti con manierismo, proprio per mettere in luce quello che la scrittrice desidera.
Come una flemma ha la capacità di consumarti dentro l’anima, non potrai fare a meno di giungere alla conclusione della non facile vita di Amisha, lasciandoti rabbia e disperazione, un senso di vuoto e l’amaro in bocca. Ci sono due modi per interpretare la flèmma: il primo ostentare un senso o un atteggiamento di compostezza e calma imperturbabile per non lasciar trapelare i propri sentimenti oppure quello di ardere e essere infiammato da non riuscire più a vivere. Lei li aveva entrambi a seconda delle circostanze.
Un neo, lo chiamerei vizio di forma, è dato dal fatto che proprio non mi è piaciuto l’inizio, ma questo è solo il palesare una critica mia, che nel contesto non ha riscontro, perché sono il più obiettiva possibile e quindi la storia in qualche modo avrebbe dovuto pur cominciare, e quale inizio “migliore” se non quello di una donna in carriera di origine indiana “che ha perso i suoi tre figli” in realtà tre aborti alle prime settimane, un matrimonio che sta fallendo, il tutto si sta dissolvendo nel dolore e nella mancanza di dialogo, entrambi vittime della disperazione. Tutto va a cominciare quando dopo la separazione di Jaya con Patrick, lei si reca a casa dei suoi genitori in preda ad uno stato d’angoscia dato dall’ultimo aborto. Il padre la mette a conoscenza di una lettera, in cui il fratello minore della madre le chiede di tornare in India, perché Deepak il padre è in fin di vita e Ravi il domestico “intoccabile” le dice che ha qualcosa per lei. Così decide di partire per ritrovare se stessa e quale luogo migliore per farlo, se non il proprio paese di origine l’India. Ben presto si ritroverà a fare i conti con se stessa e a chiedersi se fosse stata una sua decisione a metterla su quella strada o la decisione faceva parte di un destino che non poteva essere cambiato. La vita è come un puzzle le cui tessere sembrano trasformarsi di continuo per modificare il quadro finale. La vita forse altro non è che una sequenza di decisioni con l’aggiunta del fattore X rappresentato dal destino. Quindi significa essere più forti quando la vita ci mette davanti a dei momenti difficili e impugnabili. Con un senso di gratitudine dato dal viaggio fatto nel Paese del catarsi e del Karma si lascia andare il passato per guardare al futuro.
Tre donne a confronto che si ricongiungono attraverso un segreto e che rappresentano Jaya il futuro, Lena sua madre il presente, Amisha sua nonna il passato.