Avete mai sentito il detto “andare a Canossa”?
Vuol dire umiliarsi, chiedere scusa a qualcuno e l’etimologia di questo detto risale ad un evento storico che ha per protagonista la contessa Matilde di Canossa.
Io sono la contessa di Cinzia Giorgio ed edito da Newton Compton Editori non solo ripercorre le origini di quell’evento passato alla storia ma analizza la figura di Matilde di Canossa, uno dei personaggi femminili più importanti di tutto il Medioevo.
In un periodo oscuro fatto di guerre, lotte fratricide, scontri fisici e ideologici dove non c’è spazio alcuno per le donne, Matilde ha saputo ritagliarsi un posto tutto suo, un regno che ha tenuto testa a papi e imperatori.
Io sono la contessa: la mia recensione
Non è la prima volta che Cinzia Giorgio dedica tanto spazio ad un personaggio femminile, anzi! Basta dare uno sguardo a Cinque sorelle per comprendere la bravura di quest’autrice nello scandagliare l’animo femminile.
È tuttavia con personaggi storici e letterari che Cinzia Giorgio dà il meglio di sé. Specializzata in “Women’s Studies” e professoressa di “Storia delle donne” presso l’Università di Roma, già con Cassandra, il suo precedente romanzo, ha dimostrato grande abilità nel raccontare donne complesse e sfaccettate.
Ma se in Cassandra la protagonista era una donna del mito, in Io sono la contessa ha dovuto misurarsi con un personaggio storico e realmente esistito.
La fatica, in questo caso, è stata doppia perché oltre a raccontare la parte “storica” di Matilde, quella che traspare dalle fonti e dalle opere letterarie, ha voluto rappresentare anche la parte più “umana”, privata e certamente sconosciuta.
Un’impresa questa, certamente riuscita!
Io sono la contessa, infatti, si serve di una cornice narrativa perfetta. Inizia infatti con la professoressa Fusselman che, quasi fosse un alter ego della stessa autrice, sta lavorando al restauro della biografia ufficiale di Matilde: la Vita Mathildis, un’opera scritta da un monaco benedettino agli inizi del XII secolo.
Qui fa una scoperta straordinaria: tra le pagine di quell’opera se ne nascondono altre inedite che sembrano costituire una sorta di diario segreto della Grancontessa di Canossa.
A questo punto il romanzo si divide in due:
Da una parte, c’è una narrazione in terza persona che offre un quadro d’insieme sulle guerre, gli intrighi di corte, le alleanze e i “retroscena” storici di uno dei periodi più turbolenti dell’Alto Medioevo: la lotta per le investiture che coinvolse re e imperatori contro vescovi e papi.
Dall’altra è la stessa Matilde a parlare, in prima persona, attraverso le pagine del suo diario da cui emergono le sue paure, incertezze, i dubbi e le delusioni ma anche la sua straordinaria forza e caparbietà nel voler affermarsi in un mondo pieno di pregiudizi e in cui alle donne non era concessa tutta quella libertà e autonomia che, al contrario, è riuscita faticosamente a conquistarsi.
Questo alternarsi di prima e terza persona è forse l’elemento più accattivante del romanzo che offre al lettore l’opportunità di seguire la crescita di Matilde sotto punti di vista differenti:
Può vedere la contessa così come la vedevano gli altri: una donna forte, ribelle e lontana da ogni stereotipo che esercita su chi le sta attorno un fascino ed insieme un timore irresistibile;
Ma ne apprende anche le fragilità, le contraddizioni e le debolezze. Ne sono un esempio le pagine iniziali dove Cinzia Giorgio racconta con grande maestria la maternità negata di Matilde che ha perso sua figlia subito dopo il parto.
Il tutto fa di questo romanzo una storia accattivante, dinamica, che tiene avvinto il lettore ad ogni sua pagina.
Matilde di Canossa: tra Storia e modernità
Matilde è un personaggio che cattura sin dal primo istante:
Una bambina ribelle, dall’animo indomito e guerriero che non assomiglia affatto alle nobildonne del suo tempo, chiuse nei propri castelli e intente, al massimo, a curare i propri figli.
Una donna coraggiosa e fiera che non solo governa con saggezza e arguzia il suo regno (uno dei più vasti del tempo) ma è capace persino di scendere in battaglia, dimostrando un’esperienza e un’abilità militare superiore a quella di molti generali, re e imperatori.
È questa forza che le consente di abbattere tutti i muri che le vengono eretti intorno. Costretta a sposare il suo fratellastro a cui interessavano unicamente il suo ventre e i suoi possedimenti, riesce a liberarsi di lui affermandosi come contessa, rispettata e temuta da tutti, ma anche come donna, spregiudica e libera, tanto da scegliersi da sola i propri amanti.
E in Io sono la contessa l’amore è una parte importante, declinato sia nella forma più delicata e platonica, sia in quella più fisica e passionale (non mancano certo scene alquanto bollenti!).
Due sono i grandi amori di Matilde, entrambi impossibili ed entrambi le sono costati tantissimo.
Trovo che il punto più alto del romanzo sia proprio l’evento dell’umiliazione di Enrico IV, quello ricordato da tutti i libri di Storia. L’imperatore tedesco Enrico IV, nonché suo cugino e amante, era stato colpito dalla scomunica del papa Gregorio VII, un tempo mentore di Matilde e forse il suo amore più grande.
Nella lotta tra queste due potenze Matilde si ritrova a dover fare i conti non solo con una crisi politica che minaccia di sconvolgere e distruggere il suo regno e i suoi sudditi, ma deve affrontare anche una crisi privata ed emotiva che la costringe a “scegliere” tra i suoi due amori.
Conosciamo tutti la scelta finale: Matilde fa da paciere tra i due e induce Enrico a chiedere perdono al papa, prostrandosi per tre giorni e tre notti alle porte del palazzo di Canossa, sotto la neve e vestito solo di un saio.
Ho combattuto guerre sanguinose, guidato eserciti e costruito castelli e chiese, ma il mio destino sarà essere ricordata per aver fatto da paciere. È ciò che spetta alle donne che osano. Ne prendo atto, però è mio dovere raccontare ai posteri la verità.
Queste parole di Matilde riflettono in parte la verità. E, paradossalmente, l’obbiettivo di Io sono la contessa sembra quello di volerle sconfessare: Matilde ha sì fatto da paciere in un evento tanto delicato ma è stata anche molto più di questo: una guerriera, un generale, una statista, una contessa, un’amica, una letterata ed in sintesi soprattutto una donna.
E tutti questi meriti, seppur tardivamente, gli saranno riconosciuti, perché, come spiega Cinzia Giorgio, Matilde è ora una delle poche donne le cui spoglie riposano nella Basilica di San Pietro, in un sarcofago scolpito dal Bernini, nel cuore dello Stato Pontificio per il quale aveva speso tutta la sua vita.