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Lettura: RECENSIONE: Il traditore della mafia di Vito Bruschini
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RECENSIONE: Il traditore della mafia di Vito Bruschini

Irene Pepe 6 anni fa Commenta! 5
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La vita di Tommaso Buscetta rinarrata e in parte immaginata da Vito Bruschini, ma sempre con un’attenzione particolare ai fatti storici

Il protagonista de Il traditore della mafia è, di fatto, Tommaso Buscetta, che Bruschini rinomina Tommy Branciforte. E’ stato strano leggere questo libro proprio adesso, dopo aver visto Il traditore di Bellocchio neanche un mese fa ed è stato curioso notare come entrambi siano usciti più o meno nello stesso periodo. Ho riconosciuto la storia fin dalle prime righe, dal discorso di Branciforte al giudice istruttore nel 1984:

Contenuti
La vita di Tommaso Buscetta rinarrata e in parte immaginata da Vito Bruschini, ma sempre con un’attenzione particolare ai fatti storici“Prima mi chiamavano “il Pacificatore”, poi sono diventato per tutti “il Traditore”, oggi il mio nome è Tommy Branciforte. Sono nato a Palermo e ho rinnegato quella che oggi voi chiamate mafia. Non mi voglio più confondere con quella gente, perché loro hanno tradito l’onore, mentre io sono un uomo d’onore. Sono un uomo di Cosa Nostra, quando però Cosa Nostra era l’organizzazione che difendeva i deboli dai soprusi dei potenti. Signor giudice, ci tengo a precisare che non sono un pentito perché non mi riconosco più in coloro che attualmente sono i capi di questa organizzazione spietata e crudele. Quelli della mia generazione avevano il senso della dignità. Rispettavamo l’amicizia, le donne, i bambini, la famiglia. Questi di ora non rispettano più nemmeno i santi in paradiso. Le racconterò, signor giudice, quello che è a mia conoscenza di quel cancro che è questa mafia affinché possa essere sradicata e le generazioni future possano vivere la loro esistenza in modo più dignitoso e umano”.“La struttura di Cosa Nostra era un organismo ramificato e molto articolato, unico e verticistico che obbediva a un gruppo dirigente. Per contrastarlo non era sufficiente un solo, volenteroso giudice, bensì un gruppo ben affiatato, grintoso e incorruttibile”.In conclusione,
“Prima mi chiamavano “il Pacificatore”, poi sono diventato per tutti “il Traditore”, oggi il mio nome è Tommy Branciforte. Sono nato a Palermo e ho rinnegato quella che oggi voi chiamate mafia. Non mi voglio più confondere con quella gente, perché loro hanno tradito l’onore, mentre io sono un uomo d’onore. Sono un uomo di Cosa Nostra, quando però Cosa Nostra era l’organizzazione che difendeva i deboli dai soprusi dei potenti. Signor giudice, ci tengo a precisare che non sono un pentito perché non mi riconosco più in coloro che attualmente sono i capi di questa organizzazione spietata e crudele. Quelli della mia generazione avevano il senso della dignità. Rispettavamo l’amicizia, le donne, i bambini, la famiglia. Questi di ora non rispettano più nemmeno i santi in paradiso. […] Le racconterò, signor giudice, quello che è a mia conoscenza di quel cancro che è questa mafia affinché possa essere sradicata e le generazioni future possano vivere la loro esistenza in modo più dignitoso e umano”.

Un’introduzione efficace e d’effetto, che mi ha riportato alla mente il volto espressivo e gli occhi scuri di Favino, protagonista del film di Bellocchio. Tommaso non si considera un pentito, continua a ritenersi un uomo d’onore, legato a quelli che sono i veri valori di Cosa Nostra e deciso a rinnegare e denunciare quella nuova mafia, brutale e priva di qualsiasi principio. Il suo è un discorso tanto affascinante quanto pericoloso perché leggendo il libro, così come guardando il film, ci si affeziona al personaggio di Buscetta, ci sta quasi simpatico, e si tende a dimenticare che Branciforte-Buscetta rimane un mafioso, un criminale, una persona che ha rubato, lucrato e ucciso a sangue freddo, esattamente come tutti gli altri “uomini d’onore”.

Leggere il romanzo di Bruschetti è stato come rivedere il film, ma da più prospettive, con un’aggiunta di flashback sull’infanzia di Buscetta, sul suo quartiere, sui suoi amici di allora, sulle tante donne che ha amato e con cui ha vissuto. La sua storia ci viene raccontata da un amico di infanzia, Tonio, che segue le vicende di Tommy, suo modello e figura di riferimento. Il suo passato ci viene narrato in parte da Tonio e in parte dallo stesso Branciforte, attraverso le sue confessioni al magistrato (che, chi ha seguito il caso o chi semplicemente ha visto il film, riconoscerà nella figura di Falcone). Più che la vita del mafioso, che dà un tocco romanzesco al libro e lo rende più piacevole e scorrevole, quel che è veramente interessante ne Il traditore della mafia è scoprire cosa sia davvero Cosa Nostra e quale sia l’unico modo per combatterla:

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“La struttura di Cosa Nostra era un organismo ramificato e molto articolato, unico e verticistico che obbediva a un gruppo dirigente. Per contrastarlo non era sufficiente un solo, volenteroso giudice, bensì un gruppo ben affiatato, grintoso e incorruttibile”.

In poche righe Bruschini ci dice cosa è la mafia, come sia ormai radicata e presente ovunque e per questo difficile da estirpare. Non bastano le forze e l’impegno dei singoli: per sconfiggere Cosa Nostra c’è bisogno di tante menti concentrate sullo stesso obiettivo, c’è bisogno di una comunicazione efficace, invece totalmente assente tra le istituzioni, come fa notare lo stesso Branciforte al magistrato. La collaborazione Buscetta-Falcone apre una nuova era nelle indagini sulla mafia e, dopo 349 udienze, 1314 interrogatori e 21 mesi, porta all’incriminazione di 346 mafiosi. Un numero mai visto, né immaginato, prima.

In conclusione,

Il traditore della mafia, in modo chiaro e fluido, ci parla di mafia, di uomini d’onore, della vita di un pentito che non si è mai considerato tale e di un magistrato che, come tanti altri, ha messo coraggio e determinazione in un’impresa che sembrava impossibile. Da leggere.

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